GIUSEPPE CONTE (M5S)
È difficile credere nella politica se ti chiedono di scrivere il nome del leader sulla scheda elettorale per prendere più voti e ti ingannano, perché già sanno che non potranno lasciare i loro incarichi per andare in Europa.
È difficile credere alla politica se alla richiesta di aumentare gli stipendi a chi guadagna 4 o 5 euro l’ora rispondono aumentando gli stipendi ai politici e ripristinando i vitalizi.
È difficile credere alla politica se ti parlano di merito e dopo aver studiato una vita ti trovi senza lavoro mentre chi è al Governo sistema parenti e amici nei posti di potere.
Pensa che faccia farebbero se NOI votassimo in massa di fronte al bivio storico dell’8 e 9 giugno.
NOI che non vogliamo altre armi in Ucraina ma più Politica vera per negoziati di pace.
NOI che vogliamo un’Italia che non si astiene e un’Europa con una voce sola e forte contro il massacro di Netanyahu sui civili palestinesi, per due popoli e due Stati. Palestina e Israele.
NOI che vogliamo alzare il livello di scontro con la corruzione e gli affaristi che inquinano le Istituzioni con i loro interessi di bottega, sprecando risorse e togliendo fondi pubblici ai sogni dei giovani.
NOI che non vogliamo una mimetica e un fucile per i ragazzi, ma sostegni sugli affitti, sull’acquisto della prima casa, borse di studio e una politica intollerante verso lo sfruttamento, gli stipendi bassi, i tirocini non pagati e quelli che “ti diamo un rimborso spese e visibilità, per lo stipendio si vedrà”.
NOI che vogliamo fare solo una guerra: contro i cambiamenti climatici. Affrontando i costi della rivoluzione “verde” con sostegni europei alle famiglie che cambiano stile di vita, alle imprese che si innovano e riducono l’inquinamento.
NOI che vogliamo cambiare il mondo del lavoro, con il salario minimo legale, con la riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio: imprese con lavoratori più motivati, con più tempo per gli affetti e la vita. Perché si lavora per vivere, non si vive per lavorare.
Se NOI votiamo, LORO non vincono.
Cambiamo le cose.
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MATTEO RENZI (Stati Uniti d'Europa)
Tante sono le ragioni dell’ astensionismo, malattia delle democrazie occidentali contemporanee. Da un lato con il crollo delle ideologie si sono svuotate le sezioni e gli oratori.
Non è più tempo di Don Camillo e Peppone, verrebbe da dire.
Dall’altro, la necessità di contenere il debito pubblico ha portato i cittadini a chiedere sempre meno risposte alla politica e a cercarle in una dimensione individuale. E ancora, gli anni del populismo e dell’antipolitica hanno portato a un’ingiusta disaffezione.
Eppure, la politica continua a incidere nella vita delle persone.
Non esiste più un muro fisico fra Berlino est e Berlino Ovest, ma con la criminale invasione russa dell’Ucraina una nuova cortina di ferro è calata sul mondo. Con confini molto meno precisi, certo, ma con un caos globale evidente. E un’Europa tragicamente assente. Se non c’è la politica, c’è la tecnocrazia a decidere per noi. Se c’è la politica, sono i cittadini a decidere chi dovrà rappresentarli e come.
Esiste però anche una responsabilità enorme nella classe politica italiana. I leader, da Meloni a Tajani, da Schlein a Calenda, si candidano pur sapendo che se eletti non andranno in Europa.
Trattano le europee come un sondaggio su loro stessi. Noi degli Stati Uniti d’Europa abbiamo fatto una scelta ben precisa: se saremo eletti, andremo davvero a Strasburgo.
Dalle scelte dell’Europa dipende il futuro delle nostre case, della nostra salute, dei nostri stipendi, delle nostre pensioni. Ecco perché chi va in Europa deve fare la differenza.
Noi abbiamo nel simbolo il sogno degli STATI UNITI d’EUROPA, non un cognome.
Stati Uniti d’Europa significa elezione diretta del presidente della commissione, significa abolizione del potere di veto, significa esercito e diplomazia comune. Significa un’Europa dei cittadini, non dei burocrati. Un’Europa protagonista nel mondo.
Andate a votare, perché quello che è in gioco non è una vittoria di uno o dell’altro schieramento, ma il futuro dei vostri figli.
