Il dossier
Viaggio nella destra di Fratelli d'Italia, dove Vannacci non è un tabù
La nuova Meloni vuole ammorbidare il partito, ma dentro Fdi ci sono componenti che si battono per le antiche idee della Fiamma. Come il dipartimento estero gestito dal senatore Menia, che sul generale dice: «Spesso mi è capitato di usare le parole del suo libro per definire alcuni fenomeni: un mondo al contrario»
La Giorgia Meloni di oggi smentisce spesso la Giorgia Meloni di ieri. Il comportamento è tipico di quei politici che nel fare politica si crogiolano nel facile mestiere di opposizione. E poi capitano al governo, piluccando la carta “imprevisti”. Allora la reazione è minimizzare, correggere, ignorare. Oppure fischiettare. Come per la saga del generale Roberto Vannacci, autore di un libretto di incerta sintassi e di sicura venatura omofoba e razzista. Vannacci, chi era costui.
Che c’entra con Fratelli d’Italia. Meloni è impegnata a levigare la memoria di sé e del partito che sente proprio (e di famiglia), ma qualcuno s’è preso la briga di avvisare gli altri? Esiste e pure in salute, per esempio, una ramificata struttura internazionale di Fdi che viene gestita, potremmo dire per continuità storica, dal senatore triestino Roberto Menia, rientrato nei palazzi romani con una candidatura blindata in Liguria. Menia è il responsabile del dipartimento Fdi Mondo e segretario generale di Ctim, sigla che sta per Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo, che fu il vessillo dell’ex ministro Mirko Tremaglia, ragazzo di Salò. E dunque la fotografia più icastica di Ctim raffigura un giovane Menia, il maestro Tremaglia e due bersaglieri al cippo del sacrario militare italiano di El Alamein che in onore dei soldati ammazzati in Egitto durante la guerra: «Mancò la fortuna, non il valore».
Fdi Mondo ha una rete di oltre trenta circoli e referenti, numerosi esponenti negli organismi degli italiani all’estero riconosciuti o finanziati dalla Farnesina, il legame inscindibile col Ctim che edita la rivista “Prima gli italiani”, che tra l’altro ha sede a Roma presso la fondazione di Alleanza Nazionale in via della Scrofa, “coinquilini” di Fratelli d’Italia. Fdi Mondo è il mondo di provenienza di Meloni e di gran parte dei suoi elettori: patria, valori, foibe, famiglia, politiche migratorie, mai rinnegarsi, sempre coerenti, memoria ardente. Come la fiamma. Questa è la dote che Menia, militante missino sin da studente col Fronte della Gioventù, scissionista dalla casa madre di Silvio Berlusconi con Gianfranco Fini, sovranista per un breve tempo con Gianni Alemanno e Francesco Storace, ha conferito a Meloni circa tre anni e mezzo fa.
Il suo ingresso in Fdi ha consolidato, soprattutto, gli equilibri interni della ricca fondazione Alleanza Nazionale, di fatto controllata dai meloniani: è sia membro del comitato esecutivo che vicepresidente. «Non c’è alcuna alternativa politica alla nascita di un governo tra Lega e Cinque Stelle, è una scelta di responsabilità e di cambiamento. La via verso un governo tra due forze molto diverse è sicuramente stretta e piena di insidie, ma proprio per questo va sostenuto il coraggioso tentativo di Matteo Salvini». A proposito di memoria ardente, questa è una nota ufficiale che Menia, ai vertici del Movimento Nazionale per la Sovranità, firmò con Alemanno, il politico di destra che più ha corteggiato il generale Vannacci. Per Menia fu una tappa verso la rinascita con Meloni: «Con Alemanno e Storace avevamo costruito una piccola ma laboriosa comunità che poneva al centro l’esigenza di ridare agli italiani rappresentanza e sovranità popolare e nazionale. Abbiamo riconosciuto a Meloni la capacità di saper riunire i fili spezzati della destra diffusa italiana e abbiamo aderito al suo appello all’unità della destra prima delle elezioni europee del ’19». Il senatore ha inoculato in Fdi il passato che ha custodito nel girovagare a destra: «Ho un ricordo dolce di Tremaglia. Mi sentivo da sempre vicino a lui e alle sue battaglie, prima di tutto di ordine morale e patriottico: io ero di un’altra generazione, ma la mia vita politica è sempre stata quella della difesa dell’italianità di Trieste, della memoria, delle terre, delle genti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, del nostro grande esodo di italiani. Quando mi consegnò il Comitato Tricolore (la più anziana delle associazioni dei nostri italiani all’estero, nata nel 1968), mi chiese di tenere vivo quello che aveva creato, di non lasciarlo morire».
