Politica
28 novembre, 2025La politica italiana ha collaborato, in modo bipartisan, sul tema della violenza di genere. Fino a quando, in commissione Giustizia a Palazzo Madama, la maggioranza ha frenato sull'iter
La politica italiana ha collaborato, in modo bipartisan, sul tema della violenza di genere. La Camera dei deputati ha votato all’unanimità – e già questo non succede spesso – l’introduzione di un nuovo reato, quello di femminicidio, che finora era solo un’aggravante specifica). Chi uccide una donna per discriminazione di genere, odio o per reprimere la sua libertà sarà punito con il massimo della pena: l’ergastolo.
Lo stesso giorno (il 25 novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne) in Senato doveva essere approvata la riforma dell’attuale legge sulla violenza sessuale. Era già stata approvata all’unanimità alla Camera, ma arrivata a Palazzo Madama qualcosa si è inceppato. Il disegno di legge introduceva nel codice penale in modo esplicito il concetto di consenso (“consenso libero e attuale”), senza il quale un atto sessuale è violenza. Un reato punibile con la reclusione da sei a dodici anni.
Invece la Lega ha chiesto di tornare a esaminare il provvedimento in commissione Giustizia al Senato, facendo slittare l’approvazione definitiva del provvedimento almeno a febbraio spiazzando non solo l’opposizione – che è uscita dall’aula in segno di protesta - ma inizialmente ha spiazzato anche parte del centrodestra.
Il presidente del Senato Ignazio La Russa il giorno del voto in aula poi saltato, aveva detto che aveva messo in campo “tutte le sue prerogative per consentire che si potesse votare”. Ma per il leader della Lega Matteo Salvini “il consenso libero e attuale è una follia” perché lascerebbe troppo spazio alla libera interpretazione del singolo e a vendette personali (per esempio da parte di ex compagne).
Successivamente, la senatrice leghista Giulia Bongiorno ha spiegato che “gli esponenti del centrodestra vogliono migliorare il testo e serve un approfondimento”. Insomma il dialogo in parlamento tra centrodestra e centrosinistra su temi così importanti si è già interrotto. Nemmeno sul tema dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole c’è stato un accordo politico.
Anche se nelle singole interviste e nei post sui social, qualche segnale di collaborazione politica tra parlamentari di schieramenti politici opposti c’è eccome (qui ad esempio quattro esponenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Alleanza verdi e sinistra e Movimento 5 stelle hanno letto in diretta radiofonica e si sono opposte agli insulti sessisti ricevuti in rete, una forma di violenza sempre più diffusa) quello che poi cambia davvero le leggi vigenti, si decide e si vota in parlamento.
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