Sarebbe ingeneroso sostenere che al nuovo consigliere del ministro Alessandro Giuli per le funzioni di “diplomatico culturale” manchi del tutto l’esperienza sul campo. La prova è in un resoconto dell’Ansa datato 25 settembre 2014, dieci anni e mezzo fa. L’agenzia di stampa riferiva che alla testa di un manipolo di giovani calabresi del circolo culturale “Il Talebano” il ventisettenne Vincenzo Sofo aveva tentato il rapimento simbolico dei Bronzi di Riace al museo archeologico nazionale di Reggio Calabria.
Si era ovviamente trattato di un’azione puramente dimostrativa a sostegno della battaglia condotta da Vittorio Sgarbi, che avrebbe voluto portare i Bronzi all’Expo 2015 di Milano. Battaglia persa per il parere contrario della Soprintendenza calabrese alla trasportabilità delle due statue. «Solo politici miopi e campanilisti come quelli calabresi possono opporsi al progetto di Sgarbi», aveva detto ai giornalisti il giovane Sofo, milanese ma di origini calabresi.
All’epoca aveva già mollato la Destra di Francesco Storace, di cui era stato appena ventenne responsabile nel capoluogo lombardo. A Milano aveva l’incarico di consigliere municipale per la Lega. Il suo leader di riferimento, l’eurodeputato Matteo Salvini, a lungo anche consigliere comunale milanese. La fedeltà al capo paga, e infatti Sofo si guadagna un posto in lista alle elezioni amministrative del 2016, però senza fortuna. Ma non demorde. E il destino l’aiuta. Il credo sovranista, si sa, non conosce confini. Così la sorte vuole che un bel giorno Sofo incontri l’anima gemella in Marion Maréchal, la nipote di Marine Le Pen, giovane deputata del Front National. Da lì a una candidatura per la Lega al Parlamento europeo il passo è breve. E in quella fine di maggio 2019 l’onda salviniana è tanto impetuosa da spingere anche lui su un seggio di Strasburgo.
Ma la fede fatalmente s’incrina. Il rapporto con la Lega si rompe bruscamente nel 2021, quando Salvini va al governo con Mario Draghi. Sofo si ribella e torna dove la sua storia politica è iniziata: alla fiamma. Passa a Fratelli d’Italia e sarebbe una scelta giusta, perché mentre la Lega crolla il partito di Giorgia Meloni invece decolla. Le cose però non vanno esattamente bene. I voti che incassa alle Europee del 2024, candidato stavolta nelle liste meloniane, non bastano. E deve fare le valigie da Strasburgo proprio mentre lì atterra l’europarlamentare Marion Maréchal, nel frattempo diventata sua moglie. Una beffa crudele.
Ma ecco almeno un piccolo salvagente per restare a galla, sia pure in acque molto più basse. Il ministro della Cultura lo nomina “diplomatico culturale”. Trentamila euro l’anno. Una miseria, al confronto degli emolumenti (e al prestigio) da europarlamentare. Perché raccontare questa storia? Per quanto possa apparire singolare, risulta del tutto simile a decine di altre vicende. È ormai una regola la pratica per cui vengono messe a carico della collettività nei modi più creativi le sfortune dei politici rimasti senza seggio e in attesa di tempi migliori, come le aspirazioni di chi rivendica dal partito un risarcimento o un avanzamento. Anche a prescindere, nella stragrande maggioranza dei casi, da competenze, esperienze e attitudini.
Si dirà che è sempre accaduto. Vero. Adesso però la cosa ha assunto proporzioni senza precedenti. E non si rispettano nemmeno più i dettati del manuale della lottizzazione, perché chi governa ritiene di poter disporre della cosa pubblica a proprio piacimento. Come fosse cosa propria, e non della collettività. Perciò anche i posti negli enti e nelle società pubbliche gli appartengono. La nuova invasione è cominciata due anni e mezzo fa e non conosce soste. Perché un giro di giostra non si nega a nessuno, come dimostrano i fatti degli ultimi mesi.
