Era il 2024 quando il Governo annunciava a gran voce il decreto legge per abbattere le liste d’attesa, uno dei mali cronici del nostro Servizio sanitario nazionale. A distanza di un anno, però, le promesse restano intrappolate tra decreti attuativi incompiuti, ritardi burocratici e tensioni istituzionali. Nel frattempo, i numeri parlano chiaro: quasi 6 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare ad almeno una prestazione sanitaria, e nel 6,8% dei casi la colpa è proprio delle attese troppo lunghe. "Abbiamo tracciato un confine netto tra realtà e propaganda", dichiara senza giri di parole Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ha condotto un’analisi indipendente sull’attuazione del decreto. E la realtà, a leggere i dati, è impietosa.
Una macchina ferma al palo
Dei sei decreti attuativi previsti, solo tre sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale — e tutti con ritardi significativi. Gli altri tre? Uno è scaduto da oltre nove mesi, mentre per gli altri due non è nemmeno prevista una scadenza. Il cuore tecnologico della riforma, la Piattaforma nazionale delle liste d’attesa, doveva diventare operativa a febbraio 2025. In realtà, il cruscotto con gli indicatori è stato mostrato solo il 22 maggio, con dati parziali e provenienti da appena tre Regioni. "Non esiste alcun dataset pubblico che documenti una riduzione dei tempi di attesa", sottolinea Cartabellotta, smentendo così le rassicurazioni istituzionali, come quella della premier Giorgia Meloni in Parlamento: “La piattaforma è operativa”. Peccato che i dati reali, accessibili e verificabili, ancora non esistano.
Scontro istituzionale e diritti sospesi
A complicare il quadro, lo scontro tra governo e regioni sul decreto relativo ai poteri sostitutivi, previsto per agosto 2024 e ancora senza intesa al 10 giugno 2025. Due mesi di carte bollate, accuse reciproche, e solo recentemente un timido tentativo di mediazione. Ma il danno è fatto. «Su un tema che lede un diritto costituzionale – osserva Cartabellotta – il confronto frontale ha preso il posto della leale collaborazione».
La rinuncia alle cure: un’emergenza nascosta
Ma cosa significa, in concreto, il fallimento del decreto? Significa che un numero crescente di cittadini smette di curarsi. Secondo l’Istat, nel 2024 il 9,9% della popolazione ha rinunciato ad almeno una visita specialistica o esame diagnostico necessario. Nel 6,8% dei casi a causa delle lunghe liste d’attesa, un dato aumentato del 51% rispetto al 2023. Anche le difficoltà economiche pesano: il 5,3% non si è curato per mancanza di soldi. "Il problema oggi non è solo il portafoglio, ma la capacità del sistema di rispondere ai bisogni in tempi utili", spiega il presidente di Gimbe. Il paradosso è che chi non riesce a prenotare nel pubblico spesso finisce per rinunciare anche al privato, perché troppo costoso. Il risultato? Una sanità a doppia velocità, dove i più fragili restano esclusi. Una lesione grave al principio di universalità del SSN e un tradimento dell’articolo 32 della Costituzione.
Una diagnosi chiara, ma nessuna terapia efficace
Nel frattempo, i due decreti attuativi ancora privi di scadenza – tra cui quello cruciale per superare il tetto di spesa sul personale sanitario – restano bloccati. Il Governo continua a promettere, ma i cittadini continuano ad attendere. O peggio, a rinunciare. "Le liste d’attesa non si risolvono a colpi di decreti – conclude Cartabellotta – ma con investimenti strutturali, riforme coraggiose e un vero ripensamento del sistema. Altrimenti, ci stiamo solo limitando a somministrare cure palliative a un Ssn sempre più malato". Un anno dopo, il Decreto legge Liste d’attesa rischia di diventare un’altra promessa mancata. E milioni di cittadini rimangono spettatori impotenti di un diritto, quello alla salute, sempre più astratto.
La reazione politica
A poche ore di distanza dalla denuncia pubblica della situazione, primo a commentare è il Movimento 5 Stelle. Si legge in una nota pubblicata sul sito istituzionale del Movimento: “A poco più di un anno dall’approvazione del decreto elettorale sulle liste d’attesa, è ormai evidente a tutti il clamoroso fallimento del governo Meloni sul tema. Mentre la premier e il ministro Schillaci continuano a vendere quel provvedimento come la soluzione di ogni problema, è sufficiente chiamare il Cup per prenotare una qualsiasi visita per rendersi conto che la situazione è addirittura peggiorata. E lo certifica anche la netta bocciatura del decreto pubblicata oggi da Fondazione Gimbe, a partire dai ritardi sulla piattaforma nazionale e dai tre decreti attuativi su sei non ancora pubblicati da un governo che preferisce nascondersi dietro a un vergognoso scontro istituzionale con le Regioni, peraltro in larga maggioranza del suo stesso colore politico.
I numeri sulla rinuncia alle cure, poi, sono semplicemente drammatici: secondo l’Istat, nel 2024 una persona su dieci ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria. Parliamo di quasi 6 milioni di italiani, quando nel 2022 erano circa 4 milioni. I motivi sono semplici: da un lato c’è proprio la lunghezza delle liste d’attesa, che nel 2024 ha spinto alla rinuncia alle cure 4 milioni di cittadini, quando nel 2022 erano 2,5 milioni; dall’altro c’è chi non può permettersi di curarsi nel privato, che tre anni fa erano meno di 2 milioni di persone e oggi sono più di 3 milioni. Insomma, un disastro su tutta la linea, peraltro annunciato, visto che non si può pensare di risolvere il problema delle liste d’attesa senza stanziare un euro, a colpi di slogan, come ha pensato di fare questo governo, sempre più nemico della salute degli italiani”.