Editoriale
Che strana la destra sulla mafia. Tanto garantista con Dell'Utri, tanto giustizialista con Decaro
A Bari è stato escogitato l'espediente perfetto per sottrarre consenso al sindaco. Contro cui vengono usati gli stessi argomenti sempre rifiutati. Mentre la farsa oscura i guai giudiziari della ministra Daniela Santanchè
Bari, Comunali 2014. Il dem Antonio Decaro, ingegnere, succede a Michele Emiliano, magistrato antimafia, che va a governare la Regione: vince con il 65,40 per cento ben oltre il risultato del predecessore, di cui era stato assessore al Traffico, espugnando la Bari Vecchia ai clan e facendone un salotto pedonale. Cinque anni dopo, Decaro bissa il successo con il 66,3 per cento, in un mercato del consenso, viziato da minacce, in cui il centrodestra le escogita tutte per recuperare.
Uno spaccato lo rivela l’inchiesta “Codice Interno”, giunta a febbraio scorso al giro di boa di 137 ordinanze di custodia. Racconta dell’attivismo dell’ex consigliere regionale forzista Giacomo Oliveri per portare in Comune la moglie, Maria Carmen Lorusso, candidata eletta in una lista civica del centrodestra e figlia di un oncologo di fama e grane giudiziarie, anche lui agli arresti. Emerge che Oliveri si è procurato voti per la moglie bussando alla porta dei Parisi, il cui capo, Savinuccio, è uno dei boss della città che è riuscito a piazzare qualcuno dei suoi nei meandri della municipalizzata ai Trasporti, mentre il figlio Tommy, cantante neomelodico andava a chiudere la campagna elettorale dell’avversario di Decaro nel 2014.
Quando scattano gli arresti di febbraio scorso, però, la consorte di Oliveri ha già mollato i perdenti e si è acquartierata in maggioranza. Il centrodestra fiuta la possibilità di ribaltare la storia e rovesciare su Decaro l’accusa di contiguità mafiosa. A giugno in città si vota ed è per questo che il traccheggio barese si sposta a Roma. I big bussano alla porta del ricettivo ministro Matteo Piantedosi e gli chiedono di suggellare l’espediente. Il tratto di penna che l’autorizza è in calce all’insediamento di una commissione ispettiva che di solito anticipa lo scioglimento per mafia del Comune.
Decaro va in piazza tra migliaia di concittadini mentre il centrodestra unito vomita sulla giunta tutto quello che per anni si è sentito dire sui Dell’Utri, i Cosentino, i Pittelli e i Cuffaro. A Michele Emiliano, un po’ giudice un po’ sceriffo, incline in politica a trasversalità funamboliche e a un certo paternalismo sopra le righe, slitta la frizione e ritira fuori la storia delle minacce a Decaro, tacitate dalla sua intercessione presso Lina, una delle sorelle del boss Antonino Capriati che sarebbe andato a incontrare a casa con l’allora suo assessore. Apriti cielo.
Lina Capriati smentisce l’incontro. Decaro pure. Quelli che per anni si sono sbracciati a liquidare come futili ben altri incontri gongolano. Meloni che per tre volte da ministra si girò dall’altra parte quando c’era da sciogliere Fondi (Latina) fa scudo a Piantedosi. Redivivo Torquemada, in testa ai neogiustizialisti, si mette il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, l’ex avvocato di Silvio Berlusconi per le escort. Sotto al titolo «la foto della trattativa Pd-mafia» spunta pure il sindaco immortalato con la «sorella del boss». Solo che non si tratta di Lina ma di Lisetta e della figlia Annalisa che sono sì parenti anche loro di Antonino Capriati ma che con lui non hanno a che fare. E soprattutto la foto è del maggio 2023. Un’istantanea come tante durante la festa per la traslazione delle ossa di San Nicola da Myra.
Si potrebbe invocare il sipario su questa mediocre rappresentazione de “Il controsenso della destra per la mafia”. Ma i corifei sono ancora in scena e il deus ex machina è sempre al Viminale. Una tragedia? No, una rumorosa farsa. Mentre, facendo il verso a Celentano, la ministra sorella d’Italia Daniela Santanchè se la ride delle indagini sulla sua mirabolante carriera imprenditoriale di cui vi abbiamo detto nello scorso numero: C’è un buco nello Stato dove i soldi van giù… Reputation.