Politica
22 luglio, 2025"Il ministero ci lascia sguarniti: i dispositivi di protezione arrivano con il contagocce, c'è chi usa stivali bucati o l'elmo del 2008. È imbarazzante come ci stanno trattando"
Non è solo l’estate a palesare la carenza di vigili del fuoco. Le emergenze, con un clima sempre più estremo, arrivano in ogni stagione, sotto forma di alluvioni, tempeste di neve, tornadi. Mentre sono diventati costanti, nel corso dell’anno, roghi e incendi. Le attività umane, spesso, li innescano. Le temperature più elevate e la secchezza di suolo e vegetazione li agevolano. In realtà, la calura estiva esaspera un problema che è strutturale. Manca all’appello il personale, nell’ordine delle migliaia reclamano i sindacati. E i vigili del fuoco che operano in qualità di volontari, integrando il numero dei cosiddetti permanenti, vengono ostacolati dalla burocrazia. Tant’è che il presidente dell’Associazione nazionale vigili del fuoco volontari, l’ingegnere Sergio Aureli, ripete il mantra in ogni consesso: «Vogliamo essere utili, non rubare il lavoro».
L'alluvione in Emilia-Romagna
Uno dei casi emblematici fu quello del maggio 2023, quando ad alcuni distaccamenti volontari non fu concessa l’autorizzazione per prestare servizio fuori dalla propria Regione, la Lombardia, nella vicina Emilia-Romagna alluvionata. Una norma lo impedirebbe e, nonostante la drammaticità della situazione, si favorì l’arrivo di squadre di permanenti dalle distanti regioni del Sud: un aggravio di costi per lo Stato, a causa delle spese di trasferta, ma soprattutto un lasso di tempo maggiore prima del dispiegamento delle unità. Poco è cambiato nell’ultimo biennio e la questione resta attuale. Perché attuale è la carenza di personale, il cambiamento climatico e il numero crescente di calamità.
Salento, quell'autopompa senza autisti
Nel bollente Salento, l’unico distaccamento di volontari operativo è quello di Ugento, dove il Comune si è fatto carico della sussistenza del presidio. «Abbiamo sostenuto noi il pagamento dei corsi di formazione dei volontari», racconta Massimo Lecci, vicesindaco della cittadina. «Qui l’emergenza è incessante. La Xylella ha seccato gli ulivi e, d’estate, tutto brucia più velocemente. Eppure, la nostra unità non riesce a operare come potrebbe perché il Corpo non organizza i corsi per le patenti di guida speciali. Ci sono 33 volontari, ma gli autisti rimasti sono due e non riescono a coprire le 24 ore di servizio». Il distaccamento di Ugento, che aveva ricevuto in comodato d’uso gratuito un’autopompa dalla Regione Puglia, si è trovato spesso nella condizione di non poterla utilizzare, «anche perché il comando provinciale ha la facoltà di sottrarre i mezzi quando vuole. E la nostra area è rimasta più volte sguarnita».
Servono più corsi di formazione
I vigili del fuoco volontari lamentano l’assenza di mezzi da adoperare nelle emergenze, equipaggiamenti vecchi che non li tutelano dai pericoli del mestiere. Ma la criticità riscontrata nella maggior parte dei casi è la bassa frequenza con cui vengono erogati i corsi di formazione. Se ne dovrebbe fare carico il Corpo nazionale. Invece, tanto nel profondo Salento quanto dall’altro lato della Penisola, a Torino, c’è parsimonia nell’organizzazione dei corsi. Dal 2021 a oggi, l’organico dei vigili del fuoco volontari nella provincia piemontese si è ridotto di 40 unità all’anno e, con l’attuale frequenza formativa, ogni distaccamento della zona può aspirare ad avere un autista con patente di seconda categoria e uno con patente di terza categoria ogni quattro anni. «Solo nella zona di Torino ci sono oltre mille persone che aspettano di poter diventare volontari. Il tempo di attesa tra la presentazione della domanda al comando provinciale e la conclusione dell’iter, che prevede due visite mediche, il vaglio della domanda a Roma, un corso da 120 ore, è di almeno un anno e mezzo. Non riusciamo a rimpiazzare il personale che va in pensione e i distaccamenti stanno chiudendo», lamenta Massimo Tabone, coordinatore dei vigili del fuoco volontari del Piemonte.
