Il caso
Per ottenere già quest’anno i circa 2 milioni previsti, il Movimento deve modificare il suo statuto e dunque mettere in discussione la leadership dell’ex premier. Vanno riaperti i termini e si muove col governo il senatore Fantetti di Coraggio Italia, che già fu tra i responsabile del mancato Conte III. Il governo aiuterà l’avvocato del popolo?
di Carlo Tecce
Noto per l’istinto di temporeggiatore, Giuseppe Conte ha un paio di giorni per scegliere fra il potere e il denaro. Due cose che sono inevitabilmente legate. Se sceglie il potere di presidente inamovibile, il Movimento deve rinunciare per quest’anno e i prossimi a circa due milioni di euro del 2 per mille, le donazioni dei contribuenti ai partiti politici, nient’altro che un finanziamento pubblico mascherato che gli iscritti hanno accettato e però la Commissione indipendente ha bocciato. Se sceglie il denaro, vitale per la nuova (ed esosa) struttura dei Cinque Stelle, deve sottoporsi in assemblea a un processo su sé stesso con il nemico Luigi Di Maio nel ruolo del giudice severo. Infatti c’è un unico modo per i Cinque Stelle per accedere già dal 2022 ai fondi per il 2 per mille: modificare lo statuto, ridefinire i poteri del presidente Conte.
La vicenda è complessa. E parte da Raffaele Fantetti, romano residente a Londra, senatore eletto nella circoscrizione estero con Forza Italia, transitato per il Maie e approdato a Coraggio Italia di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti. Fantetti fu conteso lo scorso anno perché fra i responsabili che volevano immolarsi per il governo Conte III.
I Cinque Stelle e Coraggio Italia hanno un problema in comune: la Commissione di garanzia sui rendiconti dei partiti, guidata dal magistrato contabile Amedeo Federici, ha negato l’iscrizione ai due movimenti politici nel registro nazionale per un serie di difetti negli statuti. Il più lampante: l’organizzazione interna non è abbastanza democratica. L’iscrizione è il presupposto fondamentale per partecipare alla spartizione del 2 per mille che sfiora i 20 milioni di euro l’anno. È la principale risorsa dei partiti. I cittadini possono devolvere in maniera volontaria il 2 per mille della dichiarazione dei redditi (che altrimenti andrebbe allo Stato), anche se i partiti dimagriti o insolventi sperano che presto diventi un obbligo come l’8 per mille (ci hanno provato con l’ultima legge di Bilancio).
Dunque si è mobilitato Fantetti. Per esperienza e attitudine, il senatore si è proposto di risolvere il problema del suo capo Brugnaro e anche del suo amico Conte. Ha scritto un emendamento per riaprire per due mesi i termini già scaduti per aderire al 2 per mille e così provare a convincere la Commissione ad approvare gli statuti di Cinque Stelle e Coraggio Italia. La "norma” Fantetti, che ricordiamo è un senatore, va infilata nel decreto Milleproroghe che è in fase di conversione alla Camera. Il tempo per gli emendamenti è scaduto, ma la legge si può riaprire su iniziativa del governo oppure della deputata relatrice Daniela Torto (5S, corrente di Conte) con parere favorevole del governo per il tramite del viceministro al Tesoro delegato e cioè Laura Castelli (5S, corrente Di Maio).
L'emendamento
In sintesi: si fa una proroga per introdurre un’altra proroga nel decreto chiamato Milleproroghe. L’apoteosi del bizantinismo. Invece per i Cinque Stelle e Coraggio Italia la ragione di ciò sono circa 3 milioni di euro.
Questo meccanismo si innesca, però, soltanto se Conte modifica lo statuto (e riduce il suo potere) in questo momento di guerriglia con Di Maio e i suoi parlamentari. L’ex premier può decidere se fare il capo tutto d’un pezzo di un partito povero o un capo a pezzi di un partito ricco. Che ansia.