Amato chiede verità e genera sospetti, Favino fa il sindacalista a sproposito. Le classifiche di Sebastiano Messina

CHI SALE

 

GIULIANO AMATO
A ottantacinque anni uno che è stato presidente del Consiglio, ministro dell’Interno, presidente della Corte Costituzionale e braccio destro di Craxi a Palazzo Chigi decide di raccontare - prima che per lui sia troppo tardi - tutto quello che sa sulla strage di Ustica, e si sente rispondere: «Perché non l’ha detto prima?», «Dove sono le prove?», «Cui prodest?». Scoprendo che in questo Paese molti non vogliono la verità: preferiscono accusare qualcuno di nasconderla.

 

ENZA REPACI
Dal drammatico intreccio tra equivoci nefasti e consuetudini sciagurate l’unico dettaglio che emerge con nitidezza dalle indagini su Brandizzo è lo scrupolo della dirigente di movimento che per tre volte disse «non potete farlo» al ferroviere incaricato di vigilare sui lavori ai binari. Questa cocciuta venticinquenne non è riuscita a evitare la tragedia, ma ha dato la prova che applicare le regole invece di interpretarle può fare la differenza tra la vita e la morte.

 

ALBERTO ANGELA
Nel grande rimescolamento di conduttori e programmi Alberto Angela continua a navigare, al timone di “Ulisse”, sulla rotta tracciata dal padre Piero. Oggi è lui il principe dei divulgatori, l’unico capace di raccontarci con la stessa autorevolezza la storia della città di Petra e il dramma di Anna Frank. Forse è rimasto l’ultimo a credere alla missione culturale del servizio pubblico, ma gli ascolti ancora una volta hanno confermato che c’è un’Italia che la pensa come lui.

 

 

CHI SCENDE

 

BIANCA BERLINGUER
«Meno idee si hanno e meno si è disposti a cambiarle». Tornavano in mente le parole di Michelangelo, guardando su Rete 4 il nuovo programma di Bianca Berlinguer, che in realtà di nuovo non ha proprio nulla. Il compito di raccontarci come va il mondo è affidato al solito Mauro Corona, che parla e straparla senza limiti, e il maître à penser sulla guerra è sempre Alessandro Orsini, che dopo Putin è il più grande tifoso della resa di Zelensky. «È sempre Cartabianca», dunque. Purtroppo.

 

MATTEO SALVINI
Mentre indossava lo smoking per calcare il red carpet di Venezia con la fidanzata non poteva sapere che quella notte ci sarebbe stata una strage alla stazione di Brandizzo. Ma poi, anziché partire per la stazione della tragedia - dove per fortuna ci ha pensato Mattarella a far arrivare lo Stato - si è diretto a Monza per il Gran Premio con la stessa disinvoltura con cui invece di stare al Viminale ballava sulla pista del Papeete. Ancora non ha capito cosa significa fare il ministro.

 

PIERFRANCESCO FAVINO
Lui è uno dei nostri migliori attori di sempre e può impersonare chiunque - era Bettino Craxi, è diventato Tommaso Buscetta: davvero un mostro - ma perché deve fare anche il sindacalista, invocando l’italianità degli interpreti? Chi avrebbe interpretato il Gattopardo meglio di Burt Lancaster, il Padrino meglio di Marlon Brando o il Gladiatore meglio di Russel Crowe? Nel mondo senza frontiere del cinema non valgono né l’autarchia né il sovranismo, ma solo la bravura (come la sua).