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Politica
maggio, 2021

Il “metodo Draghi” cambia tutto. Ma ora servono riforme e orizzonti verso cui portare il Paese

Il presidente del Consiglio ha garantito con la sua credibilità i fondi europei. Ma per non sprecare il momento dobbiamo aprire una nuova stagione costituente

Sono passati tre mesi da quando il Presidente Mattarella, il 2 febbraio scorso, ha rischiarato una delle notti più buie della Repubblica proponendo Mario Draghi alla presidenza del Consiglio. È stato l’ultimo tuono del Quirinale per risvegliare un Paese assopito in questa legislatura in una crisi profonda della politica. La scelta istituzionale ha creato uno spartiacque. Da quella decisione il 13 febbraio è nato un governo atipico, tecnico e politico, di responsabilità nazionale e sostenuto dai partiti dell’intero arco costituzionale, eccetto Fratelli d’Italia.


Il mandato del presidente Mattarella era stato chiaro: «Realizzare un Governo di alto profilo non riconducibile ad alcuna formula politica». È stato questo l’ultimo ritocco di una tessitura paziente di ingegneria costituzionale che verrà a lungo studiata in dottrina. Nessuna vera alleanza politica ma, come in una ruota, senza toccarsi tutti i raggi devono sostenere il fulcro, rappresentato dal presidente Draghi.
Sono bastati però il malumore di qualche giornale per la comunicazione (troppo) istituzionale di Palazzo Chigi e le prime posizioni divergenti tra Pd e Lega a stringere il governo in una presa “schiaccianoci”. Così sembra lontano quel nuovo inizio oggi se la politica si ostina a imporre, come in un eterno presente, le sue tattiche e gli slogan elettorali.


La crisi d’identità e di modello del M5S, il primo partito in Parlamento, restituisce al Paese la drammaticità in cui versa il cambiamento promesso. Anche l’ostinata alleanza Pd-M5S è destinata a separarsi come in natura fa il limone quando lo si miscela con il latte. Nel frattempo il vuoto di mediazione lasciato dai partiti è stato occupato dagli influencer, che stanno dettando i loro temi sull’agenda pubblica e costruendo un consenso basato sul consumo di oggetti e di relazioni.


L’altra faccia della moneta è rappresentata dal fiume carsico, fatto di visione e di metodo, che si è silenziosamente creato e nutre l’agire del governo, imbarazza il Parlamento bloccato nei suoi poteri e paralizza i partiti, a cui resta la discussione sugli orari delle chiusure. Basta sfogliare il Pnrr per comprendere uno sguardo politico che guarda lontano e un’idea di Paese moderno. La discontinuità del “metodo Draghi” segna un cambio antropologico. La chiara strategia del Piano vaccinale, per esempio, ha sostituito la vaghezza del precedente governo e le posizioni aprioristiche e ideologiche dei partiti con la rigorosa analisi del dato scientifico. Le riforme costituzionali, della giustizia, delle politiche familiari con il Family Act e il nuovo dialogo con le Regioni si fondano nella stessa radice.


Il credito dei 191 miliardi coperti dal Recovery Fund che l’Europa fa all’Italia nasce dal principio di solidarietà e dal personale pegno di Draghi, che ha affermato: «Sulle riforme garantisco io». Perché questo sia sufficiente occorre però far nascere una nuova stagione costituente, che ripensi regole, riforme, parole nuove e orizzonti verso cui portare il Paese. Il paradigma culturale di riferimento è nel significato antropologico di «economia integrale» e di «transizione ecologica», entrambi concetti che papa Francesco ha il merito di avere anticipato rispetto alle agende dei governi nel 2015 con l’Enciclica “Laudato si’”. Con questa visione la politica può riaprirsi all’esperienza umana e creare un «vaccino sociale» capace di attivare dinamiche di cura dei legami.


«È nel vuoto del pensiero che il male è inscritto», ha ammonito Hannah Arendt. Al governo sta oggi il tentativo di rispondere, ma questa scelta occorrerà farla diventare azione condivisa e cultura diffusa. Come ha chiesto il presidente Mattarella alla vigilia del 25 aprile: «Uniti come per la Liberazione».

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