Medio Oriente in fiamme
La Corte penale internazionale chiede l'arresto di Netanyahu e dei leader di Hamas per crimini di guerra
Ad annunciarlo Karim Khan il procuratore capo del tribunale dell’Aja, «sulla base delle prove raccolte ed esaminate» dal 7 ottobre
«Posso confermare oggi che ho buone ragioni per credere, basandomi sulle prove raccolte e esaminate dal mio ufficio, che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yaov Gallant hanno responsabilità per crimini internazionali commessi sul territorio dello Stato di Palestina, almeno dall’8 ottobre 2023. I crimini includono l’affamare i civili come metodo di guerra che ha causato grande sofferenza e danni ai corpi e alla salute. L’aver intenzionalmente ucciso e diretto attacchi contro la popolazione civile. Così come altri crimini contro l’umanità».
Così il procuratore della Corte penale internazionale de L'Aja, Karim Khan spiegato le ragioni che lo hanno spinto a presentare le richieste per i mandati d’arresto per il premier Netanyahu, il ministro della Difesa Gallant. Ma anche per tre esponenti di Hamas, Yahya Sinwar, leader di Hamas, Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, capo dell'ala militare, le Brigate Qassam, e Ismail Haniyeh, capo dell'ufficio politico di Hamas, perché considerati responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Israele e a Gaza almeno dal 7 ottobre. Come uccisioni, stupri, torture, violenze e violazioni della dignità delle persone.
Il pubblico ministero adesso dovrà richiedere i mandati a un collegio istruttorio di tre giudici, che necessiteranno di circa due mesi per esaminare le prove e determinare se il procedimento potrà andare avanti. Come scrive l’agenzia di stampa Ap, Israele non è membro della Corte penale internazionale e quindi, anche se i mandati di arresto venissero emessi, Netanyahu e Gallant non correrebbero il rischio immediato essere perseguiti. Ma l’annuncio di Khan aggrava l’isolamento di Israele mentre prosegue la guerra. E la minaccia di arresto potrebbe rendere più difficile per i leader israeliani andare all’estero.
«Forse il procuratore capo sta cercando di forzare la fine della violenza parlando il prima possibile e cercando di accrescere gli sforzi per un cessate il fuoco. Questa sembra essere una possibilità per cui ha deciso di agire in questo modo», commenta, infatti, James Bays su Aljazeera. Per chiarire le ragioni che potrebbero aver spinto Karim Khan a rendere pubblica la mossa ancora prima che questa sia effettiva: «Penso che sia interessante che abbia deciso di renderlo pubblico in questa fase perché l’altra decisione importante di Khan negli ultimi due anni è stata quando ha emesso un mandato di arresto contro Vladimir Putin e la commissaria presidenziale per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova, nel marzo 2023. A quel punto c’erano mandati di arresto. Ma ora non siamo in questa fase: la notizia è che dovrebbero esserci i mandati di arresto».
Per Wasel Abu Youssef, funzionario dell’OLP, Organizzazione per la liberazione della Palestina, la mossa del procuratore della Cpi di richiedere mandati di arresto anche per i leader di Hamas, crea «confusione tra la vittima e il carnefice». Lo stesso commento rilasciato da un ufficiale di Hamas a Reuters. Si tratta invece di una mossa simile a quelle della propaganda nazista, secondo il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, «scandalosa», secondo il ministro degli esteri Israel Katz, «un crimine di proporzioni storiche», secondo il ministro del gabinetto di guerra israeliano Benny Gantz, che aggiunge: «Tracciare parallelismi tra i leader di un paese democratico determinato a difendersi dal terrore spregevole e i leader di un’organizzazione terroristica assetata di sangue (Hamas) è una profonda distorsione della giustizia e una palese bancarotta morale».
Per chi si occupa della tutela dei diritti umani, come ha detto l’avvocato Geoffrey Nice ad Aljazeera, la richiesta del procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, di chiedere i mandati di arresto per Benjamin Netanyahu, Yaov Gallant, Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh è un ottimo passo nella giusta direzione: «Sono lieto di vedere che la legge ora occupa il posto che dovrebbe».