Pier Vittorio Buffa tratteggia una grande saga familiare, intorno a una casa attraversata dalla storia

È l’estensione di ciò che siamo, il contenitore di emozioni e segreti. La traccia del nostro sforzo di padroneggiare la vita. La casa non è mai stata tanto al centro dell’attenzione come in questi anni: colpa della pandemia, certo, e anche di un risveglio di discipline come la filosofia, decise a promuoverla a limite tra noi e il resto del reale. Spazio letterario per eccellenza, al contrario, luogo di confino e regno incontrastato femminile, “La casa dell’uva fragola” (Piemme) è la dichiarata protagonista del nuovo romanzo di Pier Vittorio Buffa, giornalista per lunghi anni del Gruppo editoriale L’Espresso, e già autore dello struggente testamento morale di un ufficiale ventiduenne che perde i suoi uomini durante la ritirata dalla Russia nel 1943 (“Ufficialmente dispersi”). “La casa dell’uva fragola” si ferma ai fragori della Seconda guerra mondiale, incrociando un’incredibile storia familiare con le guerre d’Indipendenza, con gli eroi che hanno fatto l’Italia, con la Grande guerra.

 

Fuori, però, dal portone verde di una dimora tra Varese e il Lago Maggiore, a Castello Cabiaglio, dove si avvicendano diversi gruppi familiari: i Porrani, gli Zanzi, i De Maria. Infine i Buffa. Dentro, un ventaglio di donne dai nomi suggestivi: l’Ezechiella, Pia, Cencia. E quella nonna Ernesta che dell’uva fragola si innamorò al punto da farsi arrivare una piantina da lontano, scavare una buca, pressarla con le mani, curarla per anni. E consegnarla in eredità insieme alla dolcezza di una memorabile marmellata. Sono queste donne, toste e sapienti, a tessere la trama, tra gesti lenti e pensieri che indugiano su poltroncine Thonet: donne capaci di resistere a solitudini infinite, donne che rinsaldano patrimoni, le prime a intuire le minacce del fascismo. E a prendere posizione. Scriviamo sempre un’unica storia, hanno scandito molti scrittori, da ultimo Julian Barnes. Se questa storia è del tutto diversa da quella precedente di Buffa, pur narrando di guerra e di coraggio, di viltà e sacrificio, c’è un senso dell’attesa riconoscibile: di un postino, con una lettera temuta in mano, di un giudizio della storia. E la necessità di farsi trovare, dall’uno e dall’altro, preparati. Tra la Val Maira e le montagne del Cuneese una storia singolare ispirata alla grande lezione delle montagne, ai segreti di mestieri antichi come i raccoglitori di capelli (che qui lavoravano con destinazione Francia), alle memorie di un’Italia in guerra. Faggiani, che da anni nutre le sue storie di attenzione per il paesaggio e per la natura, ricostruisce un ambiente e un mestiere ribadendo temi necessari: il rispetto dei luoghi, la bellezza delle piccole cose.

 

Pier Vittorio Buffa

Piemme, pp. 285

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