Elezioni 2022
Le cinque domande de L’Espresso: risponde Enrico Borghi
Le risposte ai nostri quesiti di Enrico Borghi, candidato in Senato del Partito Democratico nel collegio plurinominale Piemonte 2 come capolista della lista Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista.
1 – Quali sono le due proposte irrinunciabili dell’agenda della sua coalizione da affrontare in Parlamento come prioritarie?
«Anzitutto, il tema contingente della crisi energetica, delle bollette, del peso della guerra di Putin che non può essere scaricato sulle famiglie, sulle imprese, sui più deboli. Chi ha speculato su questa vicenda, e chi ha avuto extragettiti derivanti dall’impazzimento del prezzo, deve essere chiamato a concorrere alla soluzione economica del problema.
«Più in generale, il centrosinistra deve proporsi di tutelare i più bisognosi, dare voce a chi non l’ha, difendere e applicare i diritti conquistati in anni di lotte e di impegno. Serve una politica che dia protezione sicurezza: e se vogliamo mantenere il nostro tenore di vita, i servizi pubblici, un’istruzione e una sanità garantite, abbiamo bisogno di politici seri e competenti che ci tengano a testa alta in Europa. La destra, invece, vuole andare in collisione su tutto, e questo ci fa rischiare grosso».
2 – Se sarà eletto, come pensa di costruire e mantenere un dialogo continuo con il proprio territorio di elezione? Quanti giorni, ore, settimane dedicherà al proprio territorio? In che modo relazionerà sull’attività svolta? In quali luoghi?
«Anche se ho responsabilità di carattere nazionale, sono, resto e rimarrò un uomo di territorio. Vivo nel territorio nel quale mi candido, e non intendo certo andarmene altrove. La mia storia personale, e il mio percorso politico, parte dagli enti locali, dall’esperienza di Sindaco, un’esperienza che mi ha fatto toccare con mano i problemi e le esigenze dei territori delle province piemontesi. Da eletto, continuerò a fare ciò che ho fatto sempre: dialogo con tutti, massima disponibilità agli stakeholders territoriali ad iniziare dai sindaci, incontri sul posto, confronto anche attraverso le nuove tecnologie, e rendicontazione costante di ciò che si è fatto».
3 – Chi sono i finanziatori della sua attività politica?
«Per la verità, è il sottoscritto ad aver finanziato il Partito Democratico, secondo le regole di cui la nostra comunità politica si è dotata, e in questa logica il partito si fa carico di alcune spese, mentre le altre le copro personalmente. Non ho ricevuto disponibilità di nessuno a sostenere finanziariamente la mia campagna elettorale. Qualora si palesasse, con l’unica richiesta di un rigoroso e non negoziabile rispetto della legge, lo indirizzerei agli organi del partito preposti per questo genere di attività in piena e assoluta trasparenza».
4 – In che modo si impegna a rimanere libero da interessi e condizionamenti?
«Nel modo con il quale ho sin qui espletato la mia funzione, lavorando esclusivamente e a tempo pieno per l’espletamento del mandato elettorale ricevuto. Quando nel 2013 venni eletto in Parlamento, chiusi la mia partita Iva con la quale esercitavo la mia attività di consulente aziendale, e mi dimisi dal consiglio di amministrazione di una società per azioni di cui all’epoca ero presidente. Non ero obbligato, ma ho ritenuto che fosse la cosa corretta e necessaria. Nella mia visione della politica, quando si è eletti alla più alta funzione istituzionale che esista, il rappresentante della nazione senza vincolo di mandato, lo si fa in via esclusiva e senza altre attività in corso. So che non tutti fanno così, non esprimo giudizio per gli altri, ma visto che la domanda la fa a me, rispondo per me e per ciò che la mia modesta storia personale dice di sé».
5 – Cosa ha fatto di concreto nel territorio nel quale è candidato?
«Non credo di poter avere lo spazio per riassumerlo. L’ho sintetizzato in un opuscolo che sto distribuendo in questi giorni sia virtualmente che fisicamente, fra gazebo, banchetti e mercati. In sintesi, posso dirle di aver lavorato in maniera molto stretta con i Comuni del territorio al fine di poter far conseguire loro una serie cospicua di attività, finanziamenti e contributi statali a favore dello sviluppo locale, ho operato per colmare il gap di infrastrutture di cui l’Alto Piemonte soffre, mi sono impegnato sul versante del lavoro e del nuovo accordo fiscale Italia-Svizzera che tocca da vicino oltre 60.000 lavoratori italiani che ogni giorno si recano in Confederazione Elvetica per la propria professione».