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MATTEO SALVINI (Lega)
L'8 e 9 Giugno saranno grandi giornate di democrazia e partecipazione, decisive per il futuro d'Italia e d'Europa. Tuttavia, preferisco non fare appelli alla “mobilitazione”, perché in questi mesi abbiamo ascoltato fin troppe parole che richiamano l’eco della guerra. Troppe volte esponenti politici e governanti hanno ventilato con aberrante disinvoltura la possibilità di inviare al fronte soldati italiani ed europei. La storia insegna che l’idea di risolvere con più armi e più morti la complessa ferita di un conflitto è sempre l’anticamera di tragedie ancora peggiori. Ciò che invece si impone è l’urgenza di aprire una stagione diplomatica che veda il nostro Paese e l’Europa in prima fila per riannodare il filo della pace. Pace che torna a farsi parola di coraggio, di visione, orizzonte da conquistare non solo per fermare le stragi del presente, ma anche per garantire ai nostri figli e ai nostri nipoti un futuro sgombro dall’incubo della guerra.
D’altronde, è la stessa promessa che abbiamo ricevuto dalle generazioni che hanno ricostruito l’Italia dopo l’ultimo conflitto a imporci il rifiuto delle armi, nel solco della nostra Costituzione che dedica a questo impegno uno dei passaggi coraggiosi. “L’Italia ripudia la guerra”, recita l’articolo 11 con una formula inequivocabile, capace di incidere un segno indelebile nelle coscienze, prima ancora che nel testo della legge.
La polemica quotidiana non deve mai farci perdere di vista la luce dei valori che ci uniscono, da Nord a Sud, a destra come a sinistra. In questo si fonda la forza della nostra democrazia, che si mantiene tanto più viva e radicata quanto più coinvolge i cittadini nella partecipazione al dibattito pubblico, nell’ascolto critico e attento di ogni proposta, fino al momento di esprimere il proprio voto nelle urne. Alle elezioni europee dell’8 e 9 Giugno soltanto un’Italia protagonista, capace di chiamare a raccolta la saggezza di tutte le sue sensibilità etiche, culturali e politiche, potrà segnare l’inizio di una svolta di pace, benessere e prosperità per tutti i popoli del nostro continente.
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ANTONIO TAJANI (Forza Italia)
Il famoso dato secondo il quale l’ 80% della legislazione nazionale è determinata dall’Europa è un’immagine simbolica, che riprende una celebre previsione di Jacques Delors. Ma senza dubbio è un’immagine efficace. Vuol dire che l’80% delle nuove leggi, delle norme, dei regolamenti che poi applichiamo qui in Italia vengono discusse, elaborate e approvate a Bruxelles e poi “trasferite” nei singoli paesi stati della Ue.
Basterebbe solo questo per capire perché è importante andare a votare, per scegliere i migliori deputati per l’Europa. E’ un obbligo: gli assenti e gli assenteisti hanno torto.
L’Unione Europea disegna molti settori essenziali, che riguardano direttamente la vita dei cittadini. La politica economica e di bilancio dei singoli Stati, la politica agricola, la politica ambientale sono temi che si decidono in parte importante a Bruxelles. Il fatto che la legge di bilancio di ciascuno Stato per essere approvata debba passare al vaglio di Bruxelles è l’esempio più significativo.
Ma questo voto sarà decisivo per dare più voce a chi come Forza Italia lavora per costruire un’Europa vera, un’Europa che non sia una burocrazia lontana dai cittadini, ma una vera comunità di popoli. Il mondo del 21° secolo è sempre più interconnesso, i grandi protagonisti sulla scena internazionale hanno dimensioni – per popolazione, per peso economico, per potenza militare – così grandi che nessun paese europeo può pensare di competere da solo.
Per questo l’Europa deve diventare un soggetto politico, economico ed anche militare unitario. Dobbiamo andare a votare per dire chiaramente che vogliamo andare avanti sulla strada dell’integrazione. Questo a partire dalle riforme che Forza Italia propone: innanzitutto l’elezione diretta del presidente della Commissione, figura che va unificata con quella del presidente del Consiglio Europeo (l’organo che riunisce i Capi di Stato e di governo). Poi l’abolizione del voto all’unanimità in materie importanti, come la politica Estera e di Difesa comune, che oggi è quasi impossibile realizzare (adesso è come se la Florida o il Maryland potessero bloccare la politica estera degli Stati Uniti). Infine dare ai parlamentari europei il diritto di proporre leggi, come avviene in ogni parlamento nazionale, e non soltanto di approvare o respingere quelle proposte dalla Commissione.
Se la voce dei popoli europei si farà sentire con forza in questa direzione, andando a votare e scegliendo le forze politiche come Forza Italia e il PPE che chiedono un’Europa dei popoli, allora il processo di integrazione europea andrà avanti. Il voto a Forza Italia farà la differenza, perché in Europa sarà il Ppe a dare le carte, a costruire le riforme. Mentre una bassa partecipazione verrebbe letta come un segnale di indifferenza degli europei nei confronti del loro futuro, con tutte le conseguenze negative che ne possono derivare. Insisto, votare è un dovere: gli assenti e gli assenteisti avranno torto.