Una piattaforma di idee che riunisce le anime del mondo cattolico. Non è chiaro se il movimento diventerà organico al Partito democratico, ma è principalmente a esso che si rivolge per ottenere spazio

Fraternità è la parola chiave del lessico di Comunità Democratica, il movimento battezzato dal deputato democratico Graziano Delrio a Milano il 18 gennaio, chiamando a raccolta i cattolici democratici che hanno deciso di imboccare una strada nuova, uscendo dal silenzio degli ultimi anni. Il volto dell'operazione è Ernesto Maria Ruffini. La proposta più nitida emersa oggi è quella di guardare ai prossimi appuntamenti elettorali con la prospettiva di una maggioranza Ursula. E comunque, dalla piattaforma di idee che riunisce le anime del mondo cattolico non nascerà un nuovo soggetto politico. Non è chiaro se il movimento diventerà organico al Partito democratico, l'ennesima corrente, ma è principalmente a esso che si rivolge per ottenere spazio.



La genesi dell’evento risale alla Settimana sociale di Trieste, svoltasi lo scorso luglio. Sembrava che la politica potesse fare a meno dei cattolici, e invece ha mostrato, come ha detto la vicepresidente del Comitato Scientifico dell’evento Elena Granata, che «c’è una nostalgia del paese del futuro, che non si trova nei luoghi ordinari». Il convegno milanese dà forma a questo desiderio di partecipazione, parlando a una sala gremita da tanti adulti e pochi giovani di un nuovo modo di fare politica. Il nuovo non nega le radici, visto che il 18 gennaio 1919 don Luigi Sturzo fonda il partito popolare con l’Appello ai «liberi e forti». Ma, come sottolinea Granata, «citare don Sturzo è bello, ma i giovani hanno bisogno di contemporaneità, la politica deve essere contemporanea».

 

Le società democratiche non hanno fatto in tempo a smaltire il crollo del Muro, che altri muri si sono issati nei decenni a venire, sia fuori che dentro i partiti. La parola fraternità, che passa di bocca in bocca come un’eco nei vari interventi, è il principio laico per eccellenza, la malta su cui il centrosinistra può ricostruirsi e creare legami. Riferimento per i cattodem non è Francesco il santo, ma Francesco il papa, autore della Fratelli tutti: «Senza la fraternità, l'uguaglianza e la libertà resteranno sempre valori minacciati, deboli e facilmente contraddetti». In un editoriale d’inizio anno, il direttore Emilio Carelli scriveva che Mattarella e Bergoglio rappresentano «due fari di integrità e stabilità in un’epoca dominata da conflitti e crisi di valori». Entrambi assurgono a simboli della dottrina sociale della chiesa e degli accadimenti della storia, come ha sottolineato Emilio Del Bono, vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, che ha aperto la convention milanese. Contro i nuovi assiomi del riarmo e della «guerra mondiale in frammenti», dunque, i cattolici sono chiamati a un intervento: «È anche il tempo che si promuovano movimenti aggreganti che ospitino persone anche non credenti per esercitare una loro forza politica» in nome del recente appello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, col suo invito a «partecipare piuttosto che parteggiare».

 

L’intento del convegno è chiaro. I cattolici si vogliono smarcare l’identità asfittica degli ultimi anni: «Siamo stanchi di essere considerati radicali quando parliamo di pace e moderati quando parliamo di eutanasia e gestazione per altri. Tanti non si sentono rappresentati» ha detto il deputato di Pd-Demos, Paolo Ciani, senza risparmiare alcune critiche in seno al Partito democratico quando al governo «faceva accordi con la Libia». L’immigrazione è un tema carico al cristianesimo sociale in antitesi alla politica dei rimpatri paventata dalle destre, e che in Italia – ha puntualizzato Ciani – ha preso forma nei centri in Albania, «monumento all’ideologia sovranista». Se la democrazia va salvata dal basso, non dall’alto, il pensiero nella giornata non può che andare all’ex presidente del Parlamento europeo David Sassoli a tre anni dalla sua scomparsa, e al suo motto: «La speranza siamo noi». «I cattolici democratici sono chiamati a essere lievito e sale di tutta la comunità. Il lievito, che per sua natura rende buono tutto il pane» ha ricordato Romano Prodi. L’ex presidente del Consiglio, in video collegamento da Fabriano, ha sottolineato fermamente: «Non penso a un partito dei cattolici, ma al contributo dei cattolici per un paese più giusto».

 

