Salute
17 luglio, 2025Crescono i casi in Italia, anche a causa di una scarsa sensibilizzazione sul tema. E mentre la medicina fa passi da gigante, la sforbiciata di Trump accelera le infezioni nel mondo
Un bacio, una zanzara, un abbraccio: per molti giovani italiani sono ancora oggi motivo di timore per il contagio da Hiv. È questo uno dei segnali più evidenti emersi dal monitoraggio triennale ( dal giugno 2022 al giugno 2025) del Telefono Verde Aids e Ist (Infezioni sessualmente trasmesse) dell’Istituto superiore di sanità, che su questo argomento ha ricevuto 2.740 telefonate da ragazzi tra i 15 e i 24 anni. Un dato che, se da un lato evidenzia interesse verso la prevenzione, dall’altro mette in luce una preoccupante lacuna informativa, soprattutto in un’epoca in cui le Ist sembravano destinate a un costante declino.
Le telefonate dei giovani ricevute dal Telefono Verde rappresentano l’11,5 per cento del totale delle chiamate (23.842) ricevute nel triennio analizzato, con una netta prevalenza di utenti di sesso maschile (82 per cento) per la quasi totalità di nazionalità italiana. A chiedere informazioni, poi, è soprattutto (88 per cento) la fascia d’età tra i 20 e i 24 anni, mentre meno rappresentati (11,3 per cento) sono i giovani tra i 15 e i 19 anni. Come spesso accade quando si parla di malattie sessualmente trasmissibili, esiste un divario culturale e uno stigma ancora molto radicato ed evidente tra le diverse zone del Paese, che si riflette nell’apertura e nell’abitudine di chiedere informazioni su queste tematiche. Ecco quindi che più della metà delle telefonate (52 per cento) è arrivata da utenti del Nord, seguiti a grandissima distanza da quelli del Centro (26 per cento), del Sud (15 per cento) e delle Isole (7 per cento).
A far riflettere è anche la segmentazione dell’utenza tra i 15 e i 24 anni rispetto al proprio orientamento sessuale e alla propria condizione nei confronti dell’infezione da Hiv. Più del 60 per cento delle telefonate è arrivata da persone che si dichiarano eterosessuali, poco meno del 20 per cento da Msm (men who have sex with men) e solo lo 0,2 per cento da persone che convivono con l’infezione da Hiv. Come a testimoniare che coloro che hanno avuto o hanno a che fare con l’Hiv hanno imparato e conoscono meglio come comportarsi per evitare il contagio rispetto alle altre categorie che hanno chiesto informazioni. Di conseguenza dovrebbero essere messe a punto campagne di informazione dirette a rispondere proprio alle necessità informative di questi gruppi di persone.
Tra chi ha chiamato il telefono Verde, spicca un altro dato particolarmente eloquente: il 40,4 per cento non ha mai effettuato un test Hiv; una percentuale doppia rispetto alla media generale delle telefonate. Il bisogno di informazione, dunque, non sempre si traduce in azioni concrete di prevenzione. Il 39,1 per cento dei quesiti posti agli esperti ha riguardato le modalità di trasmissione del virus Hiv, mentre il 31,1 per cento ha chiesto informazioni sull’accesso agli esami diagnostici. Solo nel 10 per cento dei casi si sono affrontati aspetti psicosociali, mentre il 5,1 per cento delle telefonate ha evidenziato conoscenze completamente errate: non mancano, infatti, i dubbi su contagi tramite baci, carezze o zanzare.
Se da una parte i numeri italiani destano preoccupazione, sul fronte internazionale arriva una novità scientifica che potrebbe cambiare le regole del gioco. La Food and drug administration (Fda) statunitense ha recentemente approvato l’uso di lenacapavir, una terapia preventiva (PrEP) contro l’Hiv che si somministra solo due volte l’anno. Si tratta di un’alternativa rivoluzionaria proprio in relazione alle modalità di assunzione: due volte all’anno rispetto alle attuali profilassi orali quotidiane. Il nuovo farmaco è così efficace sul virus Hiv – risultati degli studi clinici hanno messo in luce come il 99,9 per cento dei partecipanti trattati con il medicinale è rimasto Hiv-negativo – da essersi guadagnato il titolo di “Scoperta dell’anno 2024” dalla rivista internazionale Science.
Per ora disponibile negli Usa, non è ancora possibile sapere quando lenacapavir sarà approvato e commercializzato anche in altri Paesi. Soprattutto in contesti con bassa aderenza terapeutica o in nazioni ad alto tasso di contagio, come quelli africani. Certamente, non depone a favore di una veloce e ampia diffusione del farmaco al di fuori degli States l’imponente sforbiciata dell’amministrazione Trump ai fondi statunitensi per la lotta all’Hiv. Gli sforzi globali per la lotta all’infezione a questo virus potrebbero essere pesantemente minati proprio dalla posizione assunta dal titolare americano della Salute, Robert Kennedy junior, rispetto all’Hiv e alla diffusione dell’Aids: recenti stime parlano addirittura di possibili 11 milioni di nuove infezioni a livello globale proprio a causa dei tagli americani agli aiuti internazionali nel settore delle malattie infettive sessualmente trasmissibili.
In Italia, nonostante un calo complessivo delle infezioni negli ultimi dieci anni, nel 2023 si è registrato un aumento delle nuove diagnosi: 2.349 nuovi casi di Hiv, in crescita rispetto al periodo pandemico. Il dato che emerge dalle recenti rilevazioni dell’Istituto superiore di sanità, pur indicando un'incidenza di quattro casi per 100.000 residenti nel nostro Paese – al di sotto della media delle nazioni dell’Ovest europeo (6,2 nuovi casi ogni 100.000 abitanti) – evidenzia quanto ancora sia necessario investire in prevenzione mirata, soprattutto verso i giovani. Occorre potenziare l’educazione sessuale, rendere i test per Hiv e altre malattie sessualmente trasmissibili più accessibili e meno stigmatizzati e sfruttare Internet come canale principale di divulgazione. Proprio da quest’ultima fonte di informazione, infatti, proviene la maggior parte dei giovani che si rivolgono al Telefono Verde.
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