Continuano i botta e risposta sui social e sui media. Ma i gruppi parlamentari di Azione e Italia Viva restano uniti, anzi più che saldi: il rischio è quello di perdere un milione e mezzo di finanziamenti l’anno

«Se ci siamo sentiti? Ma Renzi parla solo con Obama e Clinton. Intanto i suoi mi attaccavano a mezzo stampa e l'esercito di troll che ha su Twitter mi diceva che ero un assassino o cose del genere. Ma la tecnica è chiara». Parla di tecnica Carlo Calenda intervistato da Repubblica che da giorni vede i suoi social ricoperti di insulti, minacce e frasi che purtroppo non si possono riportare, il garbo non lo consente.

 

Anche lo "squadrismo social” è un metodo dentro questa storia politica finita malissimo. E non è una novità ma la sua evoluzione. Il passato è dietro di noi, basta voltarsi per guardarlo. Se andiamo molto indietro ricordiamo il “metodo Boffo” ideato da Vittorio Feltri ed entrato nei manuali di storia del giornalismo: l’allora direttore di Avvenire Dino Boffo, reo di aver scritto alcuni editoriali contro Silvio Berlusconi, fu messo alla gogna da Il Giornale, fino al suo licenziamento. Poi è stato il momento del "Giornalista del giorno", rubrica grillina molto in voga fino a qualche anno fa nella quale foto-segnalare un giornalista e riportare un brano critico nei confronti del Movimento 5 stelle.

 

Restano alle cronache le gaffe di Alessio De Giorgi, responsabile della comunicazione digitale di Renzi, balzato fuori dall’anonimato per aver negato di essere l’amministratore della pagina “Matteo Renzi news” (pagina che elargisce attacchi e propaganda sotto forma di card), con un post scritto proprio mentre utilizzava inavvertitamente l’account da amministratore di “Matteo Renzi news”. Il 5 dicembre 2016 De Giorgi, scottato dalla sconfitta del referendum, scrisse – riferendosi a Pierluigi Bersani – «che ne dite di dire a sto signore che si permette di pontificare, cosa ne pensiamo di lui? Fai un salto sul suo post e via con la tastiera … Dai, che col pop corn siamo solo all’inizio».

 

Ecco. La tecnica. Il metodo usato da Matteo Renzi non dissimile da quello usato da un altro Matteo e la sua bestia. E questa volta non ha risparmiato neanche il quasi-alleato. Dispetti a mezzo tweet, vendette, scaramucce, succede in politica, caratteri inconciliabili dicono alcuni analisti, soprattutto su Calenda che con i precedenti divorzi dei mesi scorsi con Letta e Bonino, confessa: «Può essere che abbia un caratteraccio, ma mi sento un tipo retto». E però magari fosse solo una questione di caratteri. Magari questa storia dell’ex premier e dell'ex manager si potesse raccontare come quella di una strana coppia di conviventi forzati, così diversi da essere attratti ciascuno da quello che all'altro manca (il potere, la cultura. L’esperienza manageriale, l'esperienza politica), costretti ai sorrisi in pubblico e al braccio di ferro in privato. Magari, invece è una storia di soldi e poltrone. Tragicomica, che al momento costringe i due a una separazione in casa. Di mezzo ci sono circa un milione e mezzo di motivi, o meglio di finanziamento, l’anno. I due sono entrati insieme in Parlamento come ha ricordato sibillino giorni fa Luciano Nobili al capogruppo di Azione/Iv al Senato («Matteo Richetti, ad esempio, senza di noi non sarebbe mai entrato in Parlamento»). Se i due si separano sui social, in Parlamento rischiano grosso, quindi, forse, meglio evitare. Ai gruppi alla Camera, occorrono 15 parlamentari per costruire un gruppo, su 21 deputati i renziani sono nove.

 

Bisognerebbe chiedere al Presidente di Montecitorio Lorenzo Fontana una deroga, il precedente c’è: Sinistra Italiana e Noi Moderati. Ma al Senato tutto è più fragile: i renziani sono cinque e basterebbe solo un altro senatore per costituire un gruppo, ma il simbolo Azione/Italia Viva è in comune e il regolamento di Palazzo Madama prevede che i gruppi debbano fare riferimento alle liste elettorali.


E allora che si fa? Meglio continuare a fingere. Un democristiano tirare a campare che almeno su questo mette d’accordo i due: «Nei gruppi parlamentari noi siamo per andare avanti insieme, nelle azioni politiche e in Parlamento. Cerchiamo di fare tutto tranne i falli di reazione», suggerisce il leader di Iv, Matteo Renzi, a Radio Leopolda. «Noi terremo i gruppi parlamentari insieme perché sul piano del merito i contenuti li condividiamo», sembra fare eco Carlo Calenda, L'amore se ne è andato da un pezzo, la passione da prima. La stima e il rispetto invece da un po' meno. Separati in casa, senza il coraggio di ammetterlo.