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Politica
aprile, 2023

Nomine di Stato, altro che “impero Meloni”: è una brutta sconfitta

Dopo aver cercato di imporre agli alleati gli amministratori di Eni & C, la presidente del Consiglio è costretta a rinunciare alla promozione di Donnarumma in Enel. Il ritorno di Scaroni con Cattaneo. I dubbi sulla coppia di Leonardo. Niente festa per il confermato Descalzi

Il tanto decantato «impero» di Giorgia Meloni, istituto martedì con atto di solenne propaganda ovviamente imperiale, è caduto in un giorno, il tempo di confrontarsi con la realtà di quell’insidioso capitolo del potere che sono le nomine di Stato.

Ciò che emerge dalle liste diffuse dal ministero del Tesoro, peraltro con fatica e imbarazzante ritardo, è al contrario un plateale fallimento della presidente del Consiglio. Non c’è traccia di Meloni nei nuovi (e soprattutto, vecchi) vertici di Eni, Enel, Poste, Leonardo.

L’ambizioso Stefano Donnarumma, che lo scorso anno ha partecipato alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia sancendo di fatto un patto di lealtà, non ha ottenuto la promozione da Terna a Enel e ha trascorso questo pomeriggio di ordinaria confusione più fuori da tutto che dentro, al punto che, per lasciarlo dentro, il governo stava per rinviare alla solita “prossima volta” il turno di una amministratore delegato donna di una società quotata. Eccessivo. 

Giuseppina Di Foggia di Nokia ha trascorso una notte in testa a Terna, un pomeriggio da presidente, il consueto e decorativo presidente, e poi ancora la sera da amministratore delegato. Niente di ufficiale. Terna è di turno domani.

I fondi di investimento e l’enigma incompatibilità per il passaggio diretto da Enel a Terna (di cui ha scritto l’Espresso) hanno fermato Donnarumma. Il primo dei promossi è diventato l’ultimo dei salvati e infine il primo degli esclusi. Con una postilla: il destino di Donnarumma ha tenuto in ostaggio l’intera carovana di nomine, finché in Fdi ci si è organizzati per allestirgli un comodo (e ottimamente remunerato) atterraggio  in una controllata di secondo livello tipo Cdp Venture Capital.

Questo clamoroso errore ha consegnato Enel, una multinazionale del settore energetico da rilanciare con un debito pesante, a una coppia che non ha proprio i natali in zona Meloni e dunque Flavio Cattaneo ad e Paolo Scaroni presidente. Un mandato a Enel, ben tre a Eni interrotti da Matteo Renzi, il ritorno di Scaroni è una grande opera compiuta da Gianni Letta e Matteo Salvini, nonostante Meloni avesse posto un veto per rinnovare in pubblico la sua fede atlantista, valore fondante (e un po’ troppo abusato) del suo governo. Il classe ‘46 Scaroni, stabile presidente del Milan a prescindere dai cambi di proprietà, è il simbolo degli accordi sul metano con la Russia di Vladimir Putin, in particolare durante i governi Berlusconi.

Ci sarà una proficua letteratura sulla competizione fra Enel e l’altra multinazionale Eni, fra Scaroni e il suo ex delfino Claudio Descalzi, da un paio di anni sicuro del quarto mandato in Eni.

Come già avvenuto nel governo Draghi, Meloni ha proseguito l’ostensione di Descalzi nel mondo col suo ruolo di anfitrione, figura irrinunciabile per strappare contratti sul metano e sottrarsi ai ricatti moscoviti (capite il cortocircuito).

Adesso Descalzi nel pianerottolo di casa si ritrova il redivivo Scaroni, in grado di sconfiggere pure la ritrosia di Meloni.

Descalzi ha trascorso i nove anni alla guida di Eni con presidenti di limitata influenza, Emma Marcegaglia per due trienni e un giro unico per Lucia Calvosa. Adesso gli è capitato Giuseppe Zafarana, stimato Comandante generale della Guardia di Finanza che lascia a neanche sessant’anni e che certamente non andrà in Eni a fare saluti istituzionali ai convegni. Nel governo si è discussa a lungo l’ipotesi di una seconda proroga di Zafarana – il ministro Daniele Franco aggiunse un anno al triennio terminato nel 2022 – e adesso il totonomine si trasferisce alle Fiamme Gialle. Il candidato di Alfredo Mantovano, sottosegretario a Palazzo Chigi con delega anche ai servizi segreti, è Andrea De Gennaro (fratello di Gianni, ex Polizia, Intelligence, Leonardo), attuale Comandante in seconda. Ci sono molti profili da valutare nel gruppo dei generali di corpo d’armata, a cominciare da Umberto Sirico.

La coppia di Leonardo, materiale bellico, difesa, spazio, è stata assortita con parecchia fantasia. Lo scienziato nonché ex ministro draghiano Roberto Cingolani è l’amministratore delegato privo di qualsiasi esperienza da amministratore delegato, è la scelta che Meloni ha imposto anche al ministro Guido Crosetto e che le ha limitato manovre altrove. Tant’è che Crosetto si è ritirato sul presidente indicando l’ambasciatore Stefano Pontecorvo che ambasciatore non lo è mai stato, poiché ha concluso la carriera diplomatica da ministro plenipotenziario. Anche Pontecorvo era alla conferenza programmatica di Fdi. Il video dell’intervento di Donnarumma si apre con Pontecorvo che stringe le mani di Meloni e Ignazio La Russa.

Nessun brivido per Poste Italiane, confermato Matteo Del Fante che si avvia ai nove anni con accanto il fidato condirettore Giuseppe Lasco. Alla presidenza esce una donna ed entra una donna: Silvia Rovere capo di Assoimmobiliare (pare in quota sottosegretario Fazzolari).

Non avendo una classe dirigente di riferimento, Meloni ha preso in comodato d’uso quella degli altri. La sua stagione imperiale è già materia da serie tv. Breve.

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