Personaggi
La nuova assessora al Welfare ama molto gli yesmen e poco il dibattito. Tra annunci trionfalistici e ritardi nei vaccini si è fatta una squadra tutta sua e sta mettendo in ombra il presidente Fontana che mugugna di volersi dimettere
di Gianfrancesco Turano
Letizia Brichetto Moratti ama circondarsi di fedelissimi. È una politica che non la salva da gaffe clamorose come quella sulla priorità nelle vaccinazioni fissata in base al pil regionale e l'ormai leggendario “non c'è fretta”, quando gli ultraottantenni non riuscivano a iscriversi al portale regionale dei vaccini. Al palazzo della giunta ci va soltanto quando strettamente necessario, con il suo superconsulente alla pandemia Guido Bertolaso. La vicepresidente e neoassessora al Welfare lombardo preferisce gestire la straordinaria amministrazione del Covid-19 dal trentesimo piano del vecchio Pirellone, via dalla pazza folla di consiglieri e assessori e a distanza di sicurezza dallo stesso presidente, Attilio Fontana. L'avvocato leghista varesino nasconde sempre meno i malumori per il rimpasto dell'8 gennaio, calato dall'alto poco prima della crisi del governo nazionale. Da qualche giorno a palazzo Lombardia gira voce che abbia considerato persino le dimissioni, una mossa suicida per l'intera legislatura poiché implica lo scioglimento del consiglio e nuove elezioni.
[[ge:rep-locali:espresso:289863951]]
Neppure il centrodestra da sempre imperante sulla locomotiva d'Italia può permettersi a cuor leggero un evento così traumatico, per di più in tempo di pandemia, con le note difficoltà a mantenere i tempi fissati dalle scadenze elettorali.
C'è una frase in uno scritto del costituzionalista Federico Furlan, fra l'altro consulente della Lombardia in precedenti legislature, che spiega con efficacia la strategia di Fontana.
«Le dirompenti conseguenze», scrive il professionista e docente della Bicocca di Milano, «derivanti dalla presentazione delle dimissioni volontarie rendono la minaccia di dimissioni una delle principali armi di deterrenza a disposizione del presidente della giunta demoeletto sia per rinsaldare il rapporto con la propria maggioranza sia per compattarla nei momenti di crisi accentuandone, così, il ruolo di preminenza politica».
Il passato forzista non basta a giustificare l'arrivo al Pirellone della nuova plenipotenziaria per la salute. È vero che la sanità lombarda risponde a un preciso manuale Cencelli, con l'assessorato in mano ai berlusconiani e i quadri intermedi delle aziende sanitarie, degli ospedali, degli Irccs, condivisi con l'alleato leghista, maggioritario alle urne
Ma a palazzo Lombardia molti pensano che Brichetto Moratti segnali una nuova taratura complessiva anche dei rapporti interni alla Lega con un Matteo Salvini in discesa e un Giancarlo Giorgetti in ascesa da prima che prendesse corpo il governissimo di Mario Draghi.
Oltre a Moratti i due nuovi assessori del rimpasto di gennaio sono un giorgettiano come Guido Guidesi e Alessandra Locatelli, che sottolinea nel suo curriculum il passato di volontaria in Africa e che è stata ministro per la famiglia nel primo governo Conte in sostituzione di un pasdaran salviniano, il veronese Lorenzo Fontana.
Se è vero che il risarcimento a Salvini sta nell'indicazione del candidato sindaco a Milano, non è una grande vittoria per il Capitano, destinato a una sconfitta quasi certa contro l'uscente Beppe Sala.
In ogni caso, se Fontana soffriva il leghismo arrembante e xenofobo di Salvini, non per questo sembra contento di una presenza ingombrante come quella della sua nuova vice.
Decisionismo manageriale
Sindaca di Milano, ministra dell'Istruzione con Silvio Berlusconi premier, presidente della Rai e di Ubi banca, imprenditrice assicurativa fra le più ricche d'Italia con il suo gruppo Securfin, vedova del petroliere Gianmarco Moratti (Saras), donna Letizia ama molto il decisionismo manageriale e poco il dibattito. Il primo ad accorgersene è stato Giacomo Lucchini, responsabile della campagna vaccini regionale messo in disparte e di fatto esautorato da Bertolaso. Poi è stato il turno di Marco Trivelli, direttore generale in carica da soli otto mesi su chiamata dell'allora assessore al Welfare, il forzista Giulio Gallera. Il ciclone Letizia si è abbattuto su di lui mettendolo alla porta due settimane fa. Fra Trivelli, di simpatie cielline, e la nuova vicepresidente di giunta la simpatia non è scattata. Eppure Trivelli ha un curriculum pluridecennale, prima e dopo l'epoca formigoniana, alla guida di strutture pubbliche complesse come il Niguarda di Milano e gli Spedali civili di Brescia. Ma il dg non ci stava a fare lo yes man dopo avere tenuto a galla una barca a rischio di naufragio, con dirigenti che lasciavano a lui la firma dei provvedimenti per timore di conseguenze penali.
