Premesso che Ignazio La Russa si dice d’accordo con la riforma della Giustizia, allo stesso tempo, per il presidente del Senato, sia governo che toghe stanno dando “troppa importanza a questa modifica” e “il gioco non vale la candela”. “Io Io sono molto solidale con l'azione che il governo sta facendo per provare a modificare il mondo della Giustizia in senso positivo e sono convinto che anche molti magistrati possano essere d’accordo — ha detto oggi, 29 ottobre, rispondendo ai giornalisti all’uscita da Palazzo Madama —. Per quanto attiene la separazione delle carriere dei magistrati, il numero di coloro che normalmente passa da una funzione all’altra, dopo che stabilimmo la separazione delle funzioni, è modesto”.

Si è ancora alla vigilia del voto, previsto per domani, con cui il Senato darà l’ultimo via libera alla riforma della Giustizia, ma la partita referendaria entra già nel vivo. Con le opposizioni pronte a raccogliere le firme necessarie, e con la maggioranza che sembrerebbe intenzionata a fare altrettanto. Perché, come ha detto il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, “vogliamo che i cittadini si pronuncino”. Intanto per domani è in programma una festa del centrodestra in Piazza Navona, a qualche metro dall'aula del Senato.

Ma non sarà un voto sul governo Meloni, si affretta a chiarire La Russa. Per evitare quella personalizzazione sul referendum che, nel 2016, costò il posto a Palazzo Chigi all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi. “Meloni, per quanto ne so io, è assolutamente contraria a legare il proprio consenso a qualsivoglia referendum — dice il presidente del Senato —. Il referendum sarà sulla materia" che verrà proposta. "Non è sul governo né sulla magistratura”, conclude.