Israele anticipa la rappresaglia di Hezbollah. Missile russo sull'hotel dei reporter. Arrestato il fondatore di Telegram. Veto del M5s su Renzi: "Fa cadere i governi, no ad alleanze" I fatti da conoscere

Attacco Israele anticipa Hezbollah. Dal Libano 320 razzi
L'ora zero era precisa: le cinque del mattino di domenica quando, secondo le intelligence internazionali, i miliziani sciiti del Libano devoti all'Iran avrebbero dovuto lanciare - dopo 26 giorni di indecisioni - la vendetta contro Israele per l'uccisione del loro capo militare Fuad Shukr a Beirut. L'informazione era talmente puntuale che prima delle 4 dalla 'fossa' della Kirya, il bunker del ministero della Difesa a Tel Aviv, il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha dato il via al contropiede dal campo israeliano. Cento caccia si sono alzati in volo nello stesso momento dalle basi militari diretti verso il Libano meridionale, dove hanno bombardato e distrutto migliaia di lanciarazzi di Hezbollah in quaranta postazioni diverse, di cui molti nelle vallate e lontano dai centri abitati, stando alle dichiarazioni dell'esercito israeliano. Secondo cui solo diverse centinaia erano destinati a essere utilizzati in questo attacco a Israele.

Negli stessi momenti in cui partivano i raid aerei è stata disposta la chiusura dell'aeroporto internazionale di Tel Aviv. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha dichiarato 48 ore di stato d'emergenza nel Paese e il premier Benyamin Netanyahu ha convocato il Gabinetto di sicurezza. La Casa Bianca ha informato che stava seguendo la situazione. I soldati del Partito di Dio, quando i jet israeliani hanno finito velocemente il loro lavoro, hanno risposto tirando contro il nord dello Stato ebraico, a poche centinaia di metri, salve di razzi e droni: 320 in tutto, hanno riferito i media libanesi legati a Hezbollah, diretti principalmente contro 11 basi militari dell'Idf.

Aprendo il Gabinetto di sicurezza alle 7 del mattino Netanyahu ha fornito la prima dichiarazione pubblica della giornata: "Abbiamo scoperto i preparativi di Hezbollah, che era pronto ad attaccare Israele, abbiamo dato ordine all'esercito di agire subito per eliminare la minaccia". Cioè un'offensiva scattata per prevenire un attacco massiccio. Più tardi, davanti al Gabinetto di governo, il primo ministro ha aggiunto: "Siamo determinati a fare di tutto per difendere il nostro Paese, per riportare gli abitanti del nord nelle loro case e sostenere una semplice regola, se qualcuno ci fa del male, noi rispondiamo facendogli del male". Dall'altra parte del confine, in Libano, la risposta si è fatta aspettare fino al pomeriggio inoltrato quando finalmente il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah, ha preso la parola per dire che il "nemico israeliano ha superato la linea rossa uccidendo Shukr". "La risposta - ha spiegato - è stata ritardata fino ad oggi per molti fattori, tra i quali i negoziati per il cessate il fuoco a Gaza". Confermando, come avevano già riferito fonti della sicurezza israeliana, che "l'obiettivo principale era la base di Glilot", dove ha sede il quartier generale del Mossad e la base dell'unità 8200, corpo d'élite dell'intelligence, oltre a una non meglio specificata base di difesa aerea. "Abbiamo lanciato più di 300 razzi di tipo Katyusha alle 5,15 e per la prima volta droni dalla Bekaa", ha detto Nasrallah. Poi ha concluso che se i risultati dei raid di domenica mattina fossero insufficienti, Hezbollah si riserva "il diritto di rispondere in un secondo momento". Ma, soprattutto, il leader delle milizie libanesi ha messo l'accento sul fatto che l'Idf non ha colpito nessuna rampa di lancio e ha effettuato solo un raid notturno. Affermazione smentita in anticipo dalle dichiarazioni ai media internazionali di alcuni residenti del sud del Libano che hanno visto arrivare le centinaia di missili israeliani prima della preghiera del mattino e hanno detto di aver pensato che fosse "giunta l'apocalisse". Netanyahu dal canto suo ha avvertito: "Nasrallah a Beirut e Khamenei a Teheran devono sapere che quello che è successo oggi non è la fine della storia, non si conclude qui". Poche ore dopo la fine degli attacchi sui due fronti, le restrizioni di sicurezza in Israele, escluso il nord, sono state ritirate, e l'aeroporto è stato riaperto. Ma in serata, la tensione è tornata a salire quando un boato si è udito a Tel Aviv e le sirene sono scattate Rishon Lezion, a sud della città israeliana, per il lancio di un razzo rivendicato dalle Brigate Al-Qassam, il braccio armato di Hamas, "in risposta ai massacri israeliani contro i civili e allo sfollamento del popolo palestinese". Stando all'Idf, il missile è caduto in un'area aperta e una donna di 26 anni è rimasta ferita mentre raggiungeva un rifugio. Hezbollah ha fatto intendere che per il momento l'operazione è conclusa. Insomma, la dimostrazione di forza per il pubblico c'è stata. E forse questo può bastare a Nasrallah. Ma, questione più importante di tutte, è che il pericolo di una guerra più ampia che da settimane incombe sul Medio Oriente, sembra essersi attenuato.

