Tra i 32 Paesi della Nato che hanno deciso di aumentare le spese per la Difesa, c’è anche l’Italia. La richiesta è arrivata su spinta di Donald Trump, che ha di fatto dominato l’ultimo vertice Nato: il governo italiano si è impegnato a portare le spese militari al 5% del Pil nei prossimi 10 anni. Di questo 5% del Pil, 3,5% saranno spese militari e 1,5% spese legate alla sicurezza e quindi potenzialmente spese per la cybersicurezza, ma anche per le infrastrutture utilizzabili dai mezzi militari. Quindi chissà, forse anche il ponte sullo Stretto di Messina?
L’Italia passerebbe da una spesa annua di 33 miliardi a una spesa annua, si stima, di circa 78 miliardi di euro. Si tratta però di un obiettivo tendenziale, che non prevede al momento degli obblighi. Tra i Paesi Nato c’è stato anche chi ha affermato che riuscirà a raggiungere gli obiettivi Nato senza arrivare al 5% del Pil: è il caso della Spagna.
E anche in Italia una parte delle opposizioni ha chiesto alla premier Meloni di seguire l’esempio di Sanchez, ma secondo Meloni invece l’obiettivo del 5% sarà sostenibile. Le critiche a questo obiettivo Nato stanno accumunando Pd, 5 Stelle e Avs, ma anche la Lega di Salvini: tutti preoccupati che ci saranno tagli alla spesa pubblica (scuola e sanità).
E l’Unione europea cosa fa? I 27 Paesi europei non hanno un sistema militare integrato. Ogni Stato ha il suo esercito e investe nell’industria militare in modo non coordinato. Inoltre, i Paesi europei sono inseriti nel sistema militare della Nato, dove dominano gli Stati Uniti. Insomma l’esercito europeo non esiste e la difesa comune europea che sogna la presidente della Commissione Ue von der Leyen sembra irraggiungibile.