L'esito delle Europee è lo specchio di una crisi identitaria del Movimento 5 Stelle. Tra critiche interne e leader alternativi, l'ex premier ha ora il compito di stabilire una nuova rotta. Pena la dissoluzione

Il tracollo del Movimento 5 Stelle alle ultime elezioni europee segna un momento di svolta drammatico e forse decisivo per una formazione politica che, dalla sua nascita, ha sempre rappresentato un elemento di rottura e innovazione nel panorama politico italiano. Oggi, il M5S si trova di fronte a una crisi identitaria che non può essere ignorata. Giuseppe Conte, al centro del fuoco incrociato delle critiche interne, è chiamato a un compito arduo: rimettere insieme i pezzi di un Movimento dilaniato da contraddizioni e frizioni e indebolito dall’ultimo insuccesso elettorale.

 

Tuttavia, la questione appare ben più complessa di una semplice riorganizzazione interna. Tutti gli sguardi sono rivolti all’assemblea costituente tra settembre e ottobre che potrebbe rivelarsi un momento cruciale per ridisegnare le fondamenta del Movimento. In ballo ci sono regole storiche, come quella sul limite dei due mandati, ma anche i temi politici che hanno sempre caratterizzato il M5S. Alcuni sognano addirittura un cambio di nome e simbolo per segnare un nuovo inizio con Conte anche se dall’entourage del leader frenano, dichiarando che non è questa la priorità attuale.

 

Le critiche mosse a Conte da figure di rilievo come Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista non possono essere liquidate come semplici dissapori personali. Di Maio, in un’ampia intervista al nostro giornale, accusa Conte di avere snaturato il Movimento, rendendolo un partito ancora più chiuso e verticistico del passato. L’ex enfant prodige, che fino a poco tempo fa godeva del potere ministeriale, è ora tra i critici più accaniti del leader. Dal canto suo, Di Battista ribadisce che alla base del crollo nei consensi c’è un problema politico profondo, affermando che anche Di Maio ha la sua parte di responsabilità. A questo coro si aggiunge Davide Casaleggio che invoca le dimissioni di Conte e lamenta la perdita di identità del Movimento.

 

Se i volti noti delle origini attaccano il leader, lo zoccolo duro degli eletti in Parlamento scelti da lui sembra invece, com’è naturale, volerlo blindare. E così durante l’assemblea dei gruppi, molti parlamentari hanno chiesto a Conte di restare, ritenendo impensabile un suo passo indietro. In questo contesto di incertezza, emergono anche ipotesi su una possibile nuova leadership. Nomi come Chiara Appendino e Virginia Raggi vengono ventilati come potenziali successori, anche se l’ex sindaca di Torino minimizza, sottolineando che la leadership non è il tema centrale, ma piuttosto un vero confronto sul futuro del Movimento, mentre a sorpresa Raggi incassa il plauso di Di Maio.

 

Giuseppe Conte, con il suo impegno sul territorio in vista dei ballottaggi, ha cercato di trasmettere un messaggio di determinazione: «Siamo carichi, si va avanti. Non siamo chiusi per lutto». Ma la realtà dei fatti è che il M5S sta attraversando una crisi esistenziale che richiede risposte urgenti e incisive: continuare a far parte del campo largo coi progressisti, accontentandosi di una condizione gregaria, o ritornare a essere terzo polo che scompagina il bipolarismo? La tenuta del Movimento dipenderà dalla capacità di ritrovare una visione unitaria, originale e di rinnovare quel patto con gli elettori che sembra essersi infranto. Giuseppe Conte, pur al centro delle critiche, ha ancora la possibilità di guidare il Movimento fuori dalla crisi, ma dovrà dimostrare una leadership capace di ascoltare, mediare e soprattutto innovare.