Personaggi e interpreti

Se Ilaria Salis fosse stata di Destra, Giorgia Meloni se ne sarebbe fregata così?

di Sebastiano Messina   9 aprile 2024

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Finora non si è visto nessun segno, neanche piccolo, di un intervento di Palazzo Chigi. Anzi, dopo averne amabilmente parlato con il capo del governo ungherese, la nostra presidente del Consiglio se n’è lavata le mani

Che cosa avrebbe fatto Giorgia Meloni, se una militante della destra italiana fosse stata arrestata con l’accusa di aver aggredito due estremisti di sinistra e fosse stata trascinata in tribunale con le manette ai polsi, le catene ai piedi e un guinzaglio alla vita? È questa la domanda che cerca una risposta, dopo che il giudice di Budapest ha deciso che Ilaria Salis deve restare in carcere.

 

La domanda è legittima, perché finora non si è visto nessun segno, neanche piccolo, di un intervento di Palazzo Chigi. Anzi, dopo averne amabilmente parlato con il capo del governo ungherese, la nostra presidente del Consiglio se n’è lavata le mani: «Né io né Viktor Orbán possiamo entrare oggi nel giudizio che compete alla magistratura».

 

È stato opportunamente ricordato il caso dei due marò che, dodici anni fa, fu una bandiera della destra italiana. Quando Massimiliano Latorre e Salvatore Girone furono arrestati in India, prima ancora di avviare il lungo contenzioso giuridico che portò al loro ritorno in patria, il governo di Mario Monti ottenne che in attesa del processo i due fucilieri di Marina fossero custoditi nell’ambasciata italiana a Nuova Delhi.

 

Per quanto i due casi non siano sovrapponibili – Ilaria Salis non è un soldato, ma non è neanche accusata di aver ucciso due persone – allora la prima giusta preoccupazione del governo italiano fu quella di garantire i diritti umani di quei due connazionali, che infatti nel giro di cento giorni uscirono dalle galere indiane. Nulla del genere è stato fatto per Ilaria Salis, che dopo tredici mesi è ancora nella sua cella ungherese tra cimici, topi e scarafaggi e viene condotta alle udienze con il trattamento che in Italia non viene riservato neanche a un serial killer.

 

Ora, tutti sanno che Giorgia Meloni ha un canale privilegiato con Viktor Orbán. Tra loro due non c’è solo un’antica amicizia, ma anche una robusta solidarietà politica, ovviamente nel campo della destra. Era dunque legittimo aspettarsi che la premier si adoperasse per ottenere, se non l’espulsione verso l’Italia, almeno la concessione degli arresti domiciliari. La fine di quella umiliante carcerazione le avrebbe permesso di mostrare agli italiani un importante risultato umanitario, ottenuto grazie alle sue relazioni internazionali. Invece, come sappiamo, le cose sono andate diversamente.

 

Flavia Perina, che conosce la destra italiana come le sue tasche e analizza sempre con acuta intelligenza i suoi mutamenti, ha scritto sulla Stampa che con il caso Salis il partito della premier ha segnato «una discontinuità evidente» con il suo passato, quando le donne italiane sequestrate dai fondamentalisti islamici venivano giudicate «oche giulive», «ingrate convertite all’Islam» o addirittura «finte rapite, forse d’accordo con le milizie», mentre oggi viene annunciato, con Giovanni Donzelli, che «il governo farà tutto il possibile per difendere Ilaria Salis».

 

Sarà pure un passo avanti, ma, visto che al momento «tutto il possibile» è risultato pari a zero, è inevitabile chiedersi come mai Giorgia Meloni non abbia saputo – e forse non abbia voluto – ottenere di più dall’amico ungherese. Lasciando senza risposta quella domanda iniziale: si sarebbe comportata nello stesso modo, se Ilaria Salis non fosse stata una militante anarchica antifascista?