Quirinal Game

Il Mattarella bis spezza il disastroso gioco della sedia dei partiti

di Susanna Turco   29 gennaio 2022

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La soluzione al rebus è ovvia, ma arriva in una maniera mai vista: i leader inseguono non tanto i Grandi elettori, ma la paura che tutto crolli. La politica è all’anno zero. La svolta è di Salvini, mentre alla Camera si teme di rieleggere il capo dello Stato «per caso». Ma il centrodestra è in pezzi, Giusepppe Conte arranca. E neanche Mario Draghi si sente tanto bene

«Oh ma non è per caso che eleggiamo Mattarella durante questa votazione, senza nemmeno accorgercene?». Alle 12.20 in Transatlantico un nuovo terrore misto a sollievo corre sul filo: quello della rielezione per caso, «a loro insaputa», ultima evoluzione della più nota «a mia insaputa» entrata nel brocardo della politica grazie a Claudio Scajola, nel lontanissimo 2010. Un’inconsapevolezza collettiva, in questo caso: cioè il contrario della politica, che è previsione, trattativa, sagacia, costruzione. Una sconfitta come non se n’erano mai viste: l’anno zero dei partiti.

La fine del rebus coincide con l’inizio (tutti invocano il bis di Mattarella) e arriva così, come mai era accaduto prima: con i leader che inseguono non tanto il Parlamento o i peones, quanto la paura primigenia che qualcosa cambi, che tutto crolli. Incapaci, nel frattempo, di costruire qualcosa di alternativo a ciò che già esiste: un futuro qualsiasi.

La fine del rebus ha la faccia di Matteo Salvini che d’improvviso, poco prima delle undici, salta fuori da dietro una colonna del Transatlantico. Un’epifania incongrua, visto che da giorni il Transatlantico lo evita come la peste, preferendo esprimersi in qualsiasi altro luogo che non sia quello. Un’epifania che porta parole altrettanto incongrue: non ha senso continuare con i veti, dice il leader della Lega che in questi giorni si è mosso come il marinaio di Seneca, cioè come uno che non sappia dove vuole andare. E aggiunge: «Diciamo a Mattarella di ripensarci, con convinzione». Così Salvini rompe l’argine che il centrodestra aveva posto fino a un minuto prima, per diffidenza rispetto a un capo dello Stato che, avevano spiegato più volte sia dalla lega che da Fratelli d’Italia, non aveva voluto mai dare l’incarico al centrodestra di formare un governo.

Un cambio di fronte che lascia «senza parole» la leader di Fdi Giorgia Meloni, ma che viene messo in campo perché ormai non c’è altro da fare. I grandi elettori friggono, come fa notare il governatore ligure e leader di Coraggio Italia Giovanni Toti, «finiranno per decidere loro». Il tam tam dice che Mattarella potrebbe volendo superare la soglia dei 400 voti: era arrivato a 336 già ieri pomeriggio, quando alla sesta votazione nonostante l’astensione del centrodestra era riuscito a prendere 46 preferenze in meno della candidata ufficiale della mattina, la presidente del Senato Alberti Casellati; nello stesso voto, Mattarella aveva preso giusto 46 preferenze. Alla fine arriverà a 387, nella settima votazione.

Non a caso Salvini dichiara la sua adesione al bis di Mattarella a urne ancora aperte, proprio per rincorrere gli umori dei Grandi elettori di centrodestra, pronti  – come ha fatto apertamente il forzista Elio Vito – ad ignorare l’indicazione di astenersi, magari proprio votando il capo dello Stato.

Si lancia alla rincorsa anche Mario Draghi: dopo poco l’apertura di Salvini, il presidente del Consiglio fa infatti sapere che sta contattando i vari leader di partito per agevolare la convergenza su Mattarella. Un modo anche quello per contenere l’emorragia che da giorni minaccia la sua credibilità, fin qui vera linfa del governo.

Più che fare politica, sembra che tutti stiano giocando al gioco della sedia: la musica si è fermata, bisogna correre in fretta per non restare per ultimi in piedi, quando tutti gli altri sono già seduti.

La musica, in verità, si sera fermata dodici ore prima, con una quasi rissa tra Matteo Salvini e il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani. Motivo del contendere: il fallito asse tra il leader leghista e Giuseppe Conte – Draghi consenziente – che aveva fatto sorgere il nome di Elisabetta Belloni, la capa del Dis, cioè dei servizi segreti italiani. È in quel momento che finalmente si consuma la rottura tra Lega e Forza Italia. Una crepa cominciata quando nel 2018, alle prime consultazioni al Quirinale, Silvio Berlusconi si mise a contare davanti ai giornalisti per togliere la scena a Matto Salvini che aveva il microfono, una distanza che si è materializzata con il governo giallo-verde. Un divorzio che è stato congelato in nome di un obiettivo tramontato ufficialmente soltanto in questi giorni: l’elezione del Cavaliere al Quirinale.

È proprio la rottura ufficiale del fronte del centrodestra a riaprire i giochi: per tutta la notte si ragiona tra le ipotesi di Sergio Mattarella e quella di Pier Ferdinando Casini. L’ex presidente della Camera è chiaramente in pista, baldanzoso nel suo giro in transatlantico subito dopo aver votato stamatttina: sul suo nome, del resto, come conferma Stefano Patuanelli c’è già il sì dei Cinque stelle, si attende solo quello della Lega – che alla fine non arriva. Quando vento cambia, è lo stesso centrista – con sapienza democristiana – a fare una breve dichiarazione per togliere il proprio nome dal tavolo.

I riflettori, da quel momento in poi, sono tutti per Mattarella. Ma, in un orizzonte che questa elezione ha stravolto, nell’ombra si preparano le rese dei conti. Per Matteo Salvini. Per Giuseppe Conte. E anche per Mario Draghi.