La Basilicata è una delle regioni più ricche d’acqua. Ma a causa di sprechi e decenni di abbandono è in piena emergenza. Mentre la gestione delle risorse fa gola a politica e privati

Una crisi idrica che ha raggiunto livelli drammatici e non accenna a fermarsi. Centoquarantamila persone e 29 comuni, tra cui il capoluogo Potenza, lasciati a secco. È quello che sta succedendo in Basilicata, dove le proteste dei cittadini continuano. Un paradosso per una regione che detiene il 25 per cento delle risorse idriche del Sud, le stesse che in parte riforniscono anche la Puglia, ma che si trova a fare i conti con circa il 70 per cento di perdite idriche nella rete infrastrutturale, causate da decenni di abbandono. Al centro delle proteste c’è il sistema idrico Basento-Camastra, che ha raggiunto valori allarmanti. Secondo i dati di Acque del Sud Spa, la società creata dal Governo Meloni per gestire le risorse idriche, il primo marzo 2024 l’invaso conteneva 9 milioni di metri cubi d’acqua. Oggi la riserva è scesa a soli 1,8 milioni. Questa situazione, definita anomala, ha sollevato pesanti polemiche. Associazioni, partiti politici e sindacati sospettano un possibile svuotamento volontario, aggravato inoltre da decenni di incuria che hanno trasformato il fondo dell’invaso in un deposito di fango. Così, a ottobre, il Governo ha cercato di correre ai ripari nominando commissario straordinario per la gestione della crisi il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi (Forza Italia), recentemente rinviato a giudizio nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità lucana. Al commissario è stato assegnato un finanziamento di 2,5 milioni di euro per fronteggiare l’emergenza e avviare interventi urgenti. Tra le misure adottate da Bardi, una delle più discusse riguarda il prelievo di acqua dal fiume Basento, potabilizzata per rifornire la diga del Camastra e per soddisfare il fabbisogno idrico della popolazione.
 

«Nel 2023, la Procura ha rilevato valori allarmanti di trielina nel torrente Tora, un affluente del fiume Basento - denuncia Domenico Nardozza del Comitato Acqua Pubblica “Giuseppe Di Bello” - Non vogliamo creare allarmismi, ma anche con l’utilizzo delle tecnologie più avanzate, come i potabilizzatori a carbone attivo ci chiediamo come sia possibile che, in così poco tempo, un’acqua ritenuta inadatta al consumo possa oggi essere dichiarata sicura. Inoltre, durante questa fase emergenziale, l’Acquedotto Lucano è stato costretto ad affidarsi a laboratori esterni, poiché l’Arpab (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata) non dispone ancora dell’accreditamento necessario. Questo limite impedisce di analizzare tutte le sostanze presenti nelle acque», conclude Nardozza. Dopo le preoccupazioni sollevate dai cittadini il 28 novembre, la Procura della Repubblica di Potenza ha avviato un’inchiesta acquisendo documenti presso Acquedotto Lucano Spa, Arpab, Autorità di Bacino e Acque del Sud Spa. E proprio con Acque del Sud il caso della Basilicata si inserisce in un contesto che va ben oltre i confini regionali. Acque del Sud ha ereditato il controllo delle risorse idriche precedentemente gestite dall’ente pubblico commissariato Eipli (Ente irrigazione Puglia, Lucania e Irpinia di Bari). La società, istituita nel gennaio 2024, si occupa di gestire grandi opere idrauliche, fornendo acqua grezza per usi potabili e irrigui. Sebbene formalmente rimanga sotto controllo pubblico tramite il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), Acque del Sud ha aperto alla partecipazione di capitali privati. Acquedotto Pugliese e Acea sono già pronti a partecipare alla gara per scegliere il partner industriale della società. Il Mef può infatti cedere fino al 30 per cento delle quote a soci privati con ruoli operativi e gestionali. L’Acquedotto Pugliese (Aqp), gestisce gran parte delle risorse idriche in Puglia e in alcuni comuni della Campania ed è stato al centro di una lunga controversia legale con l’Eipli. Quest’ultima rivendicava un credito di 34,1 milioni di euro per forniture idriche non saldate nel periodo tra il 2000 e il 2008. 

 

Ma solo nel 2024, Basilicata e Puglia hanno firmato un accordo stabilendo un credito per la Basilicata complessivo di circa 80 milioni di euro. L’ingresso di Acquedotto Pugliese e Acea in Acque del Sud consoliderebbe ulteriormente il controllo sulla distribuzione dell’acqua nel Mezzogiorno, che potrebbe configurare di fatto una situazione monopolistica, in aperto contrasto con il principio sancito dal referendum del 2011 che ha definito l’acqua un bene comune, sottraendola alle logiche di mercato.
Acque del Sud, pur essendo formalmente un ente pubblico, è caratterizzata da una struttura decisionale fortemente influenzata da nomine politiche. Il consiglio di amministrazione è composto da sette membri, tra cui spiccano figure legate ai principali partiti del governo. Luigi Giuseppe Decollanz, attuale presidente e avvocato, è stato commissario liquidatore dell’Eipli e coordinatore di Fratelli d’Italia a Bari, dimessosi dopo la sua nomina. Tra gli altri membri ci sono: Anna Rita Tateo, ex parlamentare della Lega; Marco Renzi, ex vicesindaco di Albano Laziale e portavoce di Fratelli d’Italia nel 2012, figura vicina al deputato Marco Silvestroni e già a capo della segreteria di Francesco Lollobrigida (FdI). Inoltre, per Fratelli d’Italia, figurano anche Antonio Palmisano, direttore generale della struttura di missione del Pnrr sotto il ministro Raffaele Fitto (FdI), e Crescenzio Rivellini, ex europarlamentare del Ppe, condannato dalla Corte di giustizia dell’Ue a pagare 250mila euro per l’assunzione fittizia di un’assistente parlamentare e per pagamenti irregolari a una società di cui l’assistente era l’unica socia.