Ritratto

Luciano Violante, il compagno che sussurra a Giorgia Meloni

di Susanna Turco   22 maggio 2023

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Re del trasversalismo, è nel poligono magico della premier. Amico di Alfredo Mantovano, con Gianni De Gennaro compone una triade ideale del Deep State che governa gli apparati di sicurezza, nel mutare di maggioranze e governi. E ora ha anche un incarico a Palazzo Chigi

L’ultima investitura, passata abbastanza inosservata, serve giusto a dare un riordino, una veste formale. Una ciliegina sulla torta: il 22 marzo, infatti, Luciano Violante è stato nominato dalla premier Giorgia Meloni, via ministro dello Sport Andrea Abodi, come presidente del Comitato per gli anniversari nazionali, la valorizzazione dei luoghi della memoria e gli eventi sportivi di interesse nazionale e internazionale. Una dizione burocratica per significare in breve che, da ora, in poi Violante fa anche formalmente parte dell’universo di Chigi. A titolo gratuito, è chiaro.

Un mondo dove di fatto stava già, a sentire chi frequenta d’abitudine il Palazzo e descrive il poligono magico che fisicamente si compie in quel corridoio su cui si aprono le porte di Giovanbattista Fazzolari, di Alfredo Mantovano, della premier e del portavoce Mario Sechi. Un poligono che idealmente si conclude appunto con Luciano Violante. Il saggio che non c’era, verrebbe da dire, nello scarno panorama delle autorità della destra dei Fratelli d’Italia. Il Compagno che sussurra alla premier, come si è visto anche in questi giorni in cui il suo nome è stato associato a quello di Mantovano nel favorire l’ascesa al vertice della Guardia di finanza di Andrea De Gennaro, fratello di Gianni; così come qualche settimana prima Violante aveva speso una parola anche per Fabio Pinelli, oggi vicepresidente del Csm e ieri membro del comitato scientifico della Fondazione Leonardo.

Presidente della stessa Fondazione Leonardo, ex magistrato, ex presidente della Camera, Violante ha fatto trent’anni in Parlamento a partire dal 1979, nel Pci, Pds, Ds fino al Pd (ha votato anche alle ultime primarie). Quando era in magistratura, toga rossa per eccellenza, arrestò il partigiano monarchico Edgardo Sogno, accusato di preparare un golpe. Quando era responsabile giustizia del Pci, Francesco Cossiga lo chiamava il piccolo Vyšinskij, a significare il prototipo del giudice stalinista. Da presidente della commissione Antimafia, tra il 1992 e il 1994, produsse la relazione che inchiodava la Dc alle collusioni con la mafia. La sua biografia, come dice il Foglio, «la può scrivere solo Tolstoj. “Resurrezione”, il titolo?». Oggi ha in ultimo trovato un nuovo geniale assetto per il ruolo che interpreta da ventisette anni, in funzione, dicono da sempre nei corridoi, della carica cui ambisce da quasi trenta: diventare presidente della Repubblica. In effetti, un domani non sfigurerebbe in una cinquina per il Quirinale: soprattutto visti i nomi snocciolati l’ultima volta da Meloni e Matteo Salvini; che, infatti, nel gennaio 2022 portarono dritti dritti alla riconferma di Sergio Mattarella (ricordiamo che furono Maria Elisabetta Alberti Casellati, Marcello Pera, Giulio Tremonti: imbarazzo della scelta).

Nato 81 anni fa in Etiopia, in un campo di concentramento, padre giornalista comunista fuggito dall’Italia mussoliniana, Violante è in effetti da tempo il Re dei Due mondi della Trasversalità – titolo non da poco, in un Paese dove la concorrenza in materia è folta e spietata – nella ricerca, come ha detto più volte, di «un nucleo di valori fondamentali condivisi da tutti» e in nome di una post-ideologia che gli fa comodamente raccontare destra e sinistra non più come «categorie», ma come «arcipelaghi». Un trasversalismo che ha sempre rivendicato e che ha anche precisi connotati pratici, come ebbe a spiegare lui stesso parlando di Silvio Berlusconi il 28 febbraio 2002, da capogruppo dei Ds alla Camera: «Noi non avevamo fatto una legge sul conflitto di interessi, non avevamo tolto le televisioni all’onorevole Berlusconi... Onorevole Anedda, la invito a consultare l’onorevole Berlusconi perché lui sa per certo che gli è stata data la garanzia piena – non adesso, nel 1994, quando ci fu il cambio di governo – che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l’onorevole Letta».

