L'Aula del Senato ha detto no alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per le frasi indirizzate all'attivista Carola Rackete, comandante della Sea Watch 3, la nave della ong tedesca impegnata nel soccorso di 53 migranti il 12 giugno 2019. La stessa calda estate del "Papeete", che portò alla crisi e alla fine del governo gialloverde.
Il caso si riferisce a un procedimento a Milano per diffamazione continuata e aggravata di Rackete, all'epoca dei fatti comandante della Sea Watch 3, nave della ong tedesca impegnata nel soccorso di migranti nel Mediterraneo, "per aver proferito diverse frasi offensive" sui social e in un’intervista televisiva. La comandante venne appellata come "zecca tedesca", "complice degli scafisti e trafficanti" e "sbruffoncella".
A dire no alla richiesta della Procura di Milano, dove pende l'accusa per il leghista di diffamazione aggravata, sono stati 82 senatori (Lega-Fdi-Fi), 60 invece a favore della richiesta della magistratura (Pd, M5s, Avs) e 5 astenuti (tra cui Italia Viva). Con questo voto il Senato approva la relazione della Giunta delle immunità di Palazzo Madama che si era espressa a fine febbraio 2023, ritenendo insindacabili le affermazioni dell'allora ministro dell'Interno.«Apprezziamo lo sforzo del relatore di trovare degli appigli giuridici per giustificare la richiesta di insindacabilità del senatore Salvini. Tuttavia, c'è un parso di sentire il classico rumore delle dita sugli specchi, di chi si arrampica sui vetri, per cercare di giustificare l'ingiustificabile» attacca il senatore del Pd, Alfredo Bazoli.
«Che dire? Notizia attesa e scontata. È l'insindacabilità dell'insulto. È interessante notare come il Parlamento abbia ritenuto un'opinione espressioni come 'zecca tedesca', che qualificano chi le pronuncia ben più di una donna che è stata costretta a subirle». Questo il commento dell'avvocato Alessandro Gamberini, legale di Carola Rackete.
Magi (+Eu), Meloni dovrebbe chiedere scusa a Rackete
Il nome di Carola Rackete è anche risuonato nell'altro ramo del Parlamento, impegnato stamattina nel dibattito sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo di domani e dopodomani: «Voglio dire - è un passaggio dell'intervento del premier - che sono fiera di essere arrivata alla guida di questa nazione quando era lanciata a folle velocità verso la cancellazione dei confini nazionali, il riconoscimento del diritto inalienabile alla migrazione e quindi ad essere accolti in Europa senza vincoli e senza distinzioni, il divieto di adottare qualsiasi misura di contenimento dell'immigrazione illegale, arrivando perfino a legittimare chi sperona le navi dello Stato italiano; e di ritrovarmi oggi a rappresentare una Nazione che si fa portatrice di una visione diametralmente opposta». Il riferimento alla comandante tedesca provoca la reazione di Riccardo Magi, segretario di Più Europa, protagonista anche qualche giorno fa di alterco con Meloni sul tema della droga.
«Per un momento ho sperato - ha detto Magi in aula - che nella replica la presidente chiedesse scusa all'aula e anche ai cittadini che hanno ascoltato questa mattina il suo intervento, per un passaggio particolare in cui ha fatto riferimento a un episodio di esattamente quattro anni fa, del 29 giugno del 2019, definendo quello che accadde a Lampedusa come lo speronamento di navi dello Stato italiano da parte della comandante Rackete. Ci tengo molto a sottolineare - aggiunge - che quello che la presidente ha detto in quest'Aula è una menzogna, perché ero su quella nave personalmente e perché c'è stata una sentenza della Cassazione passata in giudicato che ha riconosciuto che la comandante Carola Rackete ha agito nel rispetto delle leggi e degli obblighi internazionali».