 

Missile russo sull'hotel dei reporter: un morto tra la squadra della Reuters e quattro cronisti feriti
Ryan Evans, membro del team di Reuters che segue la guerra in Ucraina, è stato ucciso e due giornalisti Reuters sono rimasti feriti nell'attacco all'hotel nella città di Kramatorsk. Lo conferma Reuters sul suo portale spiegando che Evans lavorava come consulente per la sicurezza dell'agenzia ed era parte del team di 6 persone che alloggiava nell'hotel colpito nel raid. Ex soldato britannico, Evans lavorava con l'agenzia dal 2022 e forniva consulenza ai suoi giornalisti sulla sicurezza in tutto il mondo, tra cui in Ucraina, Israele e alle Olimpiadi di Parigi.

In precedenza Reuters aveva parlato di un disperso tra i membri del suo team in seguito all'attacco. E successivamente le autorità ucraine avevano riferito del ritrovamento di un corpo tra le macerie dell'hotel identificandolo come "un giornalista britannico". "Evans è stato ucciso dopo che un missile ha colpito l'Hotel Sapphire, dove alloggiava come parte di un team di sei persone", ha affermato Reuters in un comunicato. Due giornalisti dell'agenzia sono stati ricoverati in ospedale e uno di loro è rimasto gravemente ferito, ha aggiunto l'agenzia. "Stiamo cercando urgentemente maggiori informazioni sull'attacco, anche collaborando con le autorità di Kramatorsk, e stiamo supportando i nostri colleghi e le loro famiglie", ha affermato Reuters. "Inviamo le nostre più sentite condoglianze e i nostri pensieri alla famiglia e ai cari di Ryan. Ryan ha aiutato così tanti dei nostri giornalisti a coprire gli eventi in tutto il mondo; ci mancherà terribilmente", ha detto Reuters.

Gli altri tre membri del team Reuters che si trovavano nell'hotel al momento dell'attacco sono sani e salvi, ha detto l'agenzia. Il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato che l'hotel è stato colpito da un missile russo balistico Iskander, che può colpire a distanze fino a 500 km. "Un normale hotel cittadino è stato distrutto dall'Iskander russo", ha detto nel suo discorso serale, aggiungendo che l'attacco è stato "assolutamente intenzionale, ponderato. Le mie condoglianze alla famiglia e agli amici". Il Ministero della Difesa russo non ha risposto a una richiesta di commento, ha sottolineato Reuters specificando di non essere stata in grado di verificare in modo indipendente se il missile che ha colpito l'hotel sia stato sparato dalla Russia o se si sia trattato di un attacco deliberato a quell'edificio.

