Politica
4 agosto, 2025Lo ha annunciato la stessa presidente del Consiglio sui social: "Tesi assurda, l'esecutivo ha avuto come bussola la sicurezza dei cittadini. Lo ribadirò sedendomi accanto a loro in Parlamento quando si voterà l'autorizzazione a procedere"
L’annuncio è arrivato direttamente da Giorgia Meloni sui suoi profili social: il tribunale dei ministri ha chiesto l’archiviazione della presidente del Consiglio per il caso Almasri in cui era indagata. Ma, ha aggiunto nel suo post, lo stesso tribunale chiederà l’autorizzazione a procedere per i ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, oltre che del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
“Oggi mi è stato notificato il provvedimento dal Tribunale dei ministri per il caso Almasri: dopo oltre sei mesi dal suo avvio, rispetto ai tre mesi previsti dalla legge, e dopo ingiustificabili fughe di notizie. Nel decreto - scrive la premier - si sostiene che io ‘non sia stata preventivamente informata e (non) abbia condiviso la decisione assunta’: e in tal modo non avrei rafforzato ‘il programma criminoso’”. Meloni era indagata per falso e peculato - così come gli altri membri del suo governo - in relazione alla liberazione e al rimpatrio del comandante libico su cui pendeva una richiesta di arresto spiccata dalla Corte penale internazionale; per quel caso è in corso da mesi un braccio di ferro con i giudici de L’Aja. Ora che il tribunale dei ministri, dopo aver chiuso le indagini, ha notificato alle parti la propria decisione, lo scontro tornerà nelle Aule parlamentari che dovranno dare, o meno, l’autorizzazione a procedere.
Ed è proprio su questo punto che il messaggio della presidente del Consiglio sui social da “cronicistico” diventa più politico. Perché, scrive, il tribunale dei ministri “sostiene che due autorevoli ministri e il sottosegretario da me delegato all’intelligence abbiano agito su una vicenda così seria senza aver condiviso con me le decisioni assunte. È una tesi palesemente assurda. A differenza di qualche mio predecessore, che ha preso le distanze da un suo ministro in situazioni similari, rivendico che questo governo agisce in modo coeso sotto la mia guida: ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata. È quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano, e non anche io, prima di loro”.
Poi conclude: “Nel merito ribadisco la correttezza dell’operato dell’intero esecutivo, che ha avuto come sola bussola la tutela della sicurezza degli italiani. L’ho detto pubblicamente subito dopo aver avuto notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati, e lo ribadirò in Parlamento, sedendomi accanto a Piantedosi, Nordio e Mantovano al momento del voto sull’autorizzazione a procedere”.
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