La giustizia italiana ha trovato la sua emergenza principale. Mafia? Corruzione? Opere pubbliche progettate per sprofondare i conti dello Stato? Ma no. La minaccia numero uno sono le plusvalenze nel calcio, un po’ come il traffico è la piaga di Palermo (copyright Johnny Stecchino).
Dopo la Juventus, coinvolta nell’inchiesta Prisma di Torino, il nuovo blitz romano riguarda l’As Roma e il senatore Claudio Lotito nella sua veste doppia, al tempo dei fatti, di proprietario della Ss Lazio e della Salernitana. Qui indaga Tivoli per competenza territoriale sul centro sportivo biancoceleste di Formello. Non è finita. Ci sarebbero inchieste sullo stesso argomento aperte a Bologna, Bergamo, Genova, Udine, Verona e chi più ne ha più ne metta.
Montagne di carte sono già state sequestrate dalla Guardia di finanza per portare alla luce quello che è già stato oggetto di processi conclusi con assoluzioni di massa. L’eccezione, ma solo sul fronte della giustizia sportiva, risale al settembre 2018 quando il Chievo fu penalizzato di tre punti con tre mesi di inibizione al presidente Luca Campedelli a fronte di una richiesta di -15 e tre anni di inibizione. I ricorsi del club veneto, fallito dopo il Covid nel 2021, furono respinti dai gradi successivi fino al Collegio di garanzia del Coni, la Cassazione dello sport. Un anno fa di questi tempi, peraltro, la procura della Federcalcio guidata da Giuseppe Chiné incassava una sconfitta con il proscioglimento di 59 indagati per 62 transazioni sospette segnalate dalla Covisoc, l’organo di controllo finanziario della federazione. Solo l’avanzata del processo Prisma ha riportato d’attualità le sanzioni sportive con il -15 alla Juventus, sul quale pende ricorso, e l’esclusione degli altri club da ogni complicità.
Ma le poche condanne della giustizia sportiva non compensano una giurisprudenza penale fatta di sole assoluzioni, a partire dal processo storico sull’Inter morattiana e il Milan berlusconiano chiuso da un proscioglimento nel 2003. Secondo gli esperti di diritto, è impossibile condannare qualcuno perché si scambia un bene a prezzi considerati eccessivi. E il calciatore non ha una valutazione se non quella che si può ricavare dai siti specializzati come il tedesco Transfermarkt. Come, per le macchine, su Quattroruote. Ma nessuno collegio emetterà una condanna sull’autorità, pur considerevole, di Transfermarkt.
Provare il dolo in una compravendita di giocatori presuppone confessioni da parte di acquirente e venditore che sono virtualmente impossibili in un mondo come quello del calcio professionistico, dove l’omertà è una piaga più grave del traffico a Palermo.
L’ultimo blitz su Roma e Lotito ha l’aggravante, rispetto ai 62 casi denunciati da Chiné, di riguardare professionisti di buon livello fra serie A e serie B, e persino qualche atleta da nazionale (Spinazzola, Cristante, Kumbulla). Il coinvolgimento di Lotito, con l’andirivieni fra i suoi due club, può essere più interessante ma riguarda un’altra fattispecie, quella delle multiproprietà che furoreggiano in tutto il mondo, soprattutto con capitali arabi, senza che la Fifa muova un dito.
Ultimamente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha promesso novità legislative in un’intervista al Sole 24 ore. «Le plusvalenze sono una bellissima cosa, per carità. Ma quando diventano deliberatamente artefatte lo Stato deve mettere mano a evitare che questo accada».
In attesa che il parlamento fissi una banda di oscillazione per terzini e mediani, contro i principi sulla libera impresa della costituzione e dell’Europa, le procure investono le loro forze parecchio esigue nella caccia alla plusvalenza in nome di una sempre più tenue obbligatorietà dell’azione penale.
La materia abbonda grazie alle ramificazioni infinite del calciomercato che ogni anno conclude parecchie centinaia di transizioni fra la sessione estiva e quella invernale.
Alla fine, forse aveva ragione il personaggio di Johnny Stecchino. Il problema del calcio italiano è il traffico.