 

Siriano arrestato a Solingen. Il sospetto che sia membro dell'Isis
La procura federale tedesca ha convalidato il fermo e confermato il sospetto: il siriano di 26 anni, che si è consegnato alle forze dell'ordine per la strage di Solingen "condivide l'ideologia di Isis" e si è "unito" all'organizzazione terroristica prima del 23 agosto. Nella città tedesca del Nordreno-Westfalia, due giorni dopo il massacro che ha trascinato nel lutto una comunità in festa per il giubileo dei 650 anni, si piangono i morti e si elabora lo shock fra celebrazioni religiose e riti collettivi. Fiori, candele accese e messaggi davanti alla piazza del mercato, ancora transennata dalla polizia per le indagini. E ai tedeschi arrivano anche le parole del presidente Sergio Mattarella, che ha espresso il cordoglio "per il vile attentato che ha insanguinato la città di Solingen, suscitando orrore e profonda tristezza".

Mentre in serata hanno sfilato per le strade cortei di ideologie opposte: gli antifa e i giovani di Afd, il controverso movimento della Junge Alternative, monitorato dai servizi. Nella tragedia c'è almeno una buona notizia: le quattro persone fino a ieri in pericolo di vita sono uscite dalla situazione di rischio, come ha annunciato all'ANSA la polizia di Duesseldorf. E fra gli otto feriti, sei uomini e due donne, non ci sono italiani, viene anche confermato. Sulle tre vittime di questa ordinata cittadina da 161.000 abitanti, famosa peraltro proprio per i suoi coltelli, nella Repubblica s'infiamma il dibattito politico. A surriscaldare gli animi, a una settimana dalle elezioni in Sassonia e Turingia dove l'ultradestra è in netto vantaggio, anche la circostanza che l'attentatore avrebbe dovuto essere espulso nel 2023. Ed è la Bild, in serata, a scrivere che questo non sarebbe accaduto a causa del lassismo degli enti addetti alle procedure.

A Bielefeld, dove era arrivato a dicembre del 2022, il siriano non aveva ottenuto il diritto di asilo e avrebbe dovuto essere rimandato in Bulgaria. Chi avrebbe dovuto reperirlo però "bussò alla sua porta soltanto una volta". E quattro giorni dopo la scadenza della misura, il giovane - evidentemente ben guidato - ritirò il ricorso sul trasferimento, riuscendo poi ad ottenere una "protezione sussidiaria". Al Hasan, che non figurava nella lista dei soggetti pericolosi della scena islamista si era evidentemente radicalizzato: la procura di Karlsruhe, dove oggi è stato trasportato in elicottero da agenti pesantemente armati, ha scritto in una nota: "è fortemente sospettato di far parte dell'Isis", per lui viene disposta la detenzione preventiva. "Issa Al H condivide l'ideologia dell'associazione terroristica straniera "Stato Islamico" e si è unito all'organizzazione in un momento non meglio specificato precedente al 23 agosto- si legge ancora -. A causa delle sue convinzioni radicali islamiste era arrivato alla conclusione di uccidere un numero possibilmente grande di persone dal suo punto di vista infedeli alla festa di Solingen il 23 agosto. Sul posto con un coltello ha colpito ripetutamente dietro la schiena, mirando al collo e alle parti superiori del corpo i visitatori del festival". A Solingen si consumano rabbia e dolore. "Grazie Merkel, partito dei verdi", si legge in uno dei messaggi fra i fiori. La pressione sul governo è molto forte, lo scontro politico si inasprisce. Così se il vice cancelliere Robert Habeck ha rivendicato più soldi per un polizia meglio attrezzata contro il terrorismo e una legge più dura sulle armi e i coltelli, l'opposizione guidata da Friedrich Merz è insorta: stop alla concessione dell'asilo per siriani e afghani. "La colpa non è del coltello", titola Faz, "è la politica sui rifugiati a dover cambiare". Toni forti, ma non è detto che basti per strappare i voti a Bjoern Hoecke.