Il sostituto sta ancora prendendo le misure con una realtà regionale dove non ha mai lavorato. È Giovanni Pavesi, figlio di ottima famiglia veronese che dirigeva l'azienda sanitaria Berica a Vicenza. A suggerire il nome di Pavesi, figlio di Alberto, politico, banchiere e imprenditore con interessi nel petrolio, sarebbe stato il vicentino Domenico Mantoan, storico dg della sanità veneta nominato lo scorso ottobre alla guida dell'Agenas, l'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
Calciomercato di palazzo
Come faceva il cognato Massimo Moratti da presidente dell'Inter, la nuova assessora al Welfare ha condotto una campagna acquisti ambiziosa. Dopo Bertolaso e Pavesi, ha cercato di acquisire la consulenza dell'ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, protagonista di un durissimo braccio di ferro con il superiore Edmondo Bruti Liberati e titolare dell'inchiesta sulla Bat-casa di Gabriele Moratti, figlio di Letizia.
Un'altra rivoluzione ha investito il settore comunicazione. La vicepresidente si è dotata di una struttura ad personam con un consulente alle relazioni esterne, il berlusconiano fondatore di Radio Lombardia Tiziano Mariani, e con tre addetti stampa: Andrea Rovelli, ex Fiera Milano e Unione artigiani di Monza e Brianza, Luigi Calasso e Camillo Costa.
Anche questa mossa ha creato malumori visto che Lombardia notizie, l'organo di informazione della giunta regionale, è in stato di agitazione da venerdì 19 febbraio perché cinque assunti rischiano di non vedersi rinnovato il contratto
La comunicazione – il Cavaliere insegna – è un perno strategico fondamentale per Moratti che risponde in commissione soltanto a domande scritte che le siano state consegnate non meno di due giorni prima. Fra i primi atti politici del neodirettore generale Pavesi c'è una circolare datata 24 febbraio dove vengono “assolutamente vietati” a tutti gli operatori coinvolti nell'emergenza Sars-Cov-2 le conferenze stampa, le interviste e gli interventi non autorizzati dalla regione. “Si raccomanda inoltre”, prosegue la circolare, “ di NON diffondere tramite i propri canali social dati o informazioni riguardanti l'emergenza corona virus o l'Asst nel suo complesso, come previsto nella specifica policy aziendale”. Gallera si era limitato a mandare una comunicazione di tenore simile soltanto ai dg delle aziende sanitarie.
Ci scusiamo per il ritardo
Sul fronte operativo i cambiamenti nella squadra titolare stentano a mostrare i loro effetti. La campagna di immunizzazione dedicata agli over 80 stenta a decollare. Molti ultraottantenni non ancora convocati per la vaccinazione hanno visto soltanto sui giornali il messaggio “ci scusiamo per il ritardo” che l'assessorato al Welfare dice di avere mandato a tutti gli iscritti alla piattaforma regionale.
Ovviamente il ritardo è sempre stato attribuito alla struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri. Ora che Arcuri è stato congedato, si vedrà se sarà colpa del suo sostituto, il generale Francesco Paolo Figliuolo.
Di certo, il confronto fra gli annunci roboanti del trio Fontana-Moratti-Bertolaso (oltre sei milioni di lombardi vaccinati entro giugno) e la dura realtà richiederebbe qualcosa in più dello scaricabarile con Roma o di un sms al posto dell'agognato appuntamento. Nell'ultima settimana di febbraio sono stati vaccinati poco più di 83 mila cittadini lombardi, un passo che richiederebbe altri due mesi soltanto per finire con gli over 80. Fino a oggi la Lombardia è stata costantemente al di sotto della media nazionale nel rapporto tra dosi disponibili e dosi inoculate, con un gap che si è allargato fino a quattro punti percentuali il primo giorno di marzo. I dati diffusi dal governo fino a lunedì 1 marzo dichiarano che sono state iniettate 678779 dosi e che ce ne sono 357951 in giacenza nei frigoriferi, un terzo del totale. Fanno peggio solo la Calabria, la Liguria, l'Umbria e la Sardegna, anche queste amministrate dal centodestra.