Politica
18 luglio, 2025Lo scorso 20 dicembre il leader leghista era stato assolto "perché il fatto non sussiste": ora i pm palermitani impugnano la sentenza direttamente di fronte ai giudici di legittimità. Il leader leghista: "Difendere i confini non è reato"
La procura di Palermo ha fatto ricorso, direttamente in Cassazione, contro la sentenza che lo scorso 20 dicembre ha assolto - “con formula piena, perché il fatto non sussiste” - Matteo Salvini dall’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per il caso Open Arms. Si tratta del cosiddetto "ricorso per saltum" che consente di evitare il giudizio di appello e di ottenere direttamente una pronuncia (di legittimità e non di merito) della Suprema Corte. La Procura ha optato per il ricorso diretto alla Cassazione, sostenendo che il verdetto di assoluzione non confuta la ricostruzione dei fatti prospettati dall'accusa, che sono dunque accertati, ma si limiterebbe, con un’interpretazione non condivisa dalla procura, a dire che l'Italia non aveva l'obbligo di assegnare alla nave spagnola il porto sicuro. Proprio per questo motivo, per i pm - che durante le indagini sono finiti sotto protezione per le minacce ricevute - sarebbe inutile un nuovo processo d’appello.
“La corretta applicazione delle norme di legge avrebbe dovuto indurre, da un lato, a considerare che il momento iniziale per l'emanazione immediata dell'ordine di sbarco decorreva quantomeno a partire dal 14 agosto, quando cioè i minori erano giunti alla frontiera, e non due giorni dopo, poiché l'ordinamento tutelava la loro libertà personale anche in quel frangente”, si legge nel ricorso della procura.
Salvini ha affidato il suo commento ai suoi canali social. Una semplice frase: "Difendere l'Italia e i suoi confini non è reato". Dopo poco, è arrivata la replica anche del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che nel 2019 - durante la politica dei porti chiusi del governo Conte I e quando è stato negato per giorni lo sbarco ai migranti sulla Open Arms - era capo di gabinetto di Salvini al Viminale. "Mi dispiace molto per questa notizia, mi ha colpito molto nel rispetto profondo dei passaggi giudiziari. Mi dispiace umanamente e personalmente e anche professionalmente, io ho vissuto quella stagione da capo di gabinetto di Salvini. Me ne sento ancora più partecipe e rivendico l'azione che fu fatta per contrastare l'immigrazione illegale che non è tanto diverso dalle mafie”, ha detto Piantedosi. "Anch'io mi sento moralmente imputabile".
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