 

Meloni prepara la ripresa: "Avanti uniti sul programma"
Ora l'estate è finita e non è il tempo delle bandierine ma della responsabilità. Di portare avanti il programma di governo, a partire dalle misure per famiglie e imprese che si proverà a rafforzare nonostante i margini per la manovra siano risicati. Per l'alto debito, e anche per le regole del nuovo Patto di Stabilità. Sarà più o meno questo il tenore dell'accoglienza che Giorgia Meloni riserverà ad Antonio Tajani e Matteo Salvini, invitati il 30 per un vertice, "tutto politico" assicura chi le ha parlato, che serva a tirare una riga sulle faide agostane (da giustizia e carceri allo Ius scholae) da cui lei si è tenuta ben lontana.

La premier sta per tornare a Palazzo Chigi, lunedì o martedì, dopo un paio di settimane di vacanza in cui è intervenuta solo a difesa della sorella Arianna (che ha peraltro appena annunciato la fine della sua storia con Francesco Lollobrigida). I ministri alla spicciolata stanno già iniziando a rientrare a Roma per riavviare le attività, che al Mef, di fatto, non si sono mai interrotte. Non c'è solo la legge di Bilancio da mettere a punto ma pure il Piano strutturale, che si vorrebbe chiudere alla svelta, nella prima decina di giorni di settembre, per lasciare al Parlamento di lì al 20 lo spazio, promesso dallo stesso Giancarlo Giorgetti, per esaminare il nuovo documento, che non è ancora previsto dalle norme interne di contabilità. Ma non dovrebbe essere la manovra il piatto forte del menù del vertice, anche perché sui capisaldi (il cuneo, le tasse, le famiglie, il sostegno alle imprese), non c'è disaccordo tra gli alleati. Certo, il tema delle pensioni potrebbe creare qualche attrito (la Lega guarda alle uscite anticipate, Fi ad aumentare le minime) ma il dossier non sarebbe ancora definito. Meglio rinviare la discussione, e intanto concentrarsi sulle questioni più urgenti, rimaste in sospeso con la pausa ferragostana.

L'impasse sulla Rai sarà il primo da affrontare. Il Cda è scaduto, la presidente si è dimessa. E ancora non sono state avviate le procedure per le nuove nomine. Le Camere prima di chiudere i battenti hanno fissato a settembre le sedute per votare i consiglieri. Poi c'è la Vigilanza, dove rimane lontana una intesa con le opposizioni: si starebbe sondando, dopo il niet di Italia Viva, il Movimento 5 Stelle ma prima va certificato l'accordo di maggioranza. Lo schema resta quello iniziale con l'attuale dg Giampaolo Rossi (voluto da Meloni) che diventerebbe ad e Simona Agnes, consigliera in quota Fi, presidente. Un accordo di massima c'era ed era stato raggiunto al tavolo più ampio delle nomine (che ha visto un ricambio ad esempio in Ferrovie), quindi, è il ragionamento dei meloniani, non dovrebbero sorgere questioni da parte dei leghisti. Altrettanto complicato sarà venire a capo dell'annosa questione delle concessioni per le spiagge: la Commissione spinge per le gare (che molti Comuni, nel frattempo, hanno già avviato).

La maggioranza ha promesso proroghe ai balneari che non passerebbero a Bruxelles, dove il dossier è a un passo dalla Corte di giustizia. In attesa di una soluzione dovrebbe slittare ancora il decreto salva-infrazioni, atteso già a inizio estate. Motivo per cui potrebbe non esserci in settimana un Consiglio dei ministri, che in molti ipotizzano, tra il 27 e il 28, ma che al momento non trova conferme. Anche perché per formalizzare l'indicazione di Raffaele Fitto per la nuova commissione Ue un passaggio in Cdm non è necessario. La scadenza per inviare la lettera a Ursula von der Leyen è il 30 agosto ma non è escluso che possa partire qualche giorno prima (all'appello, oltre all'Italia, mancano solo altri 4 Paesi). Un po' meno complessa potrebbe essere invece la partita ligure. Certo, il caso Toti peserà alle urne ma, complici anche le divisioni nel centrosinistra, qualche speranza di non perderla comincia ad affacciarsi. In pole, salvo ripensamenti, rimane il nome di Ilaria Cavo, di fede totiana. Mentre sarebbe tramontata l'idea di convincere le Regioni all'election day. 

