Attualità
9 agosto, 2025Dopo la mortedi quatto vigili ad Arezzo, segnalata ai familiari, una serie di casi analoghi in tutta Italia. L’Emilia ha già commissionato uno screening. Sospetti sulle attrezzature
Il pompiere paura non ne ha. L’urlo che ha sempre accompagnato il lavoro dei vigili del fuoco è volto ai pericoli che si possono vedere, gli incendi, le frane, le alluvioni e le imprese impossibili. Se di quello che si vede, che è tangibile, il pompiere paura non ha, negli ultimi anni i pompieri hanno paura di altro, di quello che non si vede, di malattie e strane morti collegate a quello che prima di essere un lavoro è una vera e propria missione.
A porre la questione sono i parenti di coloro che hanno lavorato nella caserma dei pompieri di Arezzo, dove tra il 2022 e il 2023, almeno quattro vigili del fuoco sono morti per un raro tumore, glioblastioma, che colpisce 3 persone ogni 100 mila. Antonio Ralli, Mario Marraghini, Maurizio Ponti e Roberto Parlascino: quattro morti su 200 persone in appena un anno tra i pompieri di Arezzo. Un numero talmente elevato da autorizzare una correlazione tra il lavoro svolto e la malattia.
«Mio padre si è ammalato l’anno successivo al pensionamento – racconta Alessio Marraghini, infermiere, figlio di Mario – dopo abbiamo scoperto che altri della sua caserma si erano ammalati dello stesso tumore, ma lui non aveva pensato che la malattia potesse essere collegata con il lavoro che ha fatto tutta la vita».
Il figlio comincia a fare ricerche subito dopo la morte del padre, contatta anche gli altri che si sono ammalati e conosce Matteo Ralli, figlio di Antonio, vigile anche lui colpito dal raro tumore che colpisce il cervello e in poco più di un anno ti toglie la vita. Insieme cominciano a diffondere la voce di quanto accaduto ai media locali e iniziano così a ricevere chiamate e segnalazioni da tutta Italia: Matera, Potenza, Pescara, Roma, Bologna, Genova, Terni, un tumore che dovrebbe essere raro, sembra avere mietuto vittime nelle caserme dei vigili del fuoco di almeno venti città d’Italia.
A Bologna lo stesso tumore ha stroncato almeno un altro vigile ed è proprio questo che ha portato la Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con l’Università di Bologna, a effettuare uno screening ematologico ai vigili del fuoco delle caserme emiliane, uno studio che si estenderà anche ad Arezzo.
La voce di Alessio Marraghini e Matteo Ralli che hanno fondato anche l’associazione “Salute e prevenzione per i vigili del fuoco”, creando una pagina Facebook per raccogliere le segnalazioni, è arrivata anche al ministero dell’Interno attraverso un’interrogazione del deputato Marco Simiani. Il parlamentare dem ha sollecitato invano uno screening a campione anche in altre caserme italiane, per rintracciare i fattori di rischio connessi alla malattia e comprendere come intervenire.
«Ho raccolto il testimone da mio padre – dice Matteo Ralli – che per anni lottava all’interno del sindacato e subito dopo aver saputo del tumore aveva ammesso di essere ben consapevole che prima o poi si sarebbe ammalato. L’obiettivo – aggiunge – non è quello di ottenere risarcimenti, ma quello di sensibilizzare i pompieri sui rischi di tumori collegati al loro lavoro».
Se i rischi, affrontando incendi e quindi aria inquinata, sono già tanti, c’è anche dell’altro: fino al 2018 le tute fornite ai pompieri, poi sostituite, contenevano Pfas, sostanza altamente cancerogena, alla quale sono stati imputati morti in Veneto, dopo che tracce delle molecole sono state trovate nelle acque pubbliche. E queste sostanze si trovavano anche nelle schiume usate per spegnere gli incendi, anche queste sostituite nel 2020, ma ancora presenti nelle caserme degli aeroporti italiani.
«Casi simili ci sono stati anche in America e in altre parti del mondo – spiega ancora Matteo – noi abbiamo raccolto la bibliografia e chiediamo che anche i nuovi dispositivi vengano analizzati, perché non sappiamo se le tute utilizzate adesso sono sicure». Il sospetto è che l’usura delle tute, le cosiddette Nomix, infatti, possa portare a una dispersione di particelle inquinanti, che arrivano poi all’organismo dei pompieri, scatenando tumori, come quello raro, al cervello, che ha colpito i vigili di Arezzo. Mentre si aspettano i risultati degli screening e verrà effettuata anche un’analisi dell’acqua e dell’aria nelle caserme coinvolte, il caso è arrivato alla Procura, con associazioni che hanno segnalato la vicenda in 36 diversi tribunali d’Italia.
È già arrivato da tempo in Procura anche il caso di vigili del fuoco di Lampedusa, almeno dieci morti per tumore, la cui responsabilità converge sulle onde di un radar dell’aeronautica militare. Dopo almeno 10 anni dalla prima segnalazione, dopo tre diverse interrogazioni, una all’Europarlamento, e il silenzio da parte delle istituzioni, i pompieri e i familiari di quelli che hanno perso la vita hanno intrapreso la strada legale, una via che potrebbero seguire anche coloro che oggi denunciano le strane morti in tutta Italia: «C’è una normativa che tutela coloro che si sono esposti a un rischio straordinario – spiega l’avvocato Andrea Bava, che ha già ottenuto diverse pronunce favorevoli in casi analoghi – quando c’è un pericolo anomalo nel lavoro, in questo caso quello dei vigili del fuoco, si può agire insieme e dimostrare che i lavoratori, facendo questo, sono stati esposti a rischio, ci sono state già parecchie sentenze che hanno fatto giurisprudenza per eventi simili a questo».
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