Il figlio del senatur avrebbe incassato senza averne diritto 280 euro ogni mese per 43 mensilità per un ammontare complessivo di 12.800 euro per pagare una casa dalla quale era stata sfrattato, in quanto moroso. È solo l'ultimo caso di un lungo elenco di guai con la giustizia

Riccardo Bossi, primogenito del fondatore della Lega Umberto, è indagato per presunta truffa ai danni dello Stato per aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza. A svolgere le indagini è la procura di Busto Arsizio (Varese). Il figlio del "senatur" è assistito dall'avvocato Federico Magnante. Raggiunto dall'AdnKronos ha preferito non commentare: «In merito a informazioni non corrette non rispondo, ho altro da fare». Avrà ora 20 giorni di tempo per chiedere di essere ascoltato e depositare memorie difensive. 

 

Secondo gli inquirenti della procura guidata da Carlo Nocerino, l'erogazione del reddito di cittadinanza era collegata al sostegno al pagamento del canone di affitto di un appartamento sito a Busto Arsizio, dal quale però il figlio del Senatùr era stato sfrattato in quanto moroso. Di qui la contestazione del reato. Secondo quanto ricostruito dal pm, Bossi junior avrebbe percepito circa 280 euro al mese per 43 mensilità, per un ammontare complessivo di poco più di 12 mila euro.

 

Non è la prima volta che il quarantacinquenne, primogenito del fondatore della Lega finisce all'onore delle cronache. Un passato da pilota di rally, l'idea accarezzata di andare all'Isola dei famosi, Bossi è stato coinvolto anche in altre vicende giudiziarie. Grande ammiratore di Napoleone ("sono andato anche a vedere il campo di battaglia dove perse").  A busta paga di "Made in Padania Scrl", una delle "cooperative padane" che Umberto Bossi aveva fortemente voluto nel tentativo di imitare il sistema delle Coop rosse ma che già allora stavano andando a rotoli. Nel 2014 assunto come assistente da Matteo Salvini all'europarlamento, la sua frequentazione del partito è durata poco: alla politica Riccardo preferì i rally dove gareggiò come pilota ufficiale. Nel 2016 è stato portato in tribunale a Busto Arsizio con l'accusa di non aver mai pagato preziosi di lusso acquistati in una nota gioielleria della cittadina in provincia di Varese. Nel dettaglio Bossi lasciò il negozio con un Rolex Daytona, un collier di Bulgari e un anello per un ammontare complessivo di circa 27mila euro. Nel 2017 comparve con l'accusa di truffa e insolvenza fraudolenta davanti ai giudici del Tribunale di Varese per non aver pagato i conti ad un gommista, a un negozio di lampade e a un distributore di benzina. E sempre nel 2016 fu coinvolto nell'inchiesta della Procura di Milano "The Family": accusato di aver utilizzato 158mila euro delle casse della Lega per acquisti personali. Tra le voci di spesa comparivano noleggi auto, le rate dell'università dell'Insubria, l'affitto di casa, il mantenimento dell'ex moglie, l'abbonamento alla pay-tv, luce e gas e anche il veterinario per il cane. Nel 2020 è stato denunciato per non aver pagato il conto (240 euro) di una cena a base di champagne in un ristorante di Milano. Poche settimane prima aveva fatto la stessa cosa a Firenze eludendo un conto da 66 euro. Ora la Procura di Busto si prepara all'ennesima richiesta di rinvio a giudizio.