 

Veto del M5s su Renzi: "Fa cadere i governi, no ad alleanze"
È l'ennesimo, e forse definitivo, veto di Giuseppe Conte su Matteo Renzi ad agitare le acque del campo largo. La leader del Pd Elly Schlein aveva auspicato una navigazione sicura e "testardamente unitaria" verso le prossime sfide alle Regionali. "Niente veti", aveva avvisato. Ma le nuvole cominciano ad addensarsi: tormenta in arrivo, soprattutto sulla Liguria. Dove il leader del M5s proprio non vuole arruolare Italia Viva nell'equipaggio del centrosinistra. E dove non ha ancora sciolto le riserve sul candidato unitario della coalizione. Mentre il dem Andrea Orlando, da settimane in pole position per la candidatura, invita a "fare presto" e ipotizza il passo indietro. La partita, però, sembra complicarsi ora per ora. A Genova, come a Roma. Perché il veto di Conte non si limita ai confini liguri. "In tanti mi fermano per strada - dice - e mi implorano di non imbarcare Renzi. Temono la sua capacità demolitoria, si è sempre distinto per farli cadere, i governi, anziché per farli durare". Lo sguardo è rivolto anche alla costruzione dell'alternativa al governo Meloni. "Per aggregare un due o tre per cento di voti, - aggiunge Conte parlando di Iv - si farebbero scappare tutti gli elettori del M5s e anche una buona parte di quelli del Pd". L'alleanza, insomma, non s'ha da fare. A ribadire la linea, tra gli stand del Meeting, arriva anche il capogruppo dei 5 Stelle al Senato Stefano Patuanelli.

"Non si possono fare alleanze con Renzi, non si può basare un rapporto che deve essere serio su una fiducia che non c'è ", dichiara. Accanto a lui, sulle poltrone del panel di Rimini, siede la coordinatrice di Italia Viva Raffaella Paita, che a margine ribatte al muro pentastellato. "Provocatorio e sbagliato il veto di Conte, ma capisco che abbia difficoltà interne", afferma suggerendo una diversa chiave di lettura. Botta e risposta, che non facilita lo sblocco del cantiere del campo largo in Liguria. Paita ribadisce l'importanza del "contributo del centro riformatore" per contendere la Regione al centrodestra. "Se invece la spinta è andare come sinistra, punto e basta, vedo questo percorso più difficile, ma continuo a essere fiduciosa sul metodo Schlein", incalza. Dubbi su Iv restano anche in Alleanza Verdi e Sinistra e in una parte dell'ala sinistra del Pd. Mentre Orlando lancia l'ultimatum. "Non perdiamo tempo prezioso, la mia disponibilità è una carta sul tavolo della coalizione, se non dovesse servire va tolta e ne va verificata un'altra", ribadisce il dem. Uno dei nomi in campo resta quello del senatore pentasellato Luca Pirondini. Ma la strada è in salita. Anche la governatrice della Sardegna Alessandra Todde si infila nella bagarre. "Allargare il campo non vuol dire accettare tutti i compromessi", scandisce alla festa dell'Unità di Reggio Emilia. Dal centro, anche Azione alza il tiro. "Il campo politico disegnato da Conte - dice Osvaldo Napoli - non coincide con il perimetro dell'Occidente. Senza un chiarimento di fondo sulla linea politica del Pd, sarà difficile costruire un'alternativa". Pierluigi Bersani prova a tenere la barra dritta: "bisogna trovare una soluzione che dica no ai veti e no alle ambiguità". 

