Politica
29 dicembre, 2025Al netto di colpi di scena, Montecitorio ratificherà quanto già votato dal Senato (e deciso in gran parte dal governo). Nel 2019 Meloni attaccava: "Dov'è la democrazia se il Parlamento non può discutere?"
A meno di improbabili colpi di scena, oggi - 29 dicembre - il governo incasserà la fiducia sulla manovra che verrà definitivamente licenziata domani con il voto finale della Camera dei deputati dopo il via libera degli scorsi giorni da parte del Senato. Un passaggio, quello dell’approvazione della legge di Bilancio, che - tra iter blindati a colpi di fiducia, maxiemendamenti governativi e tempi di discussione compressi - è diventato ormai un rituale in cui il Parlamento viene relegato a una funzione di fatto notarile.
“Si richiama l'esigenza che, già a partire dal prossimo esercizio, siano assicurate condizioni e tempi tali da consentire un esame realmente bicamerale della legge di bilancio, evitando che la prima lettura in un ramo del Parlamento comporti, di fatto, l'impossibilità per l'altro di apportare modifiche”, si legge in una relazione di minoranza presentata da Riccardo Magi in commissione Affari costituzionali della Camera. Che invita poi “altresì a contenere il ricorso a maxiemendamenti interamente sostitutivi e alla questione di fiducia, strumenti che, specie in combinazione con calendarizzazioni ultra-compresse, producono un sostanziale svuotamento della funzione parlamentare”.
Per il segretario di +Europa, “quanto sta avvenendo alla Camera nella seconda lettura della manovra è un vero e proprio abuso di potere compiuto dal governo Meloni, che arriva a utilizzare persino il fattore tempo per reprimere la democrazia parlamentare. Il fatto - aggiunge Magi nella relazione di minoranza - che anche altri esecutivi in anni recenti abbiamo agito in modo analogo non giustifica l'assuefazione a questo andazzo devastante per la democrazia, per il controllo e la trasparenza dei processi decisionali”.
La questione di fiducia sulle leggi di Bilancio viene posta ormai ininterrottamente dal 2012, e l’ultima volta che entrambe le Camere hanno modificato la legge di Bilancio è stata nel 2019, ai tempi del primo governo Conte. In quell’anno, una Giorgia Meloni ancora all’opposizione si scagliava contro i tempi contingentati della discussione. “La democrazia parlamentare significa che il Parlamento decide, la democrazia parlamentare significa che il Parlamento è centrale, e di grazia - si chiedeva la leader di Fratelli d’Italia in un audio fatto riascoltare ieri in commissione Bilancio dal deputato del Pd, Claudio Mancini - posso chiedervi dov'è la democrazia parlamentare nel momento in cui il Parlamento non può discutere la legge di bilancio che vi segnalo essere la prima prerogativa dei parlamenti dalla fine delle monarchie assolute e quindi, più o meno, dal XVII secolo?”.
Al Senato - dove la manovra ha avuto il via libera il 23 dicembre - il governo ha presentato un maxi-emendamento che ha di fatto riscritto il testo, aumentandone anche la dotazione, licenziato dal Consiglio dei ministri e poi approvato - contestualmente alla fiducia - da Palazzo Madama. Alla Camera, invece, ieri la commissione Bilancio di Montecitorio ha respinto tutti gli emendamenti delle opposizioni. Il testo definitivo è arrivato quindi in Aula dove domani, a meno di improbabili scossoni, la Camera ratificherà quanto già votato al Senato.
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