Lei come valuta le dichiarazioni di John Richardson, il figlio dell’agente segreto che avrebbe portato il generale in America?

E quei 70 chilogrammi di uranio che Kammler avrebbe consegnato agli Usa?
«Anche qui si impone la prudenza, ovvio. Quello che ancora non sappiamo è come questo uranio sarebbe stato prodotto. ?È noto che esistono vari procedimenti a cui i tedeschi stavano lavorando. Hanno fatto anche ricerche sulle centrifughe, ma non è chiaro a che punto siano arrivate le loro conoscenze in questo campo. Tuttavia c’è un buco in questa narrazione: io non posso escludere che ?i tedeschi stessero lavorando ad un procedimento chimico per l’arricchimento dell’uranio. Può anche essere che il materiale che Richardson ha portato negli Usa fosse arricchito in modo debole, ma che comunque avesse un valore per gli Usa. Ma è necessaria più di una dichiarazione: dobbiamo trovare la prova fisica. Bisognerebbe trovare ?un relitto di quel tempo. E per poterlo individuare bisogna scavare. Non solo a Gusen, anche in Boemia, in Polonia, in Turingia. Però ci sono anche altri elementi che fanno pensare».
Quali?
«Sappiamo con certezza che pochi giorni dopo il ritiro delle truppe sovietiche alcuni ingegneri austriaci presentarono un progetto molto specifico in cui era prevista la costruzione di reattori nucleari sotterranei proprio a Gusen. Ma com’è possibile che degli ingegneri austriaci pensino di realizzare proprio a Gusen un impianto nucleare a più piani? Volevano semplicemente utilizzare ?le gigantesche strutture già esistenti, oppure hanno fatto ricorso ?a conoscenze della seconda ?guerra mondiale?».