Politica
9 settembre, 2025Il pasticcio della commissione con i no vax è in realtà un segnale. Il titolare della Salute vuole scrollarsi di dosso il controllo dei big di FdI. Cercando la sponda di Tajani e Forza Italia
Fra colpi bassi e pericolosi sgambetti il Vietnam di Orazio Schillaci va avanti ormai da anni. È cominciato molto tempo prima che il ministro della Salute, in pieno agosto, decidesse di rompere l’assedio: sciogliendo il Nitag, ossia il gruppo consultivo tecnico sulle vaccinazioni del ministero, causa la presenza di due medici critici sui vaccini. Gruppo che lui stesso aveva costituito, e firmato, solo dieci giorni prima. I due sono Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite. In difesa dei quali sono immediatamente scattati Matteo Salvini, Francesco Lollobrigida e una pletora di no vax.
Ma se qualcuno pensa che in questa vicenda i vaccini c’entrino qualcosa, sbaglia di grosso. È soltanto un’altra pagina del Vietnam di Orazio Schillaci, ovvero una debole controffensiva politica. Perché? La pratica era stata curata da una dirigente del ministero che risponde al nome di Maria Rosaria Campitiello, nominata da Schillaci a capo del dipartimento della Prevenzione. È la moglie di un pezzo da Novanta del partito di Giorgia Meloni, il sottosegretario agli Esteri Edmondo Cirielli, proconsole di Fratelli d’Italia a Salerno, dov’è stato anche presidente della Provincia. Li ha sposati con rito civile qualche settimana fa nientemeno che il presidente del Senato Ignazio La Russa. Lei ha commentato così con il Foglio la sorprendente promozione: «È chiaro che se non fossi stata la compagna di Cirielli non avrei conosciuto certe persone. Ma voglio essere giudicata dai fatti…». Per poi ammettere candidamente che «un po’ di familismo ci sta…».
I fatti, dunque. Tra i fatti c’è anche l’arrivo nel suo staff di Torquato Baldi, sanitario con esperienze a Siena nel settore della prevenzione. Anche in questo caso non sappiamo quanto incidentalmente, ma Baldi Torquato è il figlio di Baldi Giovanni, medico della Asl di Salerno già candidato sindaco a Cava de’ Tirreni ed ex consigliere regionale campano del Pdl. Sempre sotto l’ala politica di Cirielli. E per restare ai fatti, anche se formalmente fatti di Schillaci perché è il ministro che l’ha nominato, va sottolineato anche lo sbarco ai vertici del ministero, come direttore generale della ricerca, di Graziano Lardo. Un funzionario pubblico che Cirielli aveva nominato nel 2010 direttore generale della Provincia di Salerno, di cui era allora presidente.
Fatti, insomma. Che oltre ogni ragionevole dubbio dicono con chiarezza quanta influenza abbia sul ministero della Salute il sottosegretario agli Esteri della Fiamma. Un elemento già di per sé curioso, se non fosse che l’indifeso Schillaci deve vedersela pure con il non meno potente sottosegretario Marcello Gemmato, farmacista di Bari nonché socio di un’azienda sanitaria privata che invitava sul sito a utilizzare i suoi servizi a pagamento per evitare le lungaggini del servizio sanitario nazionale. Gemmato è con Cirielli un altro membro dell’esecutivo di Fratelli d’Italia, così intimo di Giorgia da aver trascorso un paio d’anni fa le vacanze estive con lei. E così influente anch’egli sul ministero da aver ottenuto, lui farmacista, la delega sui farmaci. Promuovendo anche da quella posizione una serie di iniziative che certo non hanno danneggiato la sua categoria.
