Il caso
Per Matteo Piantedosi è normale identificare chi deposita fiori in ricordo di Navalny
Il caso denunciato dal parlamentare del Pd Sensi: «Il problema non sono gli agenti e l’abuso di potere. Il problema è il ministro dell'interno. Non siamo uno Stato di polizia»
«É capitato pure a me nella vita di essere identificato, non è un dato che comprime una qualche libertà personale». Ha spiegato il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, commentando l'identificazione da parte della polizia a Milano di alcuni cittadini che onoravano con fiori la memoria di Navalny. «L'identificazione delle persone é una operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio - ha concluso -, il personale mi è stato riferito che non avesse piena consapevolezza». Tutto normale. Liquida in poche parole Piantedosi, a margine della sottoscrizione dell'accordo tra la Regione Lombardia, l'Agenzia Nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e l'Anci Lombardia, a Milano.
Era stato il senatore del Partito Democratico Filippo Sensi a denunciare su X il caso, annunciando un'interrogazione: «Oggi una dozzina di persone voleva onorare con fiori la memoria di Navalny a Milano sotto la targa di Anna Politkovskaya. Si sono trovati lì degli agenti che li hanno identificati. Con una interrogazione parlamentare a Piantedosi chiederemo conto di che Paese siamo». Alla risposta del ministro Sensi ha replicato: «Se per il ministro Piantedosi identificare persone che portano un fiore per Navalny è normale, prendere documenti e generalità non comprime le libertà personali, allora il problema non sono gli agenti e l'abuso di potere in uno stato di diritto. Il problema è Piantedosi».
Sensi ha anche annunciato «un'interpellanza al ministro dell'Interno sui dettagli e sulle ragioni dell'identificazione dei manifestanti che volevano onorarne la memoria sotto la targa di Anna Politkovskaya a Milano. L'obiettivo è avere risposte in Parlamento il più presto possibile. Mi risulta che i manifestanti, una decina, abbiano trovato già in loco degli agenti Digos, che poi hanno provveduto ad identificarli. Perché? Avevano avuto istruzioni in tal senso? Erano persone che portavano un fiore. Il nostro è uno stato di diritto, non di polizia».
A dar manforte al ministro Piantedosi anche Stefano Paoloni, segretario generale del Sap, sindacato autonomo di polizia, che all'Adnkronos ha così commentato: «L'identificazione non comprime alcuna libertà personale, rientra tra i compiti, anzi tra i doveri, di chi ha il compito di garantire la sicurezza e l'ordine pubblico. Chi percepisce l'identificazione come qualcosa di pericoloso, ha qualcosa da nascondere oppure ha un pregiudizio verso le forze dell'ordine. I colleghi hanno fatto semplicemente il loro dovere». Mentre Domenico Pianese, segretario generale del Sindacato di Polizia Coisp respinge le accuse di derive democratiche piovute dall'opposizione: «Chi tenta di screditare la Polizia di Stato evocando teorie del complotto e derive antidemocratiche, oltre a essere del tutto fuori luogo, non si rende conto che sono proprio le Forze dell'Ordine e il lavoro che ogni giorno compiono le donne e gli uomini in divisa a garantire la libertà di ogni individuo e a difendere l'assetto democratico del nostro Paese».
Non è il primo caso di richiesta di generalità da parte delle forze dell'ordine che entra nella polemica politica: il più recente si è consumato alla prima de La Scala in occasione del ‘Don Carlo‘ in cui la Digos ha identificato Marco Vizzardelli, esperto di lirica che, dopo l’esecuzione dell’inno di Mameli aveva urlato in platea: “Viva l’Italia antifascista“. Di recente circa 50 manifestanti, tra anarchici ed esponenti del centro sociale Askatasuna, sono stati identificati durante il presidio pro Palestina che si è tenuto il 13 febbraio davanti alla sede Rai a Torino