Politica
marzo, 2023

Congresso Cgil: Schlein e Conte, nasce il “Patto anti Papeete” (officia Landini)

A Rimini inizia un nuovo centrosinistra: o almeno provano a parlarsi. La neosegretaria propone: «Vediamoci lontano dalle telecamere». Il leader M5S cerca un suo spazio: «È prematuro parlare di alleanza». Ma il vero nemico di tutti è l’astensionismo

Dal palco alla fine dell’incontro Lucia Annunziata, che modera, lo battezza come “patto anti-Papeete” ed ecco i protagonisti: Elly Schlein, Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni, con Carlo Calenda nel ruolo del partecipante neghittoso - cerca ostinatamente i fischi della platea, dice che lui con loro non governerà - e il segretario della Cgil Maurizio Landini in quello fondamentale dell’officiante, ma si vorrebbe dire del direttore d’orchestra.

Di fatto, qui al Congresso Cgil di Rimini, si celebra il primo avvio di un altro possibile centro sinistra. «È utile questo incontro, bello», dice Elly Schlein a Landini, scendendo dal palco, prima di incontrare Emma Ruzzon, la studentessa del discorso cult all’università di Padova che ha aperto il Congresso con il leader sindacale. Sul palco Schlein propone: «Diamoci un appuntamento fuori, lontano dalle telecamere, chiudiamoci in una stanza fino a notte fonda, troviamo qualche lotta da fare insieme». Un invito che il leader di M5S accoglie con volenterosa cautela, mentre Fratoianni è impaziente: «È già tardi». Non un Comitato di Liberazione nazionale, non una ri-alleanza («è prematuro», dice Conte), almeno un inizio di dialogo, un avvio di collaborazione. Che sinora non era cominciata: l’ultima volta che si erano visti, Conte e Schlein (e, ancora, Landini) era a Firenze, per il corteo di solidarietà agli studenti del liceo Michelangiolo: poi più nulla.

Mondi che provano a ricominciare a parlarsi, con grande cautela e il rischio foto di Vasto sempre in testa, dopo le botte da orbi della campagna elettorale per le politiche che ha diviso tutti da tutti, e dopo le regionali che non hanno certo dato un risultato migliore. Con stavolta al centro la neosegretaria del Pd, Elly Schlein, il cui ingresso in scena rimette tutto in gioco.

L’ultimo dibattito sotto le ali della Cgil, con gli stessi partecipanti, era stato a luglio, ricorda Annunziata. Ma al posto di Schlein c’era Enrico Letta: tutta un’altra storia. Per rapporti di forza, per rancori accumulati, per incontri da consumare. A partire dal grado di accoglienza: la platea dei delegati accompagna con applausi calorosi la neo segretaria, al suo debutto sindacale: lei del resto è latrice di posizioni antitetiche a quelle del Pd renziano, dal Jobs Act in giù il dialogo con questi mondi è assai più semplice. Gli altri leader fanno un po’ a gara per trovare una nuova collocazione: Giuseppe Conte, che fino a un mese fa aveva campo libero per l’intera sinistra, adesso si affanna a spiegare che la proposta del salario minimo («legale», precisa) è portata avanti dai Cinque stelle «da almeno due legislature» - curioso per un partito che aveva cominciato teorizzando il limite dei due mandati.

E così pure per la proposta della riduzione dell’orario di lavoro: in Italia se ne parla da vari lustri, eppure Conte è sicuro che si tratti di una idea grillina dcoc. Calenda è meno in difficoltà: si gioca il ruolo dell’uomo che «ruba i voti alla destra», dice chiaramente che lui non parteciperebbe a un governo con gli altri, ma ha buon gioco a scuotere il dibattito a forza di contrarietà. Anche perché ad aiutarlo c’è proprio Landini. Che spiega il sostrato dal quale nessuno può sfuggire: «dobbiamo tutti insieme recuperare capacità di ascolto» e la «fiducia nelle persone che vogliono impegnarsi, altrimenti vinceran un altro modello». Il compagno silenzioso di tutti questi leader, la vera ombra, è l’astensionismo. La rinuncia a partecipare. Ecco il vero nemico.

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