Il caso
Neanche stavolta Matteo Salvini è riuscito a condannare Vladimir Putin
Il leader della Lega, in passato sostenitore dello zar, ha rilasciato dichiarazioni ambigue anche di fronte al caso Navalny. Tanto da dire a Rtl 102.5 che: «La chiarezza sulla morte la fanno i medici e i giudici»
«Difficilmente riesco a sapere quello che succede in tempo reale in Italia. Se la moglie dice che è stato avvelenato ci saranno elementi, immagino uscirà qualcosa. Come posso giudicare cosa succede dall'altra parte del mondo? C'è un morto, bisogna fare assolutamente chiarezza, la fanno i medici e i giudici». Con un tentativo maldestro Matteo Salvini, ai microfoni di Rtl 102.5, tenta di schivare le critiche piovute sulla Lega dopo la morte di Alexej Navalny il dissidente russo deceduto il 16 febbraio in prigione. Ma non convince. Troppo forte il ricordo delle magliette e degli slogan di Salvini per l’autocrate russo (tra le prodezze più memorabili, la frase «Meglio mezzo Putin che due Mattarella»).
Ieri in piazza del Campidoglio a Roma un migliaio di persone hanno commemorato Navalny con una fiaccolata breve, presente tutto l'arco parlamentare. Unico partito contestato la Lega. Nella delegazione salviniana in piazza c’era anche Andrea Paganella, uno dei leghisti che parteciparono insieme ad Andrea Savoini all'incontro all’Hotel Metropol di Mosca del 2018 per concordare presunti finanziamenti russi al Carroccio. Le urla sono state dirette al suo capogruppo Massimiliano Romeo («Vergogna», «Vattene a Mosca», «Dove sono i 49 milioni?»).
«Noi ieri eravamo in piazza per chiedere chiarezza, è giusto, e comunque chiedere la fine di tutti i confitti aperti, tra Russia e Ucraina, tra Israele e Palestina», ha commentato Salvini: «Noi ieri siamo andati, tutte le fesserie in questi anni sui legami con la Russia, i finanziamenti inesistenti sulla Russia, sono state archiviate, i giudici hanno detto che non è successo nulla, palle. Noi siamo andati a manifestare pacificamente».
Ma piovono critiche non solo dalla piazza. Carlo Calenda, leader di Azione, risponde direttamente al ministro delle Infrastrutture: «Hai rotto le balle. Il giudizio dei magistrati di una dittatura non conta nulla. Ieri hai mandato i tuoi a una manifestazione contro l'assassinio di Navalny. Dacci evidenza che l'accordo con Russia Unita è stato disdetto. Ora chiedo al mio ufficio studi di verificare uno per uno gli imprenditori che hanno finanziato la Lega che legami hanno con la Russia. Ricordati di querelarmi».
Mentre Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera scrive su X: «In Russia, in una dittatura. Gli stessi giudici che hanno mandato in carcere in Siberia un leader d’opposizione solo perché aveva le sue idee e l’ardire di poter partecipare ad elezioni democratiche. I giudici di un regime dittatoriale che non si sono mai preoccupati di perseguire i responsabili dell’avvelenamento di Navalny. Ma di quale diavolo da giustizia parla Salvini? Ma ci faccia il piacere».
Prova a difendersi anche il senatore Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato, ad Agorà Rai Tre: «Io penso che su Putin abbia sbagliato tutto l’Occidente. Adesso che si voglia dire che è colpa di Salvini e della Lega mi sembra davvero che è qualcosa che non sta minimamente in piedi. Hanno sbagliato tutti i governi occidentali. Le distanze la Lega le ha prese subito. Il giorno stesso che Putin ha invaso l’Ucraina». Ma i Radicali Italiani ricordano il patto siglato tra il partito di Putin e il Carroccio, fortemente voluto dal leader: «È il blocco psicologico che gli impedisce di condannare apertamente la politica di Putin, di interrompere l’accordo della Lega con Russia Unita, il partito di Putin. Salvini è tipo Fonzie di Happy Days; si sforza, ma proprio non riesce a dire che Putin ha sbagliato. Comunque, superate le magliette putiniane, i sorrisetti e le passerelle a favore di telecamere nelle manifestazioni, può finalmente fare chiarezza, iniziando magari firmando la nostra petizione per cambiare Via Gaeta, sede dell’ambasciata Russa in via Navalny», dichiara in una nota il segretario Matteo Hallissey.