Ora il Salva-Milano è in un binario morto. L’ultima inchiesta della procura del capoluogo lombardo, che il 5 marzo ha portato agli arresti domiciliari di un ex dirigente del Comune per corruzione, falso e frode processuale, potrebbe essere la pietra tombale sulla legge d’interpretazione autentica pensata per riordinare la babele di norme in tema di urbanistica. Ma che avrebbe l’effetto concreto, come spiegava chiaramente intercettato uno degli indagati, di mettere “una volta per tutte in scacco le indagini”. In serata è arrivato il passo indietro dell’amministrazione milanese di centrosinistra e, a cascata, anche quello del Partito democratico. Il giorno dopo, alla cronaca giudiziaria subentra la polemica politica, con il Movimento 5 stelle e Alleanza verdi sinistra che a Montecitorio hanno chiesto al governo un’informativa urgente in Aula.
M5s e Avs: "Informativa del governo"
“Intervengo per richiedere un'informativa urgente, da parte del governo, a seguito dei fatti emersi sull'iter normativa della proposta di legge Salva Milano e quindi sull'intendimento del governo a proseguire l'Iter – ha detto Agostino Santillo del M5s –. Chiediamo di sapere se si intende anche intervenire con delle iniziative volte a prevenire e contrastare questo fenomeno corruttivo. I fatti sono questi: emerge a Milano un vero e proprio sistema parallelo a quello degli uffici comunali”. Poi continua: "Questi soggetti (indagati, ndr) avrebbero interloquito con esponenti di spicco di questa maggioranza e avrebbero loro stessi trasmesso i documenti (...). Questa è una cosa molto critica e lancia un allarme enorme, perché significa che le stesse persone che erano indagate, attraverso il Salva-Milano cercavano di neutralizzare le indagini della magistratura attraverso un pressing fatto tramite i parlamentari del centrodestra". All’appello si è unito anche Angelo Bonelli: “Avs chiede un’informativa del governo: quanto accaduto ieri evidenzia un fatto di una gravità inaudita. Mi sono opposto in commissione a questo provvedimento che abbiamo sempre ritenuto gravissimo per il territorio. Un parlamentare – ha aggiunto – non può esaminare un testo scritto da un indagato. Abbiamo inviato la pregiudiziale di costituzionalità alla procura di Milano, ma il governo deve parlare”.
Il passo indietro del Pd
Il tema politico è scoppiato perché, dopo l’ultimo atto della procura milanese, anche Palazzo Marino si è sfilato dalla partita parlamentare. In una nota, il Comune – che ha appoggiato in pieno il Salva-Milano per sbloccare i lavori e gli investimenti nel settore edilizio, fermi al palo da diversi mesi – ha annunciato di “non sostenere più la necessità di proseguire nell’iter di approvazione della proposta di legge” per “gli elementi di novità, e purtroppo di gravità, descritti negli atti d’accusa”. Una decisione che permette a Elly Schlein di uscire dallo scomodo limbo in cui era finita senza dover screditare politicamente l’amministrazione appoggiata dal suo partito.
La norma-sanatoria avrebbe di fatto esteso a tutta Italia una prassi seguita a Milano da anni, fatta secondo chi indaga di autorizzazioni facili ai costruttori (nuove costruzioni passate facilmente per “ristrutturazioni”), oneri di urbanizzazione estremamente più bassi del normale e assenza di politiche per il territorio quando in un quartiere, al posto di piccole palazzine, sono sbucate torri di decine di piani. Approvato in sordina lo scorso novembre alla Camera, con i voti del centrodestra e del Pd, i malumori della base del partito di Schlein sono aumentati di giorno in giorno. Fino al 5 marzo, quando la segretaria ha preso una volta per tutte posizione sul tema: “Dopo i gravi fatti emersi è evidente che non ci sono le condizioni per andare avanti in una discussione sul ddl. Da alcune cose che emergono – ha aggiunto Schlein – sembra ci fosse addirittura intenzione di colpire il sindaco Sala, a cui va la nostra solidarietà. Per cui no, non ci sono le condizioni per andare avanti su quel disegno di legge e staremo a seguire attentamente gli sviluppi di quest’indagine”. Sul tema è intervenuta anche Azione: “Pur riconoscendo e rispettando pienamente il lavoro della procura della Repubblica, e nella convinzione che chiunque abbia commesso reati debba essere perseguito, ribadiamo la nostra posizione politica di sempre: non si comprende perché una norma, come il Salva-Milano, ritenuta valida e di interesse generale, da oggi non lo sia più”, afferma in una nota Francesco Ascioti, segretario di Azione Milano.
Il centrodestra guarda alle comunali del 2027
Il centrodestra negli ultimi mesi ha cercato di sfruttare politicamente la confusione che c’era nel Pd, in vista delle elezioni comunali del 2027 in cui si sceglierà il dopo-Sala. Era stato il presidente del Senato Ignazio La Russa ad aver detto negli scorsi mesi che il Salva-Milano “era in realtà un Salva-Sala”. E anche Matteo Salvini stava valutando di togliere l’appoggio al provvedimento proprio per mettere i bastoni tra le ruote all’amministrazione milanese: del rischio che il leader leghista facesse saltare il tavolo parlano chiaramente gli indagati intercettati. Per ora la Lega – che a inizio febbraio ha presentato un ordine del giorno “trappola” in Comune per mettere il Pd di fronte alle proprie responsabilità (e alle proprie contraddizioni) – ha chiesto in una nota il commissariamento dell’Urbanistica.
Un salto di qualità nelle inchieste
Il tema è esploso politicamente perché l’ultimo capitolo delle indagini della procura di Milano hanno fatto fare un salto qualitativo alle inchieste. Perché per la prima volta non venivano sequestrati cantieri ma viene colpita, con misure cautelari, una persona (Giovanni Oggioni, ex vicepresidente della commissione Paesaggio), mentre per altri due ex dipendenti comunali è stata chiesta al gip un’interdittiva. Ma soprattutto perché ora non viene più contestata solo la lottizzazione abusiva, ma anche corruzione, frode processuale, depistaggio e falso. Oggioni avrebbe ottenuto 178 mila euro in consulenze dall'associazione di categoria Assimpredil-Ance Milano (anche lei indagata) in cambio, secondo gli inquirenti, di un occhio di riguardo su diverse pratiche urbanistiche. Non solo: anche un’altra società di sviluppo immobiliare, Abitare In, comparirebbe nel registro degli indagati perché per loro, dal 2020, lavora la figlia dell’ex dirigente. Secondo i pm, Oggioni sarebbe stato “illecitamente remunerato per le funzioni svolte di pubblico ufficiale (...), omettendo di dichiarare il conflitto di interessi e di astenersi dai lavori della Commissione”, facendo da “cerniera” tra "pubblico e privato” e muovendosi “apertamente a favore di quest’ultimo”. L’ex dirigente, poi, è anche indagato per falso e frode processuale perché avrebbe cambiato la propria password e cancellato alcuni messaggi dai dispositivi elettronici che mesi fa gli erano stati sequestrati.