Salute
3 settembre, 2025Cartabellotta, presidente di Fondazione Gimbe: «Anche regioni storicamente forti nell'ambito sanitario scivolano nella graduatoria»
Solo 13 Regioni rispettano gli standard essenziali di cura. Nelle altre, la sanità non è un diritto garantito: le prestazioni si pagano. E anche le Regioni storicamente più forti nel settore sanitario, come la Lombardia, scivolano nella classifica. A certificarlo sono i dati del ministero della Salute che, come ogni anno, valuta l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, i Lea, ovvero le prestazioni che Regioni e Province Autonome devono garantire gratuitamente. Promosse Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto. In particolare, dal 2022 al 2023 Campania e Sardegna salgono tra le Regioni adempienti, mentre Basilicata e Liguria retrocedono a inadempienti per il mancato raggiungimento della soglia minima in un’area. Rimangono inadempienti per insufficienza in una sola area Calabria, Molise e Provincia Autonoma di Bolzano, mentre Abruzzo, Sicilia e Valle d’Aosta non raggiungono la soglia in due aree: «Il divario Nord-Sud rimane molto netto: su 13 Regioni “promosse”, solo tre appartengono al Mezzogiorno. La Puglia ha registrato punteggi simili a quelli di alcune Regioni del Nord, mentre Campania e Sardegna si collocano poco al di sopra della sufficienza», commenta il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta.
Un problema meridionale
Considerato che il ministero della Salute non restituisce un punteggio unico per la valutazione complessiva degli adempimenti Lea, la Fondazione Gimbe ha elaborato una classifica di Regioni e Province Autonome sommando i punteggi ottenuti nelle tre aree: «Rispetto alla semplice distinzione tra Regioni adempienti e inadempienti – commenta Cartabellotta – il punteggio totale evidenzia in maniera più netta il divario Nord-Sud: infatti, tra le prime 10 Regioni 6 sono del Nord, 3 del Centro e solo 1 del Sud. Nelle ultime 7 posizioni, fatta eccezione per la Valle d’Aosta, si trovano esclusivamente Regioni del Mezzogiorno».
Al di là dei criteri che stabiliscono se una Regione sia adempiente o meno, i punteggi ottenuti nelle singole aree restituiscono classifiche differenti, utili a individuare punti di forza e criticità nell’erogazione dei Lea. Alcune Regioni (Campania, Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Veneto, Umbria), indipendentemente dal livello delle loro performance, si collocano in posizioni simili nelle tre aree, documentando uniformità nell’erogazione dell’assistenza. Altre Regioni, invece, mostrano forti squilibri nel posizionamento tra le tre aree: in particolare Calabria, Valle D’Aosta, Liguria, Provincia Autonoma di Bolzano. «Queste differenze – spiega il Presidente – indicano che, anche dove si raggiunge la soglia di sufficienza, persistono marcati squilibri nella qualità dell’assistenza. Ma una sanità che funziona bene solo in ospedale o solo sul territorio non può considerarsi realmente efficace, né tantomeno in grado di rispondere ai bisogni delle persone».
Le Regioni che registrano un calo
Otto Regioni hanno registrato un peggioramento rispetto all’anno precedente, seppure con gap di entità molto variabile: a perdere almeno 10 punti sono Lazio (-10), Sicilia (-11), Lombardia (-14) e Basilicata (-19). «La riduzione delle performance anche in Regioni storicamente solide – commenta Cartabellotta – dimostra che la tenuta del Ssn non è più garantita nemmeno nei territori con maggiore disponibilità di risorse o reputazione sanitaria. È un campanello d’allarme che non può essere ignorato». Sul fronte opposto, due Regioni del Mezzogiorno mostrano un netto miglioramento: Calabria (+41) e Sardegna (+26). «Il monitoraggio LEA 2023 – conclude Cartabellotta – certifica ancora una volta che la tutela della salute dipende in larga misura dalla Regione di residenza e che la frattura tra il Nord e il Sud del Paese non accenna a ridursi. La Fondazione Gimbe invoca una radicale revisione di Piani di rientro e commissariamenti: strumenti che hanno indubbiamente contribuito a riequilibrare i bilanci regionali, ma che hanno inciso poco sulla qualità dell’assistenza e sulla riduzione dei divari tra Nord e Sud del Paese».
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