Televisione
16 agosto, 2025Scompare il gigante che ha inventato tutto. Il super eroe che ha scoperto chiunque. E che nessuno è riuscito a imitare
In un mondo che corre veloce la scomparsa di Pippo Baudo è come un fermo immagine. Una pausa, davanti a un pezzo di roccia che cade dalla montagna, in apparenza immobile ma che all’improvviso non è più, non sarà più la stessa. Il gigante se ne è andato e solo ad azzardare il pensiero ci si accorge che basterebbe dire che con lui scompare la televisione. La sua. Quella che ha inventato a poco a poco e che è diventata un modello, metro di paragone inamovibile. Perché ancora oggi non c’è uno show, innovativo o meno, un Festival di successo, un salotto pomeridiano che non faccia i conti con quello che Baudo ha costruito in oltre sessant’anni di lavoro minuzioso e giacche ben stirate.
Quel senso di ordine, di educazione e soprattutto di cura delle cose l’ha insegnata proprio lui, Pippo, e poi super Pippo, l’uomo nato in bianco e nero che ha attraversato con quel passo lungo, ciondolando le braccia smisurate, il palco di un’Italia in trasformazione. Bravo presentatore per eccellenza, praticamente tutta una parola. Portatore sano di conduzione compunta, non aveva tic, tormentoni, frasi fatte. Non la bonarietà di Corrado, la scintilla di Raffaella, la gigioneria di Mike.
Nessuno riusciva a imitare quella sua voce stentorea, siciliana senza accento, pochi scavavano nella sua vita privata senza clamori, di cui si ricorda al massimo quel matrimonio con la sposa in ermellino e un divorzio lontano. Ma si concedeva, nella sua cura maniacale del dettaglio il guizzo del divertimento. Come quando si lasció andare all’estro puro del padre Pennellone nei Promessi Sposi del Trio, o quando si lascio andare al duetto con Rovazzi.
A lui si devono, tra gli altri, Sette voci e Fantastico, Domenica in e tredici Sanremo, comprensivi di ira di Martelli, tentato suicidio e dimenticabili interviste.
Talent scout di razza al punto da diventare modo di dire (“L’ho scoperto io!”), musicista e avvocato, spalla e protagonista, ma soprattutto creatore dal nulla di un intrattenimento televisivo che da informe nei decenni si è plasmato a sua immagine, nel nome ormai perduto del varietà. E pur crescendo e diventando altro, non ha smesso di girare lo sguardo verso lo specchio. Per aspettare un cenno d’assenso di quel gigante di Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo da Militello.
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