Il suo personale viaggio nella trasversalità e nella destra cominciò ufficialmente nel 1996, con il famoso discorso sui ragazzi di Salò, quello in cui, nell’insediarsi alla presidenza della Camera dei Deputati, Violante chiese agli italiani di fare «pace» con quella storia e disse che bisognava sforzarsi di capire le ragioni per cui tanti ragazzi e ragazze scelsero di arruolarsi nella Repubblica di Salò. Uno sdoganamento, il riconoscimento del percorso in quel momento ancora fresco della svolta di Fiuggi (1995) che lo pose di lì in poi come un faro per coloro che tentavano di uscire dalla dimensione catacombale.

L’ultimo passo di quel lungo cammino è in quella specie di abbraccio avvolgente con il quale è arrivato proprio Violante a cavare dall’impaccio la premier alle prese con la tenaglia Liberazione/conti col fascismo, arrivati peraltro dopo la spaventosa serie delle mosse del presidente del Senato Ignazio La Russa, da via Rasella in poi. Il 24 aprile, intervistato dal Corriere della Sera, per la rabbia di molta sinistra, Violante ha impartito la sua benedizione: «Giorgia Meloni è estranea al fascismo, sta lavorando per ricostruire un partito conservatore italiano. Non sarà mai il mio partito, ma spero che ci riesca. Supererà le nostalgie retrograde esistenti a destra», che comunque sono residuali, «una pagina definitivamente chiusa». Una copertura sulla quale, il giorno appresso, cioè il 25 aprile, si è assisa la stessa premier nella lettera anche lei al Corriere della Sera con cui ha ritenuto di chiudere il discorso, citando Violante dopo Augusto Del Noce e prima di Berlusconi, sempre senza nominare la parola «antifascismo».

In mezzo, tra questo 25 aprile 2023 e i ragazzi di Salò, c’è una lunga traversata, non sempre lineare neppure nel trasversalismo, che in ultimo passa per le interviste a Libero contro la gestazione per altri, gli errori di Enrico Letta, per le intemerate contro l’onnipotenza della magistratura e gli attacchi al populismo penale (Paolo Cirino Pomicino in autunno si è inalberato: emozionanti le conversioni, ma dove è stato Violante per trent’anni?), così come per le ospitate ad Atreju, la festa dei Fratelli d’Italia (la più recente nel dicembre 2021, si parlava di presidenzialismo), e che passa soprattutto per una rete di rapporti davvero fuori dal comune. Dalla rete trasversale di Italiadecide, think tank fondato nel 2009 per «guardare i problemi di fondo del nostro Paese», con persone come Giuliano Amato, Gianni Letta, Giulio Tremonti, il banchiere Pellegrino Capaldo, fino al gruppone di 61 saggi (li guida Sabino Cassese) chiamati dal ministro Roberto Calderoli per individuare i livelli dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni nella sua riforma dell’Autonomia. Ovviamente Violante era anche tra i dieci saggi di Giorgio Napolitano, quelli chiamati dal presidente della Repubblica nella spaventosa impasse della primavera 2013.

Amico di Mantovano, con l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro Violante compone una ideale triade del Deep State che governa gli apparati di sicurezza italiani, nel mutare delle maggioranze e dei governi. Sul piano intellettuale, da tempo fa coppia fissa col genialoide e irregolare Pietrangelo Buttafuoco. Alle presentazioni dei libri, in giro per le vie del centro di Roma, li si incontra sempre insieme. Una collaborazione anche fattiva: Buttafuoco, pure lui adesso membro del Comitato per gli anniversari di Palazzo Chigi, è fra l’altro vicedirettore di Civiltà delle macchine, rivista della Fondazione Leonardo di cui Violante fu nominato presidente nel 2019, quando la ex Finmeccanica era guidata da De Gennaro. Buttafuoco è nel consiglio di amministrazione anche di un’altra sorella del gruppo: la fondazione Med-Or, guidata dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, proveniente dal Pci come Violante, per la quale fino alla sua nomina a direttore del Maxxi ha collaborato un altro irregolare della destra, Alessandro Giuli, nome che Meloni tiene in gran conto, ex condirettore del Foglio e conduttore di varie trasmissioni in Rai. Va da sé che adesso, al Maxxi, sia avviato un ciclo di incontri dal titolo “Systema-Stare insieme”. Più di così.