I dispositivi di protezione inviati con il contagocce
«Siamo andati a fare l’elemosina a Comuni e Regione per avere i mezzi, perché il ministero ci lascia sguarniti. È possibile che persino i dispositivi di protezione arrivino con il contagocce? Ci sono volontari che intervengono con gli stivali bucati, c’è chi opera con l’elmo del 2008. Noi andiamo comunque tra le fiamme con i dispositivi inidonei, ma è imbarazzante come ci stanno trattando». Che i distaccamenti volontari, negli anni, stiano diminuendo, è un dato che travalica le specificità regionali. Ed è in controtendenza rispetto a quanto avviene all’estero. La Germania, ad esempio, vanta un milione di vigili del fuoco volontari, ovvero il 98 per cento del totale dei pompieri. Anche il Trentino è un caso virtuoso, con i suoi diecimila volontari. Nel resto di Italia, complessivamente, sono appena seimila.

L'utopia tedesca
Eppure, poter contare su personale che, come lavoro principale, fa altro – elettricisti, ingegneri, idraulici, medici – non significa soltanto far risparmiare lo Stato, visto che i volontari sono pagati a chiamata, ma avere a disposizione competenze utili nelle situazioni di emergenza. Tuttavia, le resistenze sindacali sono evidenti. Per Michele Giacalone, vigile del fuoco e sindacalista della Fp Cgil Lombardia, «raggiungere il modello tedesco o trentino è un’utopia». E rimarca che i pompieri permanenti soffrono delle stesse carenze, di organico e di mezzi, come i volontari. «È vero, esistono dei malumori che nascono dalla scarsità di corsi di formazione o da alcuni mezzi che vengono presi dai distaccamenti volontari e dati in uso agli effettivi. La coperta è corta, in Lombardia mancano all’appello circa quattromila pompieri».
Le resistenze sindacali bloccano i volontari
Il deputato Stefano Candiani, sottosegretario all’Interno con delega ai Vigili del fuoco durante il governo Conte uno, aveva insistito sull’utilità di potenziare il comparto volontario. «Premesso che nulla difettano in termini di capacità di intervento, nonostante il nome di “volontari”, c’è da sempre, purtroppo, un’ostilità da alcuni ambienti sindacali verso l’attività dei volontari, perché sono visti come “una concorrenza”, perché dove c’è un loro distaccamento non vengono aperte sedi di permanenti». E i volontari, ricorda l’onorevole, non possono prendere la tessera del sindacato. «Soprattutto nei territori più remoti, dove gli interventi sono limitati, avere distaccamenti permanenti è un onere per lo Stato. Il problema, poi, è che questa ostruzione si traduce in danni veri alla motivazione, perché i volontari raccolgono risorse, si forniscono di mezzi donati dalle Regioni, dal Comune, che non vengono utilizzati perché non viene formato sufficiente personale volontario».
Snellire le procedure di reclutamento
«A livello di Dipartimento, non voglio credere che per assecondare certe pratiche sindacali stiamo tornando al punto, non molto distante nel tempo, in cui i volontari vengono emarginati dal soccorso per giustificare l’apertura di distaccamenti permanenti. Sarebbe grave», conclude Candiani. Una soluzione parziale al problema, secondo lui, sarebbe quella di avviare una selezione regionale dei vigili del fuoco. E qualche territorio, tipo il Veneto, ha provato a ottenere maggiore autonomia nella gestione dei pompieri. Prova a fare sintesi Aureli, che spinge per l’accesso alla professione di vigile del fuoco di una quota di volontari pari al 45 per cento del totale dei posti a concorso: «I distaccamenti volontari possono diventare una sorta di “cantera” del soccorso tecnico urgente, dove chi vuole diventare vigile del fuoco ha già dimostrato di credere in questa attività e di volerla rendere il suo lavoro per il futuro, snellendo le procedure di reclutamento per i volontari».
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