Al contrario di Sofo, la deputata forzista Maria Rosa Sessa detta Rossella, commercialista, molla il partito perché il partito ha mollato Draghi accodandosi al Movimento 5 stelle e alla Lega che lo sfiduciano spianando la strada del governo a Giorgia Meloni. E trasloca ad Azione di Carlo Calenda, che la candida alle Politiche del 2022. Ma non ce la fa, e ad agosto del 2023 Rossella Sessa fa ritorno a Forza Italia. Dove evidentemente Antonio Tajani, orfano di Silvio Berlusconi, l’accoglie a braccia aperte. Adesso è presidente di Fs Sistemi Urbani, società del gruppo Ferrovie dello Stato.
Il ragionier Flavio Nogara, salviniano a quattro ruote motrici, approda invece al consiglio regionale della Lombardia nel 2018. Siccome però è anche consigliere di amministrazione di Ferrovie Nord, che è controllata indirettamente dalla Regione, al voto si è trovato in una situazione di incompatibilità e l’elezione viene annullata. Poco male. Qualche mese dopo viene risarcito con un posto nel Cda delle Ferrovie. Scaduto il mandato triennale, si ricandida alla Regione Lombardia ma perde per un niente. Ora è presidente di Busitalia, altra società delle Ferrovie. Risarcimento bis con avanzamento di grado.
Ma è niente al confronto di quanto si profila nell’universo della Cassa depositi e prestiti. Dove il sottosegretario meloniano Giovanbattista Fazzolari, potente braccio destro della premier, ha, se possibile, ancor più voce in capitolo sulle nomine. Il suo marchio è inequivocabile: nel consiglio di amministrazione di Fincantieri arriva Emilio Scalfarotto. Dirigente del Comune di Fiumicino, fa parte dell’assemblea di Fratelli d’Italia. Soprattutto, è il capo della segreteria tecnica di Fazzolari a Palazzo Chigi. Due anni fa ha già avuto uno strapuntino nel cda di PostePay, gruppo Poste italiane. Chissà se per una curiosa par condicio sovranista, si materializza nel consiglio di amministrazione della Fincantieri anche un posto per Mariachiara Geronazzo, assessora leghista del Comune di Valdobbiadene.
Il sociologo Alessandro Zehetner, candidato senza fortuna alle Politiche del 2022 per il centrodestra, circoscrizione estero, deve aver così ben figurato nel consiglio di amministrazione dell’Enel, dove era stato collocato da governo Meloni dopo la sua non indimenticabile prova elettorale, da meritarsi ora anche una presidenza. Alla Snam, nientemeno. Nel consiglio c’è anche Augusta Iannini, ex magistrata, ex componente dell’autorità della Privacy, incidentalmente consorte del giornalista Bruno Vespa.
Candidata senza fortuna nel 2022 per Fratelli d’Italia alla Camera al pari di Zehentner, anche Costanza Bianchini avrà finalmente un posticino al sole. È destinata al consiglio di amministrazione dell’Italgas, incarico che potrà sommare a quello di segretaria particolare della sottosegretaria di Fratelli d’Italia al ministero dell’Economia, Lucia Albano. E anche qui lo schema par condicio sovranista esige una poltroncina leghista, affidata a Erika Furlani, ex sindaca di Campoformido non riconfermata nel 2024.
Cinque anni all’Europarlamento nelle file leghiste devono essere bastati ad Antonio Maria Rinaldi, economista allievo dell’ex ministro presidente della Consob Paolo Savona, che vorrebbe l’Italia fuori dall’euro. Infatti nel 2024 non si è ricandidato. Meritandosi comunque da euroscettico la presidenza di una società di costruzioni della Cassa depositi e prestiti, la Trevi.
Nel suo affollato consiglio di amministrazione troverà Pietro di Paolantonio detto Paolo, ex consigliere regionale del centrodestra nel Lazio, ex assessore della giunta di Renata Polverini, sindacalista Ugl. È incidentalmente il marito di Barbara Saltamartini, già pasionaria missina e aennina deputata per 14 anni, poi folgorata da Salvini. Ma Rinaldi troverà anche Matteo Mognaschi, ex vicesindaco leghista di Pavia, nominato un anno e mezzo fa dalla giunta regionale lombarda di Attilio Fontana alla presidenza dell’Aler (l’azienda pubblica per l’edilizia residenziale) di Milano. Nonché l’avvocata Adriana Baso, impegnata nel 2015 nella campagna elettorale del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, che l’ha poi designata per l’amministrazione del casinò. Dove oltre alla fortuna, in certi casi, una spintarella politica non guasta.