Niente da fare. Il governo di Giorgia Meloni non ne vuole sapere di risolvere la questione annosa delle concessioni balneari. Il caos legislativo sulle gare imposte dall’Ue attraverso la direttiva Bolkestein coinvolge a scadenze quasi settimanali alcuni dei principali centri di controllo del potere esecutivo con uno schema sempre uguale. Il comune Tizio proroga una concessione all’imprenditore Sempronio. L’Antitrust emette un parere e, poiché non viene ascoltata, impugna il provvedimento davanti al Tar che, per lo più, dà ragione all’autorità per la concorrenza. È successo con i tribunali amministrativi della Puglia, della Campania e della Liguria contro tre stabilimenti di Zoagli. Il Tar del Lazio aveva sentenziato a favore dei balneari ma il verdetto è stato rovesciato dal Consiglio di Stato. Così i Comuni marciano in ordine sparso. Alcuni bandiscono le gare, altri rinviano. Ma la categoria pare soddisfatta dello stato di incertezza e quest’anno non ci sarà la serrata degli ombrelloni del 9 agosto 2024, con soddisfazione di Palazzo Chigi.
L’ultimo rinvio delle gare alla fine dell’estate del 2027 copre in modo quasi perfetto il termine della legislatura. Non che sugli imprenditori ombrellone-lettino ci sia mai stata guerra da parte del centrosinistra che anzi ha spesso avuto sostegno locale, soprattutto in Toscana e in Romagna, e nazionale da parte dell’industria della sdraio. Un’industria fra le più prospere, bisogna dire, appena scalfita dalla parentesi ben sussidiata della pandemia. Anche il 2025 si annuncia con prospettive soleggiate. Il Centro Studi Turistici di Firenze per Assoturismo-Confesercenti calcola tra giugno e agosto 20,7 milioni di arrivi nei comuni balneari con 110,1 milioni di presenze turistiche, in crescita rispettivamente del +2% e del +1,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Per il 2024 il rapporto, condiviso con il Ministero del turismo guidato da Daniela Santanchè, stima che il flusso di spesa generato dalla domanda balneare italiana abbia sfiorato i 22 miliardi di euro con una classifica guidata dall’Emilia Romagna, seguita da Veneto, Toscana, Liguria e Campania. Sul fronte prezzi, le proiezioni di crescita oscillano da un modico 2-3 per cento fino ad aumenti superiori al 10 per cento. Fra gli stabilimenti a cinque stelle, l’Hotel des Bains al Lido di Venezia offre un Tucul Deluxe in prima fila a 11.250 euro a stagione. E nella fascia alta del mercato la recente cessione del Twiga di Flavio Briatore e, un tempo, della stessa Santanchè è costata 9 milioni di euro a Leonardo Maria Del Vecchio.
Superato il tema delle scadenze, resta lo scoglio dei risarcimenti da riconoscere a chi perde la concessione, magari dopo decenni di gestione. Gli indennizzi saranno calcolati sul valore degli investimenti dell’ultimo quinquennio non ancora ammortizzati al termine della concessione, comprese le spese affrontate in seguito a calamità naturali certificate dalle autorità competenti. Per liquidare il precedente gestore il nuovo concessionario avrà sei mesi di tempo dall’aggiudicazione della concessione.
Mentre il ministero delle infrastrutture di Matteo Salvini e il ministero dell’Economia Giancarlo Giorgetti mettono a punto il decreto, scritto e riscritto a dimostrazione di quanto sia difficile trovare una quadra, ogni fuga di notizie sulla bozza normativa ha scatenato polemiche. È stato così quando è trapelata l’intenzione di tagliare i canoni per le concessioni fino al 40-50 per cento. Salvatore Di Mattina, parlamentare della Lega, titolare di uno stabilimento a Gallipoli e presidente di Cna balneari Puglia, ha tranquillizzato la Ragioneria di Stato qualche giorno dopo: «Sono come minimo fantasiose le ricostruzioni fatte da certa stampa sul comparto dei balneari, soprattutto su quello che riguarda un presunto taglio dei canoni, che non esiste. Anzi, i canoni subiranno un incremento del 10 per cento, così come disposto dall’Unione europea».
Poco male. Il dazio da pagare allo Stato per aprire bottega in riva al mare rimane a buon mercato: poche migliaia di euro in media. Fra stabilimenti, lidi, camping e chioschi, il canone richiesto nel 2023 è di 95,3 milioni e l’incasso effettivo è stato di 77,8 milioni con mancati pagamenti al 18,4 per cento. L’anno scorso le cifre sono aumentate di poco.
«In attesa di una valutazione delle autorità europee», ha detto il procuratore generale della Corte dei conti Pio Silvestri il 26 giugno, «si deve notare la assai scarsa valorizzazione del principio della remuneratività della concessione per l’ente concedente, principio che non sarebbe certo distonico rispetto alla legislazione di contabilità pubblica, che per i contratti attivi richiede il ricorso al pubblico incanto allo scopo di massimizzare l’introito erariale».
Le dichiarazioni del magistrato contabile sono state riprese dalle opposizioni per ribadire le critiche a un sistema normativo sempre più caotico. Sul fronte degli operatori la questione è interpretata in modo del tutto differente.
«Il procuratore della Cdc non contesta né la proroga al 2027, né la previsione degli indennizzi», ha dichiarato sul sito Mondo balneare Antonio Capacchione del Sib Confcommercio, il principale sindacato dei balneari. «Silvestri si limita a notare i canoni bassi, ad augurarsi che non ci siano altre proroghe e ad auspicare, una scrupolosa vigilanza per evitare, o almeno contenere, l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle procedure. Ed è proprio questo accorato e autorevole auspicio, ossia la parte più rilevante e allarmante della requisitoria, che non viene affatto riportato nei commenti dei soliti nemici dei balneari. Viene sottaciuto l’allarme lanciato dal pg della Corte dei conti sul rischio di infiltrazioni malavitose nelle gare per la riassegnazione delle concessioni demaniali».
La formula vecchio gestore uguale argine alle mafie si scontra con il reale. Il Lido di Ostia è stato a lungo infiltrato dai clan locali prima dell’intervento del sindaco Roberto Gualtieri. Sempre nel Lazio, il litorale pontino mostra problemi su molti fronti. A Gaeta, l’Antistrust ha stroncato l’idea della giunta di allungare le concessioni in cambio di un project financing privato per rinnovare le aree demaniali sul lungomare.Il tema generale è che i grandi comuni come Roma e Genova, che è appena passata al centrosinistra ma aveva già avviato le gare con la precedente giunta di centrodestra, hanno i mezzi e le risorse umane per mettere a punto i bandi in modo rapido e corretto. Il discorso può cambiare radicalmente con le piccole giunte, che magari governano municipi dove il turismo balneare è la principale risorsa e che, non di rado, sono amministrate da imprenditori con interessi diretti nel settore. L’Anac voleva fornire un format di base per le gare ma la sua offerta non ha incontrato il favore dell’esecutivo. Nulla di meglio del fai da te per allungare i tempi.