Politica
22 settembre, 2025Della grande amicizia fra la premier e il genio di SpaceX è rimasto ben poco, dopo l'uscita del sudafricano dall'amministrazione Trump. E se prima il governo voleva appaltare il Paese a Starlink, adesso gli offre le briciole
Un anno fa di questi tempi nel governo di Giorgia Meloni e fra i partiti di destra era tutto Elon Musk, tutto un brivido, tutto un (romano) friccicore. Un genio, e che genio! Un amico, e che amico! Un visionario, e che visionario! Elon Musk apriva porte, porticine, finestre; ispirava progetti, contratti, futuro; camminava sulle acque, tramutava la follia in dollari, arrotava coltelli, forbici e pure forbicine. Starlink di Musk, la costellazione di satelliti a bassa quota, bassa latenza e dunque a basso costo, era la soluzione a qualsiasi tipo di lacuna italiana, stava bene su tutto come su tutto sta bene il nero (scusate), era l’unguento per ogni male: per le comunicazioni istituzionali, per la rete di riserva, per connettere le province più sperdute, per completare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per esplorare il mistero del cielo. Addirittura il disegno di legge Spazio, ormai approvato alle Camera, era il presupposto giuridico ideale, su misura, per accompagnare in Italia l’espansione di Starlink e fratelli sotto il manto della capogruppo SpaceX.
Oggi di questi tempi nel governo di Meloni e fra i partiti di destra – tranne che per la Lega di Matteo Salvini – è tutto un disagio su Elon Musk, un forse, chissà, vedremo, vi faremo sapere. Perdonate, non era indispensabile? Com’è facile cadere in disgrazia. Ovvio, la disgrazia di Musk non dipende dall’ansare dei governi italiani e non è semanticamente una disgrazia. Da quando ha mollato l’amministrazione di Donald Trump e duellato con lo stesso presidente americano lautamente foraggiato in campagna elettorale, le azioni di Tesla hanno ripreso a marciare in Borsa (+140 per cento negli ultimi cinque mesi) e lo stesso consiglio di Tesla, per spronarlo a concentrarsi di più, gli ha offerto un pacchetto retributivo di 1.000 miliardi di dollari.
Elon trilionario ha già subìto la reprimenda papale nella prima intervista del primo pontefice americano: «Il divario è sempre più ampio tra i livelli di reddito della classe operaia e dei più ricchi. Ho letto la notizia che Musk – ha dichiarato papa Leone XIV – è destinato a diventare il primo trilionario al mondo. Cosa significa e di cosa si tratta? Se questa è l’unica cosa di valore oggi, allora siamo nei guai». Il quadro geopolitico si fa preoccupante per Fratelli d’Italia. Espulso come un immigrato clandestino da Trump e bacchettato in diretta planetaria da Prevost, Musk si è riscoperto un tipo infrequentabile per il governo Meloni così Repubblican trumpiano e così Cattolico conservatore. Complicato non dar retta a mamma e papà.
Eppure Giorgia Meloni ha sfruttato (usato?) l’amicizia molto interessata di Elon per costruire ponti con Washington e con Trump, dopo la proficua, e per questo fastidiosa, collaborazione con la Casa Bianca di Joe Biden. Filantropo e però non ingenuo, Musk era incuriosito da Meloni perché l’Italia era l’accesso comodo, il più fragile, per impadronirsi tecnologicamente dell’Europa e, di conseguenza, per allargare il suo dominio sull’intero Occidente. Questo non è successo, o perlomeno non ancora, perché Musk si è scontrato con il sistema statale americano, mentre qui ha trovato soltanto l’arcigna opposizione del Quirinale. Musk non s’è di certo arreso.
La strategia egemonica ha cambiato le coordinate geografiche: Italia declassata, resiste la fascinazione di Salvini; Elon punta sulle destre ancora più estreme in Germania e in Gran Bretagna. A guardia dell’Italia, dove Starlink ha le dimensioni di un albergone estivo con una srl di circa due milioni di fatturato, Elon ha lasciato l’ex hacker Andrea Stroppa, il lobbista non lobbista, che si diverte a sbertucciare il governo Meloni e i suoi ministri: «Non mi occupo più di Starlink», scrive senza aggiungere altro. Stroppa ribadisce di aver suggerito a Elon di comprare un media tradizionale italiano, «non è una priorità», e non replica nulla – il classico non conferma e non smentisce – sull’ipotesi che il gruppo Gedi de La Repubblica e La Stampa possa essere un obiettivo. Nonostante le mutate convenienze politiche, la costellazione di Starlink è è una gemma rara del settore, com’è noto è fondamentale per l’esercito ucraino, e quindi rimane lì, in sospeso, ineluttabile anche per l’Italia.
Una rapida ricognizione, consultando fonti di governo, ci permette di capire dove Starlink potrebbe arrivare, e quando, e come, e invece dove non arriverà mai. Il contestato accordo dal valore di 1,5 miliardi di euro per 5 anni per le comunicazioni istituzionali di intelligence, diplomatiche, militare – che secondo le agenzie di stampa internazionali a gennaio stava per essere firmato – è ufficialmente «fermo», risponde Palazzo Chigi, perché si stanno «valutando altre opzioni». Come ha documentato L’Espresso, le apparecchiature di Starlink sono state utilizzate, provate, nei mesi scorsi da Aeronautica, Esercito, Marina e dalla Farnesina per le ambasciate in territori complessi, per esempio Teheran in Iran e Beirut in Libano.
Starlink è diventata una opportunità commerciale per le amministrazioni pubbliche, parliamo di poche decine di migliaia di euro, dopo che Telespazio (controllata da Leonardo) l’ha inserita nel suo elenco di fornitori, ma l’entusiasmo collettivo di un anno fa di questi tempi s’è spento. In parte ha influito una mossa del ministro Adolfo Urso (Imprese), sin da subito tiepido sulla consegna delle infrastrutture a Starlink.
Il giorno di San Silvestro, in una riunione del Comitato interministeriale per lo Spazio (Comint), il ministro-presidente ha chiesto all’Agenzia spaziale italiana di produrre uno studio per capire se è possibile allestire una costellazione satellitare di fabbricazione italiana. Lo studio è nella fase finale, e i ritardi hanno seccato Starlink, ma si è già stabilito un principio: l’eventuale ricorso ai satelliti di Musk sarà limitato. Spiegano fonti del ministero: «Noi già utilizziamo SpaceX, come altri europei, per il lancio dei satelliti. Stiamo verificando se utilizzare Starlink e come nel periodo necessario alla realizzazione della nostra costellazione». Quello che ha ammesso la relazione del Comint anticipata dal Fatto Quotidiano.it.
L’occasione superstite per Starlink è un coinvolgimento nel programma Pnrr “Italia a 1 Giga”, proprio per la disperazione del governo che non riesce a portare le connessioni veloci nelle aree remote, le cosiddette aree bianche. Il sottosegretario delegato Alessio Butti (Fdi) è fra i pochi reduci, i non rinnegati, della stagione muskiana. Forse a dicembre sarà più chiaro il mercato in qualche regione; si aspettano novità per la Lombardia, sai che spasso, che affare per Starlink. Musk vuole colonizzare Marte, in Italia gli propongono Sondrio. Un anno fa di questi tempi era tutto più bello. Era tutto più Elon.
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