Le sue parole hanno ricalcato quelle pronunciate poche ore prima da Ernesto Maria Ruffini: «Chi si professa cattolico sa perfettamente di essere chiamato a essere sale e lievito della società. Ingredienti di cui si può sentire la mancanza, quando non ci sono, ma che certamente non devono coprire i sapori degli altri ingredienti. Sono chiamati ad esaltarli, non a coprirli. Un piatto non potrà mai essere assaporato e ricordato per il sale o il lievito. Ma sarà ricordato certamente per la loro assenza». Quello dell’ex dirigente dell’Agenzia delle Entrate è stato l’intervento più atteso, da chi lo ha voluto federatore del centrosinistra e da chi se ne è smarcato, anche nel centrosinistra. È lui stesso a sgombrare il campo dai fraintendimenti: «Sarei venuto non per parlare di me, o di un partito, tantomeno di una corrente di questo o quel partito. Neanche per capire in quanti si riconoscono in un partito né, a maggior ragione, per contare quanti si rispecchino in una corrente. Neppure per parlare di un posizionamento in uno spazio geometrico astratto come il centro. Ancor meno per discutere di come ritagliarsi uno spazio come partito o corrente sotto l’insegna della religione cattolica». Ci tiene a esser preciso, Ruffini, spegnendo i riflettori su tutti gli scenari possibili e lasciando il posto all’unico scenario drammaticamente reale, l’astensionismo dei più giovani: «È diventato la più grande forza politica del Paese se solo trovasse il modo di essere coinvolta in un processo, in un cammino. Discutere su come si coinvolgono i cittadini – che sono i veri attori protagonisti della storia di questo Paese – è il primo passo per fare politica» ha dichiarato. Partecipazione, allora, diventa sinonimo di quella fraternità laica che è la sfida delle democrazie in crisi. Fra i liberi e i forti di oggi – ha sottolineato Ruffini – non ci sono superuomini, ma cittadini liberi: «Per risponderci non dimentichiamoci le parole di Rosario Livatino: alla fine della nostra vita non ci verrà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili».

 

La convention parla di orfani della politica, ma non si riferisce ai cattolici. In un «partito che ha perso la metà dei suoi elettori», come dice Prodi, i veri orfani sono i giovani. Per il Professore, però, «il Pd è l’unico partito che, se sarà capace di apertura e inclusione, potrà essere un catalizzatore della necessità di cambiamenti». I giovani non sono un’entità lontana, ma parte delle radici. Stefano Lepri, parlamentare dem che, nel suo intervento, ha rievocato il popolarismo di don Sturzo, ha parlato di «antropologia del popolarismo comunitario». Un «riformismo comunitario», che tenga conto di elementi come natalità e relazioni affettive stabili. La fraternità, allora, rappresenta l’unico antidoto che può disinnescare quello che Prodi ha chiamato «il mito dell’uomo solo». Alla vigilia della cerimonia di insediamento del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, Elon Musk e la sua autocrazia tecnologica rappresentano la vera minaccia all’integrità europea. È una paura che – sottolineano gli speaker del convegno – i democratici devono tenere a mente. Allora, l’unico, simbolico muro che l’Europa possa mai autorizzare, è quello che limita la pervasività delle piattaforme digitali, espressione di quel liberismo delle tecnologie che soffoca il pluralismo dell’Ue. Come ha spiegato nel suo appassionato intervento Mariapia Garavaglia, presidente dell’Associazione Partigiani Cristiani, «Musk rappresenta un certo argomento quando si parla di impresa, monopolismo mondiale. Ma è più importante temerlo per le ingerenze politiche» perché «per Alcide De Gasperi, la politica estera era politica interna, e senza Europa unita non c’è pace». Unità è sinonimo di pluralismo, l’opposto dell’unanimità che – sottolineava Prodi – piace tanto alle destre: «L’unanimità sta paralizzando l’Europa» ha detto il Professore. Se Graziano Delrio ha invitato ad avere un «atteggiamento di accoglienza e di interesse verso queste tecnologie», mette piuttosto in guardia dalla distruzione della cultura, l’isolamento che spesso ne è l’effetto.

 

In questo momento in cui l’Europa rivela un fianco scoperto, dove la pace è percepita come antidoto alla guerra, farsi domande significa raccogliere il testimone del già citato appello di don Sturzo, attuale ancora oggi: «E se la democrazia fosse arrivata a un tornate in cui non sa dare le risposte per rinnovarsi?» si è chiesto Pierluigi Castagnetti, l’ultimo segretario del Ppi che, col suo intervento, ha chiosato simbolicamente la convention milanese: «L’Europa è l’unico luogo in cui si interpreta la democrazia come luogo delle regole e dei limiti contro Musk e Bezos» ha detto, arrivando a commuoversi quando nel ricordo dello scempio delle guerre in corso: «Hanno distrutto quel po’ di ordinamento nazionale che c’era, se non è devastazione politica questa!». Un intervento che ha tracciato i contorni drammatici della contemporaneità: «Le cose del passato sono passate, non vogliamo fare un partito cattolico. Ma vogliamo dare un occhio su come è diventato questo paese?» si è domandato, senza abdicare alla speranza. Speranza è l’omega di questo convegno tanto reale quanto urgente, soprattutto fra le giovani generazioni, disilluse dalla politica: «Oggi gli adolescenti sono in analisi, insieme ai loro genitori, perché c’è qualcosa di nuovo che è sopraggiunto a sballare i riferimenti». Allora, un modo per superare la paura c’è per i cattolici democratici riuniti a Palazzo Lombardia in un freddo weekend milanese: «Maneggiare la propria vita è poterla generare». A giudicare dalla sintonia dei partecipanti, ci sono tutti gli ingredienti per la nascita di uno slancio collettivo orientato a un lavoro comune. Ora sta al centrosinistra raccogliere il testimone, nella sua pluralità. Alla fine, come ha detto in chiusura l’ex ministro Graziano Delrio: «La politica deve avere lo scopo di ascoltare questa voce».