Politica
26 gennaio, 2022

Maria Elisabetta Alberti Casellati, la zia di Mubarak

Avanza la candidatura della Presidente del Senato e subito torna sui social la sua performance ai tempi di Ruby

Il centrodestra converge su Casellati e Mubarak torna in tendenza su twitter. È il primo effetto del nome del possibile candidato del centrodestra alla quinta votazione per la svolta sul Quirinale.

 

Nemmeno il tempo di domandarsi cosa c’entri la seconda carica dello Stato con Hosni Mubarak, colui che fu presidente dell’Egitto per quasi trent’anni, fino al febbraio 2011, ed ecco che la rete soccorre, con un imperdibile frammento di Otto e mezzo, datato 11 aprile 2011 nel quale la futura presidente, all’epoca sottosegretaria alla Giustizia, intervistata da Lilli Gruber, con soave andamento argomentativo alla Niccolò Ghedini – del resto l’avvocato è suo amico di famiglia e grande elettore - spiegò che sì, Berlusconi aveva telefonato alla questura di Milano ritenendo Ruby la «nipote di Mubarak», e che sì, il premier aveva dato a Ruby dei «denari per permetterle di non prostituirsi», ma che comunque si trattava di «due cose diverse». Cioè il fatto che Casellati tratteggiasse il Cavaliere come persona convinta che Ruby, la nipote di Mubarak, fosse una ragazza costretta a prostituirsi, non andava preso così, in blocco: e invece, senza scomporsi, si dovevano scomporre, in fattori, circostanze diverse fra loro. Un conto è Mubarak, un altro la prostituzione. E del resto lo stesso ex presidente egiziano «pare sia venuto fuori dalle testimonianze che aveva parlato di questa sua nipote durante un incontro ufficiale», aggiungeva Casellati.

 

 

 

Non è un caso che Makkox in una vignetta sul Foglio l’abbia rinominata, con notevole guizzo, «zia di Mubarak». Ma è ancora più interessante ricordare quando avvenne: era il 18 gennaio 2020, il voto della presidente del Senato era appena risultato decisivo, dopo giorni di polemiche, in Giunta per le immunità per fissare al giorno 20 di quel mese il voto sulla autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, accusato dalla procura di Agrigento di sequestro di persona (aveva impedito per tre giorni lo sbarco di 131 migranti tratti in salvo dalla nave Gregoretti). Fu una presa di posizione decisiva, quella della «zia di Mubarak»: la maggioranza giallorosa, infatti, avrebbe voluto far slittare la votazione a dopo le elezioni in Emilia Romagna e Calabria, per togliere a Salvini il gustoso ruolo di agnello sacrificale prima del voto regionale.

 

A salvargli la parte in commedia fu, per l’appunto, Casellati. Che, legata a doppio filo al Carroccio assai più di quanto non sia oggi a Forza Italia, torna a salire nei retroscena, come possibile nome da calare sull’Aula della Camera alla quarta votazione, giovedì. La sua figura è stata infatti risparmiata dall’onta di finire nella rosa del centrodestra che Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani hanno presentato ieri in una comunicazione alla stampa. Se ne è appunto salvaguardato il ruolo e la spendibilità. Mossa arguta, tanto più che i tre nomi fatti ieri – quelli di Letizia Moratti, Marcello Pera, Carlo Nordio – sembrano rapidamente finiti in soffitta, dopo essere stati respinti già in serata dal centrosinistra, che a sua volta non ha contro-offerto un’altra rosa di nomi suoi. Si vociferava, per oggi, di un possibile assaggio: calare sull’Aula, per la terza votazione, il nome di Carlo Nordio. Una prova di forza per vedere se il centrodestra era in grado di tenere i 453 voti di grandi elettori che gli sono accreditati, e magari di andare oltre. Ma al dunque, nelle riunioni di stamattina, Matteo Salvini ha preferito soprassedere: troppo il timore, probabilmente, di finire come Pier Luigi Bersani, che nel 2013, dopo troppi azzardi mal gestiti (prima Franco Marini, poi Romano Prodi) vide la fine della sua leadership nel Pd proprio nei giorni dell’elezione al Quirinale.

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