In Fdi mondo convivono imprenditori e principesse. E le due cose assieme. Per la sezione Tunisia c’è la comandante donna Margherita Lanza di Scalea, che protegge le identità italiane, che vigilia sui flussi migratori, che si candida per la giunta di Erice e per il Senato della Repubblica, che di professione fa l’armatrice, la navigatrice, la comandante e affitta caicchi e gommoni. Per gli Stati Uniti c’è l’imprenditore Vincenzo Arcobelli, che è presidente del Comitato Tricolore, che ha tentato l’ammarraggio a Palazzo Madama tramite la circoscrizione Nord America, che è la Times Square degli italiani a Dallas e nel vasto Texas, che è di origini paternesi cioè catanese di Paternò come i La Russa, che è un instancabile tutore della tradizione missina: «Oggi addirittura cancellano il nome di uno dei più grandi pionieri dell’aviazione dagli aerei dell’Aeronautica Militare su proposta parlamentare del “compagno” Fratoianni. In questo modo si palesa la profonda ignoranza di chi ci governa. Un eroe che con le trasvolate ha reso l’Italia e l’Aeronautica grandi in tutto il mondo. Ignoranti abissali, si devono vergognare». Arcobelli non accettava che i militari avessero rimosso il nome del ministro aviatore fascista Italo Balbo su un aereo del 31° Stormo di Ciampino, peraltro dopo gli articoli del compianto giornalista Toni De Marchi e le proteste dei “nipotini di Stalin”.
Fdi mondo - «abbiamo aperto in Angola, entro fine anno i circoli saranno quaranta», esulta Menia - è la versione non edulcorata di Fdi. Quella schietta. In Spagna fanno campagna elettorale per i l’estrema destra Vox, in Ungheria sono al fianco del gruppo del presidente ultraconservatore Viktor Orbán. Niente cipria. La domanda che si insinua nelle viscere di questo articolo arriva in coda, perché adesso, libero da fraintendimenti, privo di qualsiasi ritrosia, Menia posiziona Fdi Mondo sul caso Vannacci: «Non credo che la politica debba passare attraverso la pesca delle occasioni o dei testimonial. Su Vannacci posso solo dire che odio il conformismo e il pensiero unico: si può non condividere quanto scrive, ma mi ha rattristato il linciaggio ai suoi danni. Personalmente e senza averlo mai conosciuto né sentito, spesso mi è capitato di dire privatamente e pubblicamente le stesse parole del titolo del suo libro per definire alcuni fenomeni: un “Mondo al contrario”. Non mi piego al pensiero di chi vuole imporre come matrimonio un’unione di persone dello stesso sesso, di chi mi vorrebbe imporre la “percezione” del sesso come genere, di chi piange i cuccioli d’orso ma non si commuove per milioni di bambini mai nati, di chi non si avvede che lo sradicamento delle identità nazionali, religiose, tradizionali sta devastando il portato etico e civile del nostro Paese e della nostra Europa».
Menia e decine di dirigenti e migliaia di lettori la pensano così. Sembrano la Giorgia di ieri. E la Giorgia di oggi?