Insomma, una morsa micidiale. Contro cui Schillaci ha sempre potuto fare ben poco. Anche perché non ha le divisioni corazzate sulle quali invece può contare chi manovra la tenaglia. Il ministro è un ex rettore, che per ragioni non note ha accettato di ricoprire un ruolo politico con una investitura precisa, quella meloniana, contando sulla protezione di Lollobrigida (quando questi era potente). Ma non poteva non sapere che quel ruolo politico, pur avendolo, non l’avrebbe mai esercitato davvero. Al massimo poteva eseguirle, le direttive politiche. A metterlo al riparo dalla morsa non è bastato nemmeno nominare capo di gabinetto Marco Mattei, l’ex sindaco di Albano ed ex consigliere regionale del Lazio già assessore della giunta di Renata Polverini assieme a Lollobrigida.
Per tre anni ha provato a farsi sentire. All’Aifa ha piazzato il farmacologo Robert Giovanni Nisticò, figlio dell’ex presidente della Regione Calabria Pino Nisticò, ex sottosegretario di Forza Italia alla Salute per pochi mesi nel primo governo di Silvio Berlusconi. Ma subito è entrato in rotta di collisione con Gemmato. Che intanto guadagnava sempre più terreno, mentre nelle stanze del ministero circolavano dettagliate ricostruzioni anonime sui presunti e possibili conflitti d’interessi del sottosegretario farmacista con delega sui farmaci. Senza però risultati concreti. Finché il 14 luglio 2025 salta fuori un decreto che riorganizza il ministero, con la figura di un viceministro. La genesi è singolare, perché la proposta è formalmente dello stesso Schillaci. Ma è evidente che la riorganizzazione del ministero l’avrebbe ancor più privato di poteri. Magari a vantaggio del solito Gemmato. Così la faccenda ha preso un’altra piega. Che Schillaci abbia cercato di costruirsi una sponda in Forza Italia, attraverso il capogruppo alla Camera Paolo Barelli, sperando di restare in sella con un altro cavallo, ormai non è più un mistero. Ma ora serviva un segnale.
E qui torniamo all’inizio della storia. Che in questi tre anni il ministero di Schillaci sia stato a favore dei vaccini proprio non si può dire. Tanto per cominciare il piano nazionale pandemico messo a punto (prima di dimettersi) dall’ex capo della Prevenzione Francesco Vaia, già direttore dello Spallanzani di Roma durante il Covid, è ancora in frigorifero da otto mesi. E le possibili iniziative ministeriali che avrebbero intralciato la commissione parlamentare d’inchiesta, costituita con l’intento di mettere sul banco degli imputati i sostenitori dell’obbligo vaccinale durante il Covid, sono state prudentemente affossate. La direttiva del governo Meloni impartita alla Salute, molto critica se non addirittura ostile ai vaccini, era chiara. Ed era stata sempre osservata. Almeno finora.
Quanto ai due medici presunti no vax del Nitag, dopo aver incassato l’appoggio di Salvini e Lollobrigida, hanno avuto anche quello dell’associazione Cmsi (Commissione medico scientifica indipendente). In questa associazione, che ha promosso un cartello di decine di associazioni a sostegno dei due sanitari, c’è anche Serravalle. Ma pure Alberto Donzelli, consulente del presidente della commissione d’inchiesta sui vaccini Lucio Malan, ex forzista ora pasdaran meloniano, nonché del capogruppo di FdI Galeazzi Bignami. E c’è Maurizio Federico dell’Istituto superiore di sanità, incidentalmente cognato di Federico Eichberg, il capo di Gabinetto del ministro del Made in Italy Adolfo Urso.
La vicenda promette interessanti sviluppi. La decisione improvvisa di revocare la commissione Nitag per i due medici è un segnale chiaro. Il ministro adesso vuole fare il ministro. E non è certo una coincidenza che l’unico a difenderlo nella maggioranza dove Lega e Fratelli d’Italia lo attaccano, guarda un po’, è il leader di Forza Italia, Antonio Tajani. Alla fine non resta che un’amara considerazione. Ai cittadini non servono le lotte di potere; serve invece qualcuno che si occupi della loro salute. Ma per questo ci vorrebbe, ahimè, un ministero.

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