Continua a distanza lo scontro tra l'Italia e la Germania sul tema migranti. Questa volta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha deciso di scrivere al cancelliere tedesco Olaf Scholz: «Ho appreso con stupore che il Tuo governo - in modo non coordinato con il governo italiano - avrebbe deciso di sostenere con fondi rilevanti organizzazioni non governative impegnate nell'accoglienza ai migranti irregolari sul territorio italiano e in salvataggi nel Mare Mediterraneo. Entrambe le possibilità suscitano interrogativi» è l'incipit che si legge nella missiva datata 23 settembre.
Meloni nel passaggio successivo sembra riavvolge il nastro al 2017: la flotta umanitaria come taxi del mare, pull factor dei flussi migratori: «Inoltre, è ampiamente noto che la presenza in mare delle imbarcazioni delle Ong ha un effetto diretto di moltiplicazione delle partenze di imbarcazioni precarie che risulta non solo in ulteriore aggravio per l'Italia, ma allo stesso tempo incrementa il rischio di nuove tragedie in mare».
Una fake news smentita da numeri e diversi e importanti studi. Come già dichiarato a L'Espresso da Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI): «Le Ong non hanno alcun effetto significativo sulle partenze. Abbiamo fatto ricerche con Eugenio Cusumano (ricercatore in Relazioni internazionali dell’Università di Leiden, nei Paesi Bassi) sull’attività delle Ong nel Mediterraneo centrale che mostra l’inconsistenza della teoria che accusa il soccorso umanitario di attrarre la migrazione (pull factor, ndr). Ho dati che vanno da inizio 2018 fino a dicembre 2021, più di 1200 giorni. Le Ong non influenzano le partenze. Sono sicuramente le condizioni meteo-marine. Le persone a soccorso delle Ong prima di sbarcare qui sono state meno del 15 per cento in totale. E durante il governo Meloni meno del 10. Il 90 per cento arriva in maniera autonoma».
La tesi portata avanti dalla Presidente del Consiglio risale al 2014 quando l’allora direttore di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, Gil Arias-Fernández iniziò a sostenere pubblicamente che le navi di Mare Nostrum stavano facendo aumentare i flussi dal Nord Africa. In una Risk Analysis della stessa agenzia relativa al 2016 l’accusa è stata spostata sulle Ong, intervenute nel frattempo a colmare il vuoto lasciato dalla chiusura dell’operazione italiana. Una teoria, diventata in brevissimo tempo il leitmotiv alla base delle politiche della destra e oggi del governo italiano. Ma a smentire la Premier più recentemente è stata una ricerca scientifica pubblicata su Scientific report - rivista internazionale dello stesso gruppo editoriale di Nature - che ha indagato per dieci anni la rotta migratoria che interessa direttamente l'Italiana. Lo studio si basa su dati ufficiali, quelli dell'Agenzia europea per la protezione dei confini - Frontex - e quelli provenienti dalle guardie costiere della Tunisia e dalla Libia, insieme alle rilevazioni di altre agenzie internazionali tra cui l'Organizzazione mondiale per le migrazioni delle Nazioni Unite, e giunge alla conclusione che a determinare un maggior numero di partenze non sono le Ong, bensì fattori come le condizioni meteorologiche nel Mediterraneo, i disastri ambientali, le questioni economiche, l'intensificarsi dei conflitti e l'instabilità politica dei paesi di partenza.
«Abbiamo comparato il fenomeno delle partenze prima e dopo l’inizio delle attività di ricerca e soccorso, il nostro modello predittivo dice che sarebbe andata allo stesso modo anche se le seconde non fossero intervenute», spiega la ricercatrice che ha guidato lo studio pubblicato su Scientifi report, Alejandra Rodríguez Sánchez dell’Università di Potsdam (Germania). Una ricerca su un modello di tipo contro-fattuale: mostra cosa sarebbe successo modificando un certo fattore. Le operazioni Sar, dunque non fanno aumentare le traversate.