Prima il decreto per la riforma del fisco, ora l'annunciata sanatoria per le "difformità" interne degli immobili. L'opposizione fa il conto di quanti favori agli italiani "distratti" sono arrivati da questo esecutivo

Un vero e proprio rosario di condoni: è il regalo del governo Meloni agli italiani "distratti". In meno di due anni sono stati ben 18, di cui 12 solo nella prima manovra economica. Un record. A mettere in fila i grani di questo dono ai patrioti è stato il capogruppo dell'Alleanza Verdi e Sinistra Peppe De Cristofaro, presidente del gruppo Misto di Palazzo Madama: «Dai contanti alle tasse concordate, dal salvacalcio allo stralcio delle cartelle, dagli scontrini agli scudi penali e infine la ciliegina sulla torta con il colpo di spugna sulle cartelle solo dopo cinque anni». Il riferimento è al decreto di riforma della riscossione portato in Consiglio dei ministri lunedì e che concede rateizzazioni più lunghe a tutti, indipendentemente dall’effettiva “difficoltà”. Dal 2025 basterà dichiarare di non poter saldare tutto il dovuto per ottenere sulla fiducia la possibilità di spalmare il debito su 7 anni (84 rate) contro i 6 attuali. Dal 2027 gli anni diventeranno 8, dal 2029 addirittura 9. Chi presenta un Isee che conferma una situazione di affanno avrà solo il vantaggio aggiuntivo di ottenere da subito un piano di rientro in 120 rate mensili.

 

Misure, sconti, rateizzazioni decennali, rottamazioni, ravvedimenti, conciliazioni e aiutini vari come la sanatoria sui contributi Inps-Inail a favore di imprenditori che non pagano le tasse, di lavoratori autonomi infedeli con il fisco.  Per il deputato Pd ed ex Ministro del Lavoro, Andrea Orlando: «Stiamo parlando di un condono che come tutti i condoni indebolirà la fedeltà fiscale con due effetti. Il primo è uno schiaffo in faccia a chi paga le tasse perché chi ha aspettato di più e non le ha pagate si ritrova premiato, poi si indebolisce la fedeltà fiscale perché se si sa che prima o poi arriverà un condono perché allora bisogna pagare le tasse? C'è poi una terza questione: in una norma in itinere vengono annullate le sanzioni che riguardano il mancato versamento dei contributi e degli oneri previdenziali. Questo significa condonare il lavoro nero e premiare chi mette a repentaglio la sicurezza dei lavoratori». 

 

E dopo il capitolo dei condoni fiscali, si sta aprendo anche quello, non meno delicato, dei condoni edilizi, chiamati però con un nome assai più ambiguo. A riprendere un cavallo di battaglia della maggioranza è stato il ministro Matteo Salvini durante il question time alla Camera dei Deputati. «Stiamo lavorando per una proposta di legge di pace edilizia che possa sanare le difformità interne alle abitazioni che stanno bloccando milioni di italiani e milioni di immobili che potrebbero essere rimessi sul mercato liberando gli uffici tecnici comunali da centinaia di migliaia di pratiche giacenti in alcuni casi da 40 anni e facendo ripartire il mercato immobiliare». È la deputata M5s Emma Pavanelli a smascherare il linguaggio del leghista. «Il neologismo, che ricorda molto quello della “pace fiscale”, altro non è che una supercazzola congegnata ad arte per non pronunciare la parola “condono edilizio”. Sanare difformità particolarmente veniali è un conto. La solita “tana libera tutti” in salsa salviniana invece è inaccettabile, proprio perché abbiamo visto cosa producono i condoni quando si è alle prese con la mancata messa in sicurezza del territorio. Se il governo Meloni ha in cantiere un condono tombale, ha il dovere di dirlo chiaro e tondo e di non trovare escamotage lessicali per indorare la pillola».