Intervista
Matteo Renzi: «Siamo a un bivio. C'è spazio per una nuova Margherita nel centrosinistra»
«Si è chiuso un ciclo e ora dobbiamo scegliere se insistere con il Terzo Polo in solitaria o andare verso il bipolarismo. Senza accettare veti su di noi ma senza mettere veti sugli altri». Parla l'ex premier e leader di Italia Viva
Senatore Matteo Renzi qual è la sua lettura del risultato delle elezioni francesi?
«Le elezioni francesi dimostrano che vincono i riformisti se giocano la partita, come dice Raphaël Glucksmann, da adulti. In altri termini il modo per fermare la destra sovranista c’è: bisogna usare le armi della politica e non del populismo. Quelle che in Italia sono mancate all’appuntamento del 2022 per colpa di Enrico Letta che ha regalato Palazzo Chigi a Giorgia Meloni su un piatto d’argento. Invece Emmanuel Macron è stato e sarà di un altro livello».
È vero che l’errore di Marine Le Pen e Jordan Bardella è stato quello di abbandonare a un certo punto il processo di “melonizzazione”, evitando di inserire nella campagna per il ballottaggio alcune scelte più moderate?
«Io penso che fare di Giorgia Meloni un’icona a livello europeo è una cosa che raccontano soltanto quelli di Fratelli d’Italia. In altri termini un anno fa si parlava di maggioranza Giorgia in Europa. Oggi c’è una Meloni isolata che non viene considerata più come punto di riferimento nemmeno dai suoi. Più semplicemente Le Pen e Bardella non hanno mai avuto la maggioranza dei francesi, hanno avuto una maggioranza relativa, non la maggioranza assoluta. Il sistema del doppio turno, se ben congegnato come hanno fatto quelli del Fronte Popolare e quelli di Macron, è un sistema che di fatto taglia fuori gli estremisti come Le Pen e Bardella. In questo quadro, più che parlare di “melonizzazione” di altri leader, inizio ad aver paura dei problemi di isolamento dell’Italia, perché è una scelta che ci costerà molto. Giorgia è osannata dai media ma ininfluente sui tavoli internazionali. E il conto lo pagheranno gli italiani fin dalla prossima legge di stabilità».
Se lei fosse al posto di Macron, cosa farebbe ora? Cercherebbe di disintegrare il Fronte Popolare che ha appena vinto?
«Molto dipende dalle divisioni interne dei vari schieramenti. Per ora aspetterei calmando le acque e vedendo che cosa succede anche dentro gli schieramenti. A sinistra punterei più su François Hollande e Glucksmann che su Jean-Luc Mélenchon, ad esempio. Tuttavia è anche vero che il sistema del governo francese è un po’ diverso da quello italiano. Lì non c’è il voto di fiducia, c’è soltanto la mozione di censura. L’unica cosa che ci accomuna e che adesso fare un governo a Parigi sarà un bel caos».
A livello europeo Macron esce indebolito o rafforzato dai ballottaggi? Conterà di più o di meno nelle trattative per la nuova Commissione europea?
«Conterà di più perché lo davano per finito e si sono dovuti rendere conto che non è finito per niente. Dopo sette anni il presidente continua a restare in sella in modo molto forte. Giocherà sicuramente un ruolo sulla composizione della Commissione».
Ci voleva il risultato francese per far capire alla sinistra italiana che solo se si è uniti si vince? Il voto francese rilancia dunque quel campo largo che lei ha sempre osteggiato?
«Se devo indicare una soluzione direi che il futuro della sinistra parla più inglese che francese. È Keir Starmer che decide di non ostracizzare la memoria di Blair a fare la differenza. Ma bisogna essere onesti: Starmer vince anche per le divisioni della destra, con Nigel Farage, in Francia le cose sono un po’ diverse. In Francia più che presentarsi insieme per un governo, si sono presentati contro Le Pen, che già è qualcosa. In Italia abbiamo una oggettiva novità: Elly Schlein dice di non mettere veti e di non volere veti. Rispetto alla mossa suicida di Letta nel 2022 questa posizione marca un cambiamento oggettivo. Per Italia Viva è tempo di scelte. Siamo a un bivio: proviamo a rilanciare su un’ipotesi di un Terzo polo autonomo oppure prendiamo atto che il bipolarismo è più forte di noi e quindi costruiamo una Nuova Margherita per giocare la nostra partita dentro il centrosinistra? È per noi tempo di scegliere. Intanto lavoriamo sul referendum sulla autonomia, che è un argomento che spaccherà definitivamente la coalizione di governo».
All’indomani del voto francese lei ha incontrato Tony Blair a Londra, dove una settimana fa le sinistre con Keir Starmer hanno vinto le elezioni politiche. Starmer, Macron, Blair, tutti e tre lontani dai radicalismi. C’è ancora spazio anche in Italia per un’area riformista?
«Non soltanto c’è ancora spazio, ma sarà lo spazio decisivo per vincere le elezioni. Io credo che i risultati in Uk e in Francia dimostrino che il futuro del centro è decisivo per il futuro del Paese. Certo, dispiace che ci sia stato chi, come Carlo Calenda, per i propri inspiegabili e ingiustificati infantilismi ideologici abbia distrutto la prospettiva del Terzo Polo. Non capisco chi dice: hanno sbagliato tutti. No, tutti noi abbiamo proposto una lista unitaria accogliendo l’idea di Emma Bonino. Calenda, solo lui, ha voluto rompere. E tuttavia la necessità del centro riformista è evidente. Quindi penso e credo che il centro riformista sia più forte che mai. Poi magari dovrà allearsi, ma è comunque un centro riformista che segnerà la vittoria alle prossime Politiche».
Dopo il fallimento dell’alleanza con Bonino alle Europee e la frattura, il divorzio con Calenda cosa farà ora Matteo Renzi?
«Dicevano che non mi voleva votare nessuno, eppure sono molto soddisfatto delle oltre duecentomila preferenze prese in quattro circoscrizioni. Un dato pazzesco per un partito che non ha raggiunto il 4%. Tuttavia non aver raggiunto il quorum mi fa sentire come il giocatore che ha fatto una gran partita, ha segnato una tripletta, ma la squadra è stata eliminata. Dobbiamo prendere atto che per Italia Viva si chiude un ciclo. Sono stati cinque anni esaltanti: abbiamo cominciato mandando a casa Matteo Salvini al Papeete, poi l’operazione Giuseppe Conte-Mario Draghi, quindi abbiamo salvato il Quirinale dall’arrivo di una dirigente dei servizi segreti, abbiamo costruito un Terzo Polo che solo l’incultura politica di Calenda poteva distruggere. Oggi abbiamo due gruppi parlamentari importanti e dobbiamo agire da adulti, per dirla con Glucksmann, scegliendo se insistere con il Terzo Polo in solitaria o rassegnarsi al bipolarismo e accettare la sfida di un centrosinistra larghissimo, senza accettare veti su di noi ma a quel punto senza mettere veti sugli altri. Questo è il tema vero. Io ho una unica ambizione: affermare le ragioni della politica e non del populismo. Perché questo mondo pazzo ha bisogno di più politica. E io darò una mano giocando a centrocampo, non da centravanti».