La maggioranza presenta a sorpresa un emendamento in Consiglio regionale. Con cui elimina il 98 per cento dell’area naturale del Borsacchio

Con il favore delle tenebre, alle 2.30 della notte, nel Consiglio regionale dell’Abruzzo i vampiri dell’ambiente hanno quasi cancellato con un emendamento la Riserva naturalistica del Borsacchio, nel Comune di Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo». Uno dei primi a svelare l’ambigua novella è stato Angelo Bonelli. Il blitz, lungo meno di un minuto, è avvenuto infatti all’Aquila nelle ore piccole del 29 dicembre scorso, mentre si discuteva di tutt’altro: la legge regionale di bilancio. «Tagliati 976 ettari su circa 1.100: resta solo una piccola lingua a ridosso del mare, poi il resto via, merce per i palazzinari», ha aggiunto il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra. Senza consultazioni preventive, senza preavvisi, senza dibattito. Come sottolinea il sindaco di Roseto, Mario Nugnes: «Quello che ci lascia sconcertati è che non siamo stati assolutamente coinvolti in una decisione che andrà a incidere profondamente sul futuro della nostra terra».

 

A firmare l’emendamento-sorpresa sono stati Emiliano Di Matteo e Mauro Febbo (Forza Italia), Simona Cardinali e Federica Rompicapo (Lega), Umberto D’Annuntiis di Fratelli d’Italia. Cinque esponenti della maggioranza di centrodestra che governa la cosiddetta regione verde d’Europa, con Marco Marsilio, presidente uscente e meloniano di ferro, che tenta il bis alle Regionali del prossimo 10 marzo contro lo sfidante Luciano D’Amico, ex rettore dell’Università di Teramo.

 

Così, in un battibaleno e con poche righe di testo, è stato quasi azzerato un luogo suggestivo ed ecologicamente intatto, uno scrigno di biodiversità fin qui preservato dall’urbanizzazione selvaggia. Istituito nel 2005, il Borsacchio è caratterizzato da un paesaggio collinare digradante sulla costa. Adesso ne resteranno in piedi 24 ettari, il 98% in meno rispetto a prima. Le associazioni ambientaliste hanno fatto subito quadrato intorno alla Riserva minacciata, a dispetto del clima indolente di inizio anno. Conferenze stampa e sit-in, interventi di giuristi e docenti universitari, una raccolta di decine di migliaia di firme e interrogazioni parlamentari. Sostiene il Wwf Abruzzo: «La Riserva è stata ridotta a tal punto che tanto valeva eliminarla totalmente. Si dovrebbero istituire nuove aree protette e invece, nell’Abruzzo di Marsilio, vengono tagliate». Sulla stessa linea si pone Legambiente: «Il 2023 è stato un anno da bollino rosso per il clima e occorrerebbe lavorare a tutti i livelli, dal nazionale al locale, per l’elaborazione di piani e strategie di adattamento. Atti come questo emendamento vanno esattamente nella direzione opposta».

 

Marco Borgatti, presidente de “Le guide del Borsacchio”, ha idee precise su quale sarebbe l’implicita posta in gioco: «Già nel 2009 gli agricoltori denunciarono che gruppi di costruttori avevano chiesto di acquistare terreni nella Riserva. Qualcuno ha venduto, qualcuno ha resistito». Imprenditori magari provenienti da altre parti della penisola. «Purtroppo molti eredi dei terreni, non legati al territorio e spesso residenti altrove, non hanno voglia e interesse di portare avanti le tradizioni». E il rischio della cementificazione torna ad aleggiare. Tuttavia, plaude all’iniziativa Confagricoltura Abruzzo: «Le riserve, il più delle volte, sono un’espropriazione surrettizia e senza indennizzo. Quella del Borsacchio si trovava in un regime di clausola di salvaguardia, il che significa assoluto immobilismo». Qualche lentezza nel corso del tempo c’è sicuramente stata. Al di là dell’assunto di sottrarla a ogni sfruttamento intensivo, a ogni secondo o terzo fine, che direzione imprimere all’area protetta? Colture eco-compatibili, turismo rural-chic modello Toscana o un’inviolabile arcadia da destinare, al massimo, alle visite guidate? Ed è vero che la mancata approvazione, bipartisan e ventennale, del Pan (Piano di assetto naturalistico) dedicato ha generato ulteriore impasse. A proposito, sembra che quest’ultimo stesse finalmente per nascere…

 

Ma che cosa replicano gli artefici del provvedimento della discordia? Hanno scritto in una nota congiunta Emiliano Di Matteo e Mauro Febbo: «La Riserva ha solo ingessato un intero territorio. La sua riduzione ci riporta a dimensioni realistiche, che vanno a tutelare la fascia costiera, realmente di pregio. E soprattutto restituirà dignità e pari opportunità agli agricoltori, alle loro aziende e alle colline che continueranno ad avere una vocazione agricola». E allora perché procedere così all’improvviso? Gli ambientalisti li esortano a un confronto «alla luce della piazza» e bollano come fake news altri passaggi della difesa del centrodestra. Come il fatto che agli agricoltori del Borsacchio sarebbe interdetta la coltivazione dei loro campi. Al “fronte verde” si è presto alleata, con dichiarazioni al vetriolo, l’opposizione in Consiglio capeggiata dal Pd. Che in quella seduta notturna non aveva votato né contro né a favore, si era astenuta (come ha notato Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione comunista e un passato di barricadieroconsigliere regionale abruzzese).

 

Alla fine del gennaio scorso, però, il Consiglio regionale ha bocciato un nuovo emendamento presentato dal consigliere Dino Pepe del Partito democratico, che chiedeva il ripristino della Riserva nella sua configurazione originale di 1.100 ettari. La maggioranza ha mostrato compatta il suo pollice verso, con 17 no, a fronte degli 11 sì della minoranza di centrosinistra. Confermato, in via definitiva, lo sbriciolamento del Borsacchio a 24 ettari. Almeno fino alle elezioni.