La città abruzzese è stata scelta per il 2026 e se lo merita, come i suoi abitanti. Ma non possiamo dimenticare quando pochi anni fa il sindaco della Destra vietò la partecipazione di artisti considerati "scomodi" a un festival

Dalton Trumbo è stato un grande sceneggiatore americano: firmò Vacanze romane, Exodus e Spartacus, ma il suo nome non apparve nei titoli di quei film per moltissimi anni. Trumbo era infatti uno degli Hollywood Ten che si rifiutarono di testimoniare davanti alla Commissione per le attività americane nel 1947 e finì dritto nella lista nera di Hollywood assieme a parecchi altri artisti con l’accusa di simpatie comuniste. Insomma, la vecchia caccia alle streghe.

 

Vecchia ma mai sopita. Perché assieme ai giusti festeggiamenti per l’Aquila capitale italiana della cultura 2026 bisognerebbe ricordare un’altra lista nera che getta un’ombra non piccola sulla nomina. All’Aquila andranno dunque finanziamenti per un milione di euro: e la città li merita, dopo quindici anni di sofferenza dovuti a un terremoto devastante e alla altrettanto devastante gestione del dopo-terremoto. È meritevole, sulla carta, anche il progetto, che si intitola “L’Aquila città multiverso”, e ha quattro grandi tematiche: salute pubblica e benessere, coesione sociale, creatività e innovazione, sostenibilità socio-ambientale.

 

Tutto bello. Ma fermiamoci su creatività e innovazione: chi saranno mai i creativi e innovativi che per un anno daranno nuovo respiro culturale alla città? Ci si muoverà nell’ambito della multiculturalità, assicura il progetto. Bellissimo. Se non fosse che il sindaco dell’Aquila non sembra avere troppa confidenza con il prefisso “multi”. Passo indietro. Siamo nel 2019. Il sindaco Pierluigi Biondi, che ha iniziato a fare politica nel Fronte della Gioventù, si oppone fieramente al Festival degli Incontri, che avrebbe dovuto svolgersi in ottobre. E perché mai? Perché nel festival, diretto da Silvia Barbagallo, erano annunciati fra gli ospiti Roberto Saviano e Zerocalcare. La motivazione venne espressa dal sindaco nel luogo consono (per tutti tranne che per il povero Michael Ende, autore de La storia infinita da cui viene, purtroppo per noi, il nome Atreju): la festa di Fratelli d’Italia. Disse Biondi: «Non ce li voglio all’Aquila perché l’Aquila è una città plurale, nobile, aristocratica, bella; è una città che non merita questo genere di cose». Corse a dargli aiuto Giorgia Meloni, non ancora premier ma già attivissima sui social, che mostrò una vignetta di Zerocalcare su Carlo Giuliani, scagliandosi contro «una festa da centro sociale».

 

L’Aquila è troppo nobile per questi sovversivi, dunque via il Festival, sostituito con la Festa della Montagna, che viene finanziata con gli stessi fondi: l’evento chiave della festa è infatti il dibattito sull’Operazione Quercia del settembre 1943, ovvero la liberazione di Benito Mussolini a Campo Imperatore da parte dei paracadutisti della Luftwaffe e del capitano delle Ss Otto Skorzeny. Tra gli evocati nella presentazione, Adelchi Serena, già podestà dell’Aquila, nonché promotore della funivia del Gran Sasso. Non è finita: nella nobile città, a marzo 2022, si decide di ospitare un organismo istituzionale come la Consulta Giovanile Comunale nella sede di CasaPound, perché, accidenti, non c’erano altre sedi disponibili.

 

Non so cosa sia lecito attendersi, a questo punto, dalla neocapitale della cultura. Nel dubbio, la cosa preziosa di oggi è Il famiglio della strega di Francesca Matteoni, uscito per effequ: se caccia alle streghe deve essere, la si faccia almeno con competenza.