Politica
21 luglio, 2025Il rischio peggiore è che a Milano si apra un fronte politico che il Pd non è pronto ad affrontare. Elezioni anticipate in autunno nel capoluogo rischierebbero di compromettere la campagna per le Regionali. E con ciò compromettere anche l'onda lunga che dovrebbe successivamente portare a sfrattare Meloni da Palazzo Chigi
“Avanti insieme, perché non c’è alternativa. Ma cambiando strada, subito”. Dietro la formula diplomatica scelta da Elly Schlein per confermare il sostegno a Beppe Sala, si nasconde molto più di un attestato di fiducia. È il segnale più chiaro di un disagio che al Nazareno non tentano neppure più di mascherare: la consapevolezza che le scelte urbanistiche di Milano degli ultimi nove anni – quelle finite nel mirino della Procura – rischiano di travolgere non solo la giunta, ma anche gli equilibri politici nazionali.
Le parole pronunciate da Schlein diventano così una sorta di manifesto del malessere che serpeggia tra i dem: un sostegno che assomiglia sempre più a un commissariamento, almeno sul terreno delle politiche urbanistiche, dei costi delle case, dello sviluppo della città. “Non possiamo permetterci che Milano diventi un problema politico proprio adesso che con le prossime regionali potrebbe iniziare la riscossa contro Giorgia Meloni”, è la frase che circola tra i vertici del partito. Ma allo stesso tempo il messaggio è chiaro: servono discontinuità vere, a cominciare da San Siro.
Nel retroscena di queste ore c’è una tensione che cresce. Scosso dalle notizie dell’inchiesta, raccontano che il sindaco avesse ventilato anche la possibilità di dimettersi, qualora non avesse percepito un sostegno pieno da parte del Pd. Ma al Nazareno – e forse ancor più tra i dirigenti lombardi – è scattato l’allarme rosso: elezioni anticipate in autunno a Milano rischierebbero di compromettere la campagna per le Regionali e di consegnare il capoluogo lombardo al centrodestra. E con ciò compromettere anche l'onda lunga che dovrebbe successivamente portare a sfrattare Meloni da Palazzo Chigi.
Per questo le riunioni che in queste ore Schlein tiene con i vertici lombardi e con i fedelissimi hanno un filo conduttore chiarissimo: avanti con Sala, ma senza più deroghe sui temi che hanno provocato la rottura con una parte dell’elettorato progressista. Case sempre più care, consumo di suolo, grandi operazioni immobiliari considerate “figlie del passato” – sono tutti capitoli che la segreteria dem chiede di riscrivere.
L’idea che si sta facendo strada è quella di un pacchetto di misure che il sindaco dovrebbe annunciare già nelle prossime settimane: un piano per l’housing sociale, uno stop (o almeno una revisione) sul progetto del nuovo San Siro, più incentivi per il verde e la rigenerazione urbana a favore delle fasce più deboli. “Serve una svolta vera, non bastano le parole”, ripetono i dirigenti più vicini alla segreteria.
Non a caso, il sostegno personale di Schlein è stato accompagnato da una richiesta esplicita di “correzione di rotta” per marcare una discontinuità con le scelte urbanistiche che, nel tempo, hanno alimentato polemiche e proteste. La linea è chiara: il Pd non può difendere in blocco il passato, perché sarebbe costretto a difendere anche ciò che oggi è sotto inchiesta.
Il retroscena più significativo, però, riguarda il rapporto personale tra Sala e la segretaria del Pd. Chi li conosce racconta di una telefonata lunga e franca, in cui il sindaco avrebbe spiegato i motivi della sua amarezza e delle sue paure. Schlein, da parte sua, avrebbe assicurato appoggio ma anche ribadito la necessità di dare subito un segnale di cambiamento. Un equilibrio difficile, che in queste ore il Pd sta cercando di reggere tra i timori giudiziari e le esigenze politiche.
Perché la posta in gioco va oltre la sorte del sindaco: riguarda la successione a Palazzo Marino, prevista tra un paio d’anni, e l’effetto domino sulle Regionali. Se crolla la giunta, si rischia di compromettere anni di lavoro e riconsegnare la città simbolo della modernità progressista al centrodestra. Ma se non cambia nulla, avvertono i più critici, il Pd rischia di pagare un prezzo ancora più alto sul piano del consenso. Con il rischio di perdere palazzo Chigi tra due anni. Tanto che al Nazareno ci si domanda se per caso il vero punto di caduta dell'inchiesta odierna non sia proprio questo: tagliare le gambe alla riscossa della sinistra per consegnare di nuovo palazzo Chigi al centrodestra.
E così, nel silenzio ufficiale, dentro il Nazareno prende forma una strategia che sa di ultima occasione: salvare la giunta e il sindaco, ma solo a patto che Milano torni a parlare alle fasce popolari, ai giovani, a chi oggi non si riconosce più in un modello urbano percepito come esclusivo e costoso.
“Avanti insieme”, dunque. Ma, come ripetono con realismo i dirigenti dem, “avanti sì, ma cambiando strada, subito”. Perché, spiegano, il rischio peggiore è che a Milano si apra un fronte politico che il Pd non è pronto ad affrontare. E che questa volta, a differenza del passato, non ci siano margini per rimediare in corsa.
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