 

Levata di scudi per il fondatore di Telegram: "L'arresto è attacco a libertà"
Manette in Francia al fondatore di Telegram, il francorusso Pavel Durov, che scatenano l'ira di Mosca e la levata di scudi di personaggi del calibro di Elon Musk ed Edward Snowden, oltre al neo trumpiano Robert F. Kennedy Jr, convinti si tratti "dell'ennesimo attacco alla libertà di parola". Durov, 39 anni, è stato fermato sabato sera all'aeroporto parigino di Le Bourget, dove era arrivato a bordo di un jet privato proveniente da Baku in Azerbaigian. Il fermo è scattato per un 'mandato di ricerca' francese, spiccato sulla base di un'indagine preliminare dell'ufficio per la violenza sui minori. Tra le accuse ancora non formalizzate ci sarebbero frode, traffico di droga, cyberbullismo, criminalità organizzata e promozione del terrorismo sulla piattaforma. "L'impunità di Telegram è finita", ha detto una fonte della Procura. Il teorema dell'accusa però si è scontrato con gli appelli alla liberazione di Durov lanciati a caldo dal patron di X, Elon Musk: "Tempi pericolosi", ha scritto con l'hashtag '#FreePavel' e ironizzando sul motto francese, trasformato in "'Liberté, Liberté!, Liberté?'". Ancora più spigoloso Edward Snowden, l'ex talpa dell'Nsa americano riparato in Russia. "L'arresto di Durov è un attacco ai diritti fondamentali di libertà di parola e di associazione", ha scritto. "Sono sorpreso e profondamente rattristato che Macron sia sceso al livello della presa di ostaggi come mezzo per ottenere l'accesso alle comunicazioni private. Abbassa non solo la Francia, ma il mondo". Durov, un patrimonio stimato da 15 miliardi di dollari, ha iniziato la sua carriera fondando nel 2006 VKontakte, social più utilizzato nel mondo ex sovietico. Ma dopo le pressioni del Cremlino e il rifiuto di bloccare i canali dell'opposizione, nel 2014 decide di lasciare, vendendo le sue quote per 300 milioni di dollari. Nel frattempo era iniziato lo sviluppo di Telegram, creato assieme al fratello Nikolaj: lanciato nel 2013 scala presto la classifica dei social più utilizzati al mondo, e 11 anni dopo conta quasi un miliardo di utilizzatori al mese. La caratteristica principale, assicurano i creatori, è la sua impenetrabilità. "Preferisco essere libero invece che prendere ordini da qualcuno", ha detto in un'intervista a Tucker Carlson lo scorso aprile. La sua piattaforma attira l'interesse delle intelligence di mezzo mondo, per questo è molto prudente: "Non viaggio in Paesi come la Cina, la Russia, neppure gli Stati Uniti. Potrei, ma c'è troppa attenzione da parte di Fbi e delle altre agenzie". Tanto che Telegram da 7 anni ha sede a Dubai, perché, dice, gli Emirati sono un Paese "conveniente, neutrale e non allineato". Perché allora il plurimiliardario è rientrato in territorio francese dove era ricercato? Ad alimentare il mistero ci ha pensato Kiev, tirando in ballo un fallito incontro con lo zar del Cremlino e paragonando Telegram a 'Enigma', il dispositivo per cifrare e decifrare messaggi utilizzato dai nazisti e bucato dagli 007 britannici nel corso della Seconda guerra mondiale. "È possibile che Pavel Durov abbia chiesto un incontro con Vladimir Putin a Baku qualche giorno fa, ma gli è stato rifiutato", ha scritto - proprio su Telegram - il capo del Centro per la lotta alla disinformazione di Kiev, Andriy Kovalenko. "L'arresto di Durov può essere paragonato all'hackeraggio di Enigma da parte degli inglesi durante la Seconda guerra mondiale". Addirittura, secondo Kovalenko, "il caso Durov potrebbe anche far crollare l'intera rete di agenti russi in Europa". In Russia intanto, mentre alcuni dimostranti hanno lanciato aerei di carta - come il logo di Telegram - sull'ambasciata francese a Mosca, e l'ambasciata russa a Parigi accusa la Francia di "non collaborare", il falco Dmitry Medvedev ironizza. Durov "voleva essere un brillante 'uomo di mondo' che vive benissimo senza patria", ma "ha sbagliato i calcoli, i nemici che ora abbiamo in comune lo vedono come un russo e, quindi, imprevedibile e pericoloso". "È giunto il momento che Durov capisca che non si può scegliere né il Paese d'origine né l